Aggiornamento - Civile

Tribunale di Ivrea, Giudice unico, sent. n. 366 del 28 novembre 2000 (est. Morlini), sulla tardività della domanda riconvenzionale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE
in persona del Giudice monocratico dott. Gianluigi MORLINI
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
AI SENSI DELL’ART. 281 SEXIES C.P.C.

nella causa civile iscritta al n. 203/2000 R.G. Cont.
p r o m o s s a          d a
BALOCCO Massimo, residente in San Giusto Canavese, via Massimo D’Azeglio n. 3, elettivamente domiciliato in San Giusto Canavese, viale Trieste n. 9, presso lo studio dell’avv. Domenico Ozzello e dell’avv. Anna Ronchetto, che lo rappresentano e difendono sia congiuntamente che disgiuntamente per delega in data 17/1/2000, posta a margine dell’atto di citazione;
- a t t o r e-
c o n t r o
ADDA Ugo, residente in Caluso, corso Marconi n.113, rappresentato e difeso dall’avv. Loredana AGNETIS del foro di Torino e dall’avv. Giancarlo BERTONE del Foro di Ivrea per delega in data 09/3/2000 in calce alla citazione notificata, con elezione di domicilio presso il secondo in Ivrea, via Palestro n.30.
- c o n v e n u t o –

OGGETTO: “ Richiesta di risarcimento danni ”.
Assegnata a decisione all’udienza del 28.11.2000, sulle infrascritte conclusioni delle parti.

CONCLUSIONI DELL’ATTORE:
In via preliminare e pregiudiziale: Voglia l’On.le Tribunale di Ivrea, Giudice Istruttore designato, dichiarare tardiva e pertanto inammissibile la domanda riconvenzionale, formulata dal convenuto, per i motivi di cui alla memoria in causa del 29/6/2000 e per l’effetto rigettare l’istanza di emissione di ingiunzione di pagamento con ordinanza ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c.. Qualora non ritenesse di dichiarare la tardività e l’inamissibilità della domanda riconvenzionale, Voglia l’On. Tribunale di Ivrea, Giudice Istruttore designato, in ogni caso respingere l’istanza del convenuto in punto concessione ordinanza ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c., in quanto le gravi inadempienze e negligenze non sono solo fondate su prova scritta, ma risultano palesemente dal comportamento omissivo, tenuto dal convenuto Ugo Arch. Adda, a fronte di precise disposizioni di legge in materia, come ampiamente esposto nella narrativa degli atti difensivi di parte attrice.
Nel merito: Voglia l’On.le Tribunale di Ivrea, contrariis reiectis e previe le declaratorie e le istanze istruttorie tutte del caso, dichiarare tenuto e per l’effetto condannare il Convenuto sig. ADDA Arch. Ugo al risarcimento dei danni patiti e patenti dall’Attore, a causa della negligenza nonché imperizia professionale del Convenuto medesimo, danni patrimoniali, che si quantificano complessivamente in £ 60 milioni, di cui a) £. 50 milioni, a titolo di somma risultante dalla differenza di costi tra l’originaria risistemazione del tetto ed il rifacimento totale dello stesso, b) £. 6.069.456, a titolo di oneri urbanistici aggiuntivi versati, c) la rimanenza per il costo della perizia asseverata o in quell’altra veriore somma, da accertarsi in corso di causa, previa, se del caso, espletamento C.T.U.. Voglia altresì l’On.le Tribunale di Ivrea dichiarare tenuto e condannare il Convenuto al pagamento di una somma di denaro, da liquidarsi in via equitativa dal Giudice adito, a titolo di risarcimento danni morali dall’Attore patiti e patenti.
Con favore delle spese, dei diritti ed onorari di causa.

