Aggiornamento - Civile

Tribunale civile di Bologna, 18 gennaio 2000, n. 102, sui requisiti della lettera di recesso da un contratto di locazione
CONCLUSIONI DELLE PARTI
M. D. “Ogni contraria istanza, eccezione e difesa reietta, piaccia all’Ill.mo Pretore, con sentenza immediatamente esecutiva
Dichiarare che il contratto di locazione inter partes, relativo all’appartamento sito in B…. alla via M. n… , piano rialzato, ha avuto termine col giorno 18/7/1998 o che, quantomeno, in via subordinata salvo gravame, avrà termine con la prima scadenza contrattuale del 18/9/2000, per intervenuto recesso del conduttore E. M.
Dichiarare comunque risolto per inadempimento del conduttore, in relazione alla morosità sopra dedotta, il contratto medesimo con effetto dalla presente domanda, nell’ipotesi di mancato accoglimento della domanda originaria e principale di cui sopra. 
Conseguentemente condannare il conduttore convenuto a rilasciare, nella piena disponibilità della dottoressa D. M., libero e vacuo da persone e cose anche interposte, l’appartamento predetto.
Con rifusione di spese, competenze ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge e le successive occorrende”.
M. E.: “Voglia l’Ill.mo Sig. Giudice, adversis reiectis,
Dichiarare che il contratto di locazione inter partes, relativo all’appartamento sito in B… alla via M, piano rialzato e stipulato in data 18/9/1996, è valido ed efficace tra le parti;
dichiarare non pertinente all’oggetto della presente causa la richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento;
con vittoria di spese, competenze ed onorari”. 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Con atto ci citazione ritualmente notificato a controparte, D. M. intimava licenza per finita locazione a E. M., in relazione all’appartamento sito a B… in via M., piano rialzato. Esponeva infatti parte attrice di avere locato l’immobile con un contratto ad uso abitazione, per la durata di anni quattro e con decorrenza dal 18/9/1996, ma che M. M. aveva esercitato il diritto di recesso, contrattualmente previsto, per la data del 18/9/1998. Pertanto, M. intendeva premunirsi dell’apposito titolo esecutivo, intimando licenza per finita locazione con riferimento alla predetta data.
All’udienza di convalida del 22/7/1998 si costituiva M. M., opponendosi alla convalida stessa, disconoscendo, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., sia il contenuto sia la sottoscrizione della lettera di recesso ex adverso prodotta, e rilevando che in ogni caso tale lettera non era stata ritualmente spedita tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. 
Con ordinanza riservata in data 28/9/1998, il Pretore rigettava la richiesta di rilascio dell’immobile formulata da parte attrice e disponeva il mutamento del rito, rinviando ex art. 420 c.p.c.. 
2) Con memoria integrativa, M. precisava che la lettera di recesso non era stata spedita tramite raccomandata, bensì consegnata a mani dallo stesso M. M. alla madre della locatrice; ad ogni modo poi, in caso di rigetto della domanda di rilascio di immobile per finita locazione, parte attrice domandava in via subordinata la risoluzione del contratto per inadempimento, avendo il conduttore omesso il pagamento di oneri accessori per una somma superiore all’importo di due mensilità del canone. In relazione a tale domanda, parte convenuta dichiarava peraltro di non accettare “il contraddittorio sul punto”, in quanto “domanda nuova, estranea alla materia del contendere” e comunque già azionata davanti alla Pretura di Bologna con il procedimento n. R.G. 3185/1998. 
Successivamente, M. M. desisteva dall’eccezione ex art. 214 c.p.c., rinunciando al disconoscimento della firma apposta sulla lettera di recesso. Chiariva al proposito parte conduttrice che, unitamente ad altri coinquilini, con la M. erano stati in precedenza stipulati diversi contratti di locazione, subito seguiti da lettere di disdetta “analoghe a quella di cui è causa… prive della data di scadenza e… riempite successivamente”. Pertanto, non avendo egli firmato più alcun recesso dopo la stipulazione del contratto in data 18/9/1996, la lettera oggetto di contestazione doveva essere stata firmata in bianco, prima di tale data, con riferimento ad un precedente contratto e successivamente compilata da parte locatrice con riferimento al contratto del 18/9/1996. 
