Aggiornamento - Civile

 

Cass. Civ., sez. II, 23/12/2014, n. 27358, contrasto interpretativo sulla posizione del curatore fallimentare ai fini della prova nel negozio simulato

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 12.3.1990 la Coop. a r.l. "Fausto Gullo" evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Castrovillari, S. S. deducendo di avere a lui venduto un'unità immobiliare sita in (OMISSIS), con rogito del notaio Lacanna, per il prezzo di L. 45.000.000, nel quale si dava atto che tale prezzo era stato pagato per L. 33.000.000 dall'acquirente, mentre le restanti 12.000.000, dovevano esser da lui pagate entro e non oltre un anno dalla stipula. Aggiungeva però l'esponente che il rogito era parzialmente simulato, perchè l'acquirente non aveva pagato alcunchè al momento della stipula, mentre successivamente aveva corrisposto soltanto la somma di L. 14.500.00.

Chiedeva pertanto l'attrice, tanto premesso, previa declaratoria di simulazione di tale atto di compravendita, la condanna del S. al pagamento della somma di L. 30.500.000 ancora dovuta, oltre accessori e con vittoria delle spese di lite.

Si costituiva in giudizio il convenuto contestando la domanda attrice, in quanto inammissibile ed infondata. Nel prosieguo veniva ammesso interrogatorio formale del S. che lo rendeva. Quindi il giudizio veniva interrotto per sopravenuta dichiarazione di fallimento della Cooperativa attrice, per essere poi proseguito dalla Curatela fallimentare. Nel corso del giudizio venivano assunte prove per testi sulla circostanza della parziale simulazione dell'atto per quanto riguardava il pagamento del prezzo di acquisto.

Quindi, l'adito Tribunale di Castrovillari - sez. Stralcio con sentenza n. 482/04 del 19-7.2004, ritenuta provata la simulazione parziale dell'atto, accoglieva la domanda attrice e condannava il S. al pagamento della somma di Euro 15.752,00, oltre interessi e spese di lite.

Avverso la sentenza proponeva appello il S. censurando in modo particolare il fatto che il primo giudice aveva ammesso che la prova della simulazione fosse fornita tramite testi, erroneamente considerando la curatela fallimentare terzo rispetto alle originarie parti contrattuali.

Si costituiva la Curatela e si opponeva alle censure dell'appellante;

e l'adita Corte d'Appello di Catanzaro, con sentenza n. 25/2008, depositata in data 23.01.2008, accoglieva il proposto gravame e per l'effetto rigettava la domanda formulata dalla Cooperativa contro il S., compensando le spese di entrambi i gradi.

La corte distrettuale riteneva che la prova della simulazione del contratto non poteva essere offerta a mezzo testimoni, atteso che la curatela fallimentare non poteva considerarsi terzo rispetto alla parti originarie del contratto, perchè, essendo subentrata nel rapporto processuale alla parte fallita, era ad essa succeduta ad ogni effetto, per cui sul piano processuale del giudizio già pendente e poi riassunto, si trovava nelle identica situazione del suo dante causa ed era soggetta alle preclusioni già maturate.

Riteneva poi inammissibile in quanto domanda nuova (sulla quale non era stato accettato il contraddittorio), la richiesta di condanna del S., introdotta dalla Curatela, al pagamento della somma di L. 8.500.000 quale pagamento del residuo prezzo dell'immobile, essendo il conteggio di cui sopra redatto sulla base di una diversa prospettazione dei fatti di causa rispetto a quella originaria.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Curatela fallimentare sulla base di n. 3 mezzi; resiste con controricorso S. S..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - Con il primo motivo si denunzia l'omessa motivazione e la "violazione ed falsa applicazione degli artt. 2722, 2726 e 2724:

simulazione del prezzo di vendita e limiti alla relativa prova.

Il ricorrente lamenta in specie dell' omesso esame dell'argomento dedotto nella comparsa conclusionale, secondo cui la dichiarazione del convenuto di aver corrisposto la somma di L. 33.000.000 all'atto della stipula e non in precedenza, rendeva verosimile la simulazione della quietanza.

A corredo della doglianza sono posti i seguenti quesiti di diritto:

"se i limiti della prova testimoniale di cui ... siano applicabili anche nel caso si voglia dimostrare la simulazione di un atto unilaterale qual è la quietanza";

"se possa costituire principio di prova scritta il verbale d'udienza contenete le dichiarazioni rese dalla parte in sede d'interrogatorio formale e, in caso affermativo, se costituisca violazione dell'art. 2724 c.c., il non ammettere una prova per testi e per il divieto di cui all'art. 2722 c.c.".

La doglianza è infondata.