CONCLUSIONI DEL CONVENUTO:
Dichiararsi infondata in fatto e in diritto e pertanto respingersi ogni domanda del sig. BALOCCO Massimo.
In via riconvenzionale: previa in ogni caso emissione con ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. di ingiunzione di pagamento dell’importo di £ 58.571.079 (importo liquidato, dedotto l’acconto percepito, tributi di legge e £. 532.500 per costo liquidazione parcella) quale risultante dall’allegata documentazione costituita da parcella vidimata dall’Ordine Professionale competente, dichiararsi tenuto e condannarsi l’attore sig. BALOCCO Massimo al pagamento del predetto importo di L. 58.571.079, corrispondente alle competenze professionali spettanti all’arch. Ugo Adda per l’attività professionale prestata in favore dell’attore, oltre gli interessi e la rivalutazione di legge;
Riservato ogni altro diritto anche in ordine ai danni.
In ogni caso con le spese anche dell’emananda ingiunzione, oltre i tributi di legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato a controparte, Massimo Balocco conveniva in giudizio Ugo Adda, domandando la sua condanna al pagamento della complessiva somma di £. 60.00.000. Rilevava l’attore di avere conferito all’Adda un incarico professionale di progettista e di direttore dei lavori relativamente ad un immobile sito in San Giusto Canavese, e che il negligente comportamento del convenuto aveva reso necessaria dapprima la revoca dell’incarico e successivamente la richiesta risarcitoria in sede giurisdizionale.
Si costituiva in giudizio parte convenuta, resistendo alle richieste ex adverso e proponendo altresì domanda riconvenzionale di pagamento di £. 58.571.079 per attività professionale svolta a favore del Balocco e da lui non retribuita. Per tale somma, chiedeva emettersi ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c..
All’udienza ex art. 180 c.p.c. del 31/5/2000, il Giudice sollevava d’ufficio la questione della tardività della domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto, ed invitava le parti a prendere posizione sul tema con le memorie ex art. 180 comma 2 c.p.c.. Dopo il rituale scambio di memorie, all’udienza del 22/9/2000 le parti discutevano la questione, parte attrice faceva propria l’eccezione di decadenza ed il Giudice fissava poi udienza di precisazione delle conclusioni al 28/11/2000. 
In tale udienza, i procuratori rassegnavano le conclusioni sopra trascritte, ed il Giudice decideva con la presente sentenza letta in udienza dopo avere discusso la causa ex art. 281 sexies c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE
E’ documentalmente provato, e non è oggetto di contestazione, che l’atto di citazione della presente controversia è relativo ad una udienza ex art. 180 c.p.c. che l’attore ha individuato nel 17/5/2000. Parimenti documentale e non contestato è che la udienza ex art. 180 c.p.c. è stata effettivamente tenuta il 31/5/2000. 
Ciò posto, non può essere accolta l’interpretazione di parte convenuta, secondo la quale lo spostamento di udienza è stato disposto dal Giudice Istruttore con provvedimento ex art. 168 bis comma 5 c.p.c.. In realtà, è assorbente in tal senso il rilievo che non esiste alcun decreto del G.I. di differimento dell’udienza. 
Tale differimento al 31/5/2000, piuttosto, rappresenta un rinvio d’ufficio ex art. 168 bis comma 4 c.p.c., posto che il Giudice non teneva udienza il 17/5/2000, ed anzi in tale data doveva ancora prendere servizio presso il Tribunale di Ivrea.
Se così è, non può che concludersi che era onere del convenuto proporre domanda riconvenzionale, ai sensi dell’art. 167 comma 2 c.p.c., con una comparsa di risposta depositata venti giorni prima del 17/5/2000. Infatti, l’art. 166 c.p.c. chiarisce che i venti giorni prima debbono essere calcolati rispetto all’udienza “fissata nell’atto di citazione” ovvero rispetto all’udienza “fissata a norma dell’art. 168 bis quinto comma”, ma non anche rispetto all’udienza fissata ex art. 168 bis quarto comma. Di ciò si trae poi chiara conferma anche dall’art. 70 bis disp. att. c.p.c., che stabilisce testualmente come “i termini di comparizione, stabiliti dall’art. 163 bis del codice, debbono essere osservati in relazione all’udienza fissata nell’atto di citazione, anche se la causa è rinviata ad altra udienza a norma dell’art. 168 bis quarto comma dello stesso codice”.
