Aggiornamento - Amministrativo


Cons. Stato, Adunanza Plenaria n. 1 del 7 marzo 2011 sull’ambito di applicazione del nuovo regime dell’incompetenza rilevabile d’ufficio regime in base al nuovo C.p.a.

 

Visto il regolamento di competenza chiesto d’ufficio dal T.A.R. LAZIO – Roma Sezione III- Ter;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 15 e 16, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2011 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati nessuno e' presente;

 

1.Il ricorso di primo grado è stato proposto da due diverse società avverso provvedimento recante revoca di contributo finanziario; tale ricorso è stato depositato presso il T.a.r. Lazio- Roma in data 9 settembre 2010.

Il T.a.r. adito, con ordinanza collegiale del 22 ottobre 2010 n.1467, ha chiesto di ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’art. 15 c.p.a., ritenendo che, avendo le ricorrenti sede l’una in Lombardia e l’altra nel Veneto, sarebbero competenti rispettivamente il T.a.r. Lombardia- Milano e il T.a.r. Veneto.

Secondo la remittente Sesta Sezione del Consiglio di Stato, investito quale giudice regolatore della competenza ai sensi dell’art. 15 su indicato, per la decisione del proposto regolamento di competenza di ufficio, si pone innanzitutto una questione di diritto transitorio, che può avere tre differenti soluzioni, di cui due già seguite da svariate ordinanze sia del Consiglio di Stato che dei TT.aa.rr..

2.L’Adunanza Plenaria viene investita ai sensi dell’art. 99 c.p.a. dalla sezione remittente proprio perché il punto di diritto – che consiste nello stabilire il discrimine temporale della nuova e diversa disciplina sulla incompetenza e che naturalmente è stato evidenziato nell’ambito della fase incidentale attinente al regolamento di competenza – è oggetto di contrasti attuali e potenziali di giurisprudenza.

Il punto di diritto da decidere consiste in particolare nello stabilire se il nuovo regime di competenza inderogabile, introdotto dal c.p.a. - entrato in vigore in data 16 settembre 2010 - si applichi solo ai giudizi promossi dopo la entrata in vigore del codice o sia applicabile anche ai giudizi in corso e, in tale ultima evenienza, entro quali limiti.

Le tre tesi possibili sono le seguenti:

a) secondo una prima tesi, ai sensi dell’ art. 15 c.p.a. sussisterebbe la proponibilità del regolamento di competenza e la rilevabilità di ufficio della incompetenza senza alcuna preclusione, anche per i processi pendenti e per i ricorsi proposti prima della entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dal c.p.a., e ciò anche in caso di già avvenuta decorrenza dei termini per la proposizione del regolamento (regolamento che secondo la previgente disciplina era soltanto preventivo, a istanza di parte e soggetto a termine stretto di decadenza);

b) secondo altra tesi, la nuova disciplina sul rilievo di ufficio della incompetenza si applicherebbe soltanto ai giudizi instaurati a partire dal 16 settembre 2010;

c) secondo altra impostazione ancora, il nuovo regime della competenza nei giudizi instaurati prima della data del 16 settembre 2010 si applicherebbe solo se a tale data siano ancora in corso i termini per la proposizione del regolamento di competenza con il vecchio rito.

3.Questa Adunanza osserva che certamente la disciplina della competenza e del rilievo della incompetenza è radicalmente mutata con la normativa sopravvenuta, che è improntata ai principi della inderogabilità, della rilevabilità anche di ufficio, in primo grado, della proponibilità con specifico motivo in appello (art. 15 del c.p.a.), mentre la precedente disciplina – come è noto - prevedeva la rilevabilità solo a istanza di parte e con il rispetto di tempi ristretti (regolamento c.d. di tipo preventivo).

Si pone quindi un problema interpretativo di diritto transitorio o intertemporale, che, in assenza di disposizioni specifiche nel c.p.a. (a parte l’articolo 2 dell’allegato II, di cui si dirà in seguito), va risolta alla stregua dell’articolo 11 delle disposizioni del codice civile sulla legge in generale (“La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”).

L’assoggettamento della disciplina di ciascun fatto alla normativa del tempo in cui esso si verifica (tempus regit actum) costituisce dunque un principio generale dell’ordinamento, anche se assume rango costituzionale solo per le norme incriminatrici e per le altre norme a carattere afflittivo. Negli altri casi esso resta pur sempre una direttiva per il legislatore, che può derogarvi conformemente alla regola della successione delle leggi nel tempo.