Va invero sottolineato che la curatela fallimentare che ha proseguito il giudizio per il pagamento del residuo credito per il prezzo di una vendita stipulata dal fallito in bonis non può considerarsi terzo, in quanto agisce in rappresentanza del fallito e non della massa dei creditori. In tal senso si è espressa questa S.C.: "In tema di simulazione, il curatore del fallimento che agisca in rappresentanza del fallito (nella specie per ottenere il pagamento di un residuo suo credito derivante da un contratto di appalto concluso dall'imprenditore in bonis), e non della massa dei creditori, non può provare per testimoni la simulazione della quietanza di pagamento rilasciata dal primo alla controparte contrattuale (Cass. Sentenza n. 7263 del 22/03/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 508 del 15/01/2003).

Circa l'estensione al pagamento del divieto, sancito dall'art. 2722 c.c., di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, deve escludersi l'ammissibilità della prova testimoniale per provare la simulazione di siffatta circostanza ovvero della quietanza contenuta nell'atto. "Non è ammissibile - così ha statuito questa S.C. - la prova testimoniale diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l'art. 2726 c.c., il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall'art. 2722 c.c., di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, esclude che con tale mezzo istruttorie possa dimostrarsi l'esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica della quietanza, nei confronti della quale esso si configura come uno di quei patti, anteriori o contestuali al documento, che, appunto, il combinato disposto dei citati artt. 2722 e 2726, vieta di provare con testimoni in contrasto con la documentazione scritta di pagamento" (Cass. S.U. Sentenza n. 6877 del 13/05/2002).

Più recentemente le S.U. hanno ribadito tale principio:

"La pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell'atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall'art. 2722 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7246 del 26/03/2007).

2 - Con il 2 motivo si deduce il vizio di motivazione e la violazione ed errata applicazione dell'art. 1417 c.c. - In quesito in ordine alla terzietà del curatore è il seguente:" la Curatela fallimentare è terzo rispetto alle parti che hanno posto in essere la simulazione".

Il motivo è infondato per quanto è stato sopra detto.

3- Falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., in relazione alla domanda subordinata avanzata dalla curatela in sede di riassunzione del giudizio a seguito del fallimento della Cooperativa, che aveva chiesto in subordine la condanna del S. al pagamento della minior somma di L. 8.500.000, a titolo di pagamento del residuo prezzo per l'acquisto dell'immobile in parola. Osserva l'esponente che tale domanda è stata ritenuta a torto dalla corte territoriale come domanda "nuova" e quindi in ammissibile ex art. 245 c.p.c.: in realtà si trattava solo di esplicitazione (emendatio) di quella precedente, sui cui era stato regolarmente accettato il contraddittorio dalla controparte.

Il motivo è corredato dal seguente quesito:

"se esperita un'azione di simulazione d'un pagamento con relativa richiesta di condanna del convenuto ad una specifica somma di danaro, possa considerarsi nuova la domanda, introdotta nell'atto di riassunzione, vigenti le norme del c.p.c. anteriori alla novella di cui alla L. n. 353 del 1990, ...la quale, sulla base dei fatti ed atti acquisiti al processo, richieda la condanna del convenuto medesimo ad una somma inferiore sempre per mancato pagamento parziale del prezzo d'acquisto" La doglianza è fondata.

La corte distrettuale in effetti si è limitata a ritenere "nuova" tale domanda subordinata assumendo genericamente che il relativo conteggio era stato redatto sulla base di una "prospettazione dei fatti di causa diversa da quella originaria", senza peraltro chiarire e precisare ulteriormente tale assunto, se non facendo riferimento alla mancata accettazione del contraddittorio da parte del S..

Secondo la giurisprudenza di questa S.C. le variazioni puramente quantitative del "petitum", - come nel caso di specie - che non alterino i termini sostanziali della controversia e non introducano nuovi temi di indagine, non sono vietate, perchè non comportano alcuna violazione del principio del contraddittorio, menomazione del diritto di difesa dell'altra parte (Cass. n. 9522 del 20/04/2007;

Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7546 del 23/05/2002; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6638 del 22/05/2000). Nella fattispecie trattasi chiaramente di una emendatio libelli, che si è esplicitata in un mera riduzione del "quantum" originariamente richiesto, con l'identica stessa "causa petendi" della domanda dedotta in atto di citazione (il mancato pagamento del prezzo). La domanda in questione insomma "è stata emendata nel senso di richiedere la condanna del S., in subordine, alla minor somma di risulta".

Conclusivamente: dev'essere rigettato il 1 ed il 2 motivo del ricorso; va accolto il 3 motivo e va cassata la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto, con rinvio della causa anche spese, ad altra sezione della Corte Appello di Catanzaro, che si pronunzierà tenuto conto delle considerazioni di cui sopra.

P.Q.M.

rigetta il 1 ed il 2 motivo del ricorso; accoglie il 3 motivo; cassa la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto e rinvia la causa anche spese, ad altra sezione della Corte d'Appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2014