Poiché la comparsa di costituzione e risposta è stata depositata il 11/5/2000, deve allora inferirsi che la stessa è stata depositata solo sei giorni prima dell’udienza fissata in atto di citazione, e deve quindi essere considerata tardiva la relativa domanda riconvenzionale per la violazione del termine decadenziale posto dall’art. 167 comma 2 c.p.c..
Né, d’altro canto, ritiene il Giudice che sia accoglibile l’osservazione di parte convenuta relativa alla non sollevabilità d’ufficio dell’eccezione di tardività. E ciò, indipendentemente dal fatto che parte attrice ha in ogni caso fatto propria l’eccezione nelle memorie ex art. 180 c.p.c.. 
In assenza di specifici contributi giurisprudenziali sul punto noti a questo Tribunale, si ritiene che militino a favore della rilevabilità d’ufficio tre ordini di ragioni.
Da un primo punto di vista, deve osservarsi che sarebbe illogico ed irragionevole ritenere sottratto alla verifica del Giudice il rispetto dei termini decadenziali, in particolare nell’ambito di un processo a preclusioni rigide e decadenze come l’attuale, ove questi termini siano posti in essere in ragione dell’interesse pubblico (estraneo alla volontà delle parti) al sollecito e corretto svolgimento del processo. Se nella vigenza del cosiddetto vecchio rito civilistico era possibile l’accettazione tacita del contraddittorio relativamente alle domande tardive, e la modificazione delle domande era comunque possibile fino all’udienza di precisazione delle conclusioni, una delle novità della novella è proprio quella di fissare, per la proposizione delle domande, termini aventi natura perentoria e regime sottratto alla disponibilità delle parti. 
 Da una seconda angolazione, deve evidenziarsi che, a livello letterale, l’art. 180 c.p.c. individua i compiti del Giudice con l’ampia dizione di verificare “la regolarità del contraddittorio”, e nell’ambito di tale operazione appare difficile non ricomprendere anche il controllo della tempestività della proposizione della domanda riconvenzionale. Senza contare che, l’art. 175 c.p.c. sancisce come il processo sia diretto dal Giudice Istruttore, che ha l’obbligo di esercitare “tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento”.
Da ultimo, va sottolineato che tutta la giurisprudenza citata da parte convenuta a sostegno della non rilevabilità d’ufficio della tardività della domanda, è inconferente, essendo relativa alla vigenza del cosiddetto vecchio rito processualcivilistico, completamente superato dall’entrata in vigore delle leggi  353/1990 e 534/1995. La stessa Cass. n. 8168/1998, citata dalla difesa del convenuto, chiarendo che tale principio vale solo nel vecchio rito e che solo in tale ambito applicativo l’elaborazione giurisprudenziale sul punto si è formata, lascia sostanzialmente intendere che nel nuovo rito deve valere l’opposto principio della rilevabilità d’ufficio. 
In realtà, come autorevole dottrina ha sottolineato, la rilevabilità d’ufficio della tardività della domanda riconvenzionale deve essere desunta dalla conforme posizione della Suprema Corte in tema di rito del lavoro, sicuramente molto più simile al vigente rito ordinario di quanto sia assimilabile il vecchio rito ordinario all’attuale (cfr. in particolare Cass. Sez. Lav. n. 717/1997, Cass. Sez. Lav. n. 1335/1992, Cass. n. 3111/1988 e Cass. Sez. Un. n. 6423/1981 sulla rilevabilità d’ufficio delle decadenze previste dall’art. 416 c.p.c.). Di ciò ne è consapevole anche la giurisprudenza di merito formatasi sul vigente codice di procedura, che ha già statuito, in un caso speculare al presente, la rilevabilità d’ufficio della decadenza del convenuto dalla facoltà di chiamare il terzo in causa per non avere formulato tale richiesta in una comparsa depositata venti giorni prima dell’udienza ex art. 180 c.p.c. (Trib. Milano ord. 19/12/1995)
Ciò posto e ritenuto necessario procedere ad una pronuncia di inammissibilità con sentenza parziale relativamente alla domanda riconvenzionale, il giudizio deve proseguire coma da separata ordinanza. 

P. Q. M.
Tribunale di Ivrea
Il G.I., in funzione di giudice monocratico
non definitivamente pronunciando, 
- dichiara inammissibile perché tardiva la domanda riconvenzionale proposta da Ugo Adda nei confronti di Massimo Balocco;
-dispone la prosecuzione del giudizio davanti a sé come da separata ordinanza.

Ivrea, 28/11/2000
IL GIUDICE
dott. Gianluigi MORLINI

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