4. Venendo al caso di specie, per stabilire quale sia la norma “del tempo”, occorre far riferimento all’oggetto della disciplina.

A tal fine si consideri che il rapporto processuale è un rapporto complesso ma anche un complesso di rapporti, di cui taluni, in relazione al decorso dei termini o al susseguirsi delle fasi processuali, sono o possono essere già definiti: a questi rapporti non può che essere applicabile la disciplina vigente al momento del loro sviluppo.

Un generale principio di certezza giuridica e di affidamento legislativo (desumibile appunto dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale) preclude, infatti, la possibilità di ritenere che rapporti già esauriti al momento della entrata in vigore della nuova disposizione siano da quest’ultima regolati (così, tra tante, Cassazione civile, III, 12 maggio 2000, n. 6099).

In caso contrario si introdurrebbe una ipotesi di retroattività in modo surrettizio, in mancanza di quella espressa previsione che l’eccezionalità dell’ipotesi stessa rende indispensabile.

Sarebbe d’altra parte improprio desumere l’applicabilità della disciplina sopravvenuta dalla generica pendenza del processo considerato nella sua interezza proprio perché – come chiarito – si è in presenza di una molteplicità di fasi e di rapporti ciascuno con un proprio profilo temporale e quindi da assoggettare alla disciplina a tale profilo legata.

Orbene, nel caso di specie l’art. 31, l. n. 1034 del 1971, espressamente prevede (prevedeva) che l’istanza di regolamento di competenza venga esercitata entro il termine previsto, a pena di decadenza. Si tratta dunque di un caso di preclusione e cioè della impossibilità di esercitare un potere in conseguenza del fatto che esso non è più azionabile oltre un certo momento del processo: autorizzarne di nuovo l’esercizio in base alla sopravvenienza normativa comporterebbe una ingiustificata rimessione in termini. D’altra parte, poiché il rapporto in questione nella disciplina previgente si esplicava esclusivamente nell’esercizio del potere di parte, ne deriva che alla estinzione di quest’ultimo consegue l’estinzione del rapporto nel suo complesso e quindi l’impossibilità di attivare i nuovi meccanismi di rilevabilità della eventuale incompetenza e in particolare quello d’ufficio posto in essere nel caso di specie dal Tribunale (così Cassazione civile, III, 2 novembre 2010, n.22269 con riferimento all’art. 58 comma 3 l. n. 69/2009 pubblicata in G.U. 19 giugno 2009 e in vigore dal 4 luglio 2009, secondo cui i commi quinto e sesto dell’art. 155 c.p.c. si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1° marzo 2006, ma non se i termini sono già esauriti).

Se ne può trarre dunque una prima conclusione: quella della non percorribilità della prima opzione (sub a).

5. A tale regola non può farsi eccezione (ipotesi sub c) argomentando dalla circostanza che il termine previgente di proposizione del regolamento di competenza non sia ancora decorso. Occorre tener conto, infatti, della esplicita previsione dell’art. 2 dell’Allegato 3, rubricato “Ultrattività della disciplina previgente”, secondo il quale “Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti”.

Alla stregua di tale disposizione, anche in questa ipotesi, i termini da rispettare non sono quelli (eventualmente diversi) stabiliti dalla nuova disciplina, ma quelli previsti da quella previgente che in tal senso è qualificata ultrattiva.

6. In conclusione, l’Adunanza ritiene che la nuova disciplina della competenza, ivi compresi i modi di rilevabilità di cui all’art. 15 c.p.a., sia applicabile solo ai processi instaurati sotto la sua vigenza, e cioè a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, 16 settembre 2010, dovendosi intendere “instaurati” i ricorsi per i quali a tale data sia intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la “proposizione del ricorso” (cfr sentenza della Corte costituzionale 26 maggio 2005, n. 213).

Ritiene altresì che in caso di processi in relazione ai quali sia ancora in corso il termine per la proposizione del regolamento di competenza secondo la previgente disciplina (tenendo conto ovviamente anche della sospensione dei termini nel periodo feriale), in ossequio al richiamato articolo 2 delle disposizioni transitorie c.p.a., si debba ammettere l’esercizio del potere nei limiti temporali a suo tempo previsti.

7. Dai principi di diritto affermati deriva che, nella specie, il rilievo (o regolamento) sollevato di ufficio il 22 ottobre 2010 in relazione al ricorso depositato in data 9 settembre 2010, debba ritenersi inammissibile.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione della presente fase di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

definitivamente pronunciando sul regolamento di competenza in epigrafe ai sensi dell’art. 99 c.p.a., lo dichiara inammissibile. Spese compensate.