La causa veniva poi istruita con l’audizione dei testi. All’udienza di discussione del 18/1/2000 le parti depositavano memorie ed illustravano le loro richieste, così come più sopra trascritte, ed il Giudice decideva come da dispositivo letto in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
a) Avendo E£. M. rinunciato alla proposizione dell’azione di disconoscimento della firma apposta sulla lettera di recesso anticipato, deve ritenersi processualmente provata l’autografia della stessa. Tuttavia, per potere inferire la validità -rectius, l’esistenza- della volontà di recedere, occorre risolvere il diverso problema del momento in cui tale lettera (che risulta essere priva di data, completamente dattiloscritta ad eccezione della firma e dell’indicazione del giorno da cui fare decorrere il recesso) è stata compilata. Occorre cioè stabilire se realmente il M. M. ha firmato tale recesso dopo la stipulazione del contratto di locazione che decorre dal 18/9/1996; oppure se il M. M. si è limitato a sottoscrivere una lettera di recesso “in bianco”, magari in un periodo addirittura antecedente al 18/9/1996 e nella vigenza di un diverso contratto di locazione tra le parti, successivamente compilata da altri con l’indicazione della data di recesso del 18/7/1998. 
b) Ritiene il Giudice che, secondo il prudente apprezzamento delle prove emerse dall’istruttoria, così come richiesto dall’art. 116 c.p.c., occorre concludere nel senso dell’inesistenza del recesso da parte del M. M.. 
Una prima, forte argomentazione in tal senso, deriva dal testo della lettera, ove si legge “comunichiamo che intendiamo recedere”. L’uso del verbo al plurale, per ben due volte nella medesima riga, avvalora la tesi del conduttore, e cioè che la predisposizione della lettera risale ad un momento in cui l’immobile era locato a più persone, e cioè ad un periodo antecedente al settembre 1996, quando il M. M. stipulò individualmente un contratto con la Melegari. In proposito, è appena il caso di accennare che è pacifico tra le parti ed emerge comunque incontestato dalle prove testimoniali che prima del 1996 il M. M. era coinquilino, nell’appartamento per cui è causa, unitamente ad altre persone, e che più volte erano state inviate lettere di recesso dal contratto di locazione, per lo più finalizzate ad interrompere il rapporto contrattuale nei mesi estivi, per poi riprenderlo in autunno.
Da una seconda angolazione, anche il fatto che la lettera di disdetta sia completamente dattiloscritta, ad eccezione dell’indicazione del giorno del recesso, e sia priva di data, rafforza la tesi che vi sia uno stacco temporale tra la predisposizione e la compilazione della stessa: se il M. M. avesse, come sostiene parte attrice, predisposto e consegnato la lettera di recesso, sarebbe davvero difficile spiegare il perché si è provveduto a dattiloscrivere il testo e successivamente a compilare a mano la data di recesso.
Una terza stranezza è poi data dal fatto che la lettera appare destinata all’invio tramite raccomandata, come si evince dall’intestazione della stessa, mentre è pacificamente ammesso dalle parti che non fu poi inviata con raccomandata, confermando così la tesi di una sorta di “formazione progressiva” del testo. 
Per quanto riguarda infine le prove testimoniali, le deposizioni dei testi X e Y., pur ovviamente senza potere dire nulla relativamente alla lettera di recesso, confermano l’assunto di parte attrice, e cioè che il M. M. ha sempre chiaramente manifestato la “volontà di rimanere nell’appartamento” (D. G.), l’intenzione di rimanervi “sino alla scadenza del contratto” (P. G.), tanto che “manifestò alla dottoressa M. il proprio proposito di rimanere nell’appartamento sino alla scadenza del contratto” (L. D.). Anche da questa visuale prospettica, quindi, viene corroborata la tesi del convenuto di non avere mai posto in essere alcun recesso.
Neppure può dirsi che inficia significativamente la ricostruzione sopra operata la deposizione di L.F.. Infatti, è vero che il teste, coinquilino del M. M. nel periodo antecedente al settembre 1996, riferisce che “la disdetta da noi firmata era completa in tutte le sue parti”; ma è anche vero che conferma l’esistenza lettere di recesso in periodi antecedenti al settembre 1996 e non può ovviamente escludere che una di queste fosse stata sottoscritta in bianco dal M. M. 
Pertanto, l’unico elemento che sembra in contraddizione con la ricostruzione sopra operata appare essere la testimonianza di N. V., madre dell’attrice, che riferisce come “il signor M. M. consegnò la lettera di recesso nell’occasione di un pagamento d’affitto, qualche mese dopo la stipulazione del contratto”. Tale deposizione non appare a questo Giudice sufficiente a superare il contrario convincimento, fondato sulle argomentazioni già esposte: infatti, da un lato, appare quantomeno singolare che il conduttore, “qualche mese dopo la stipulazione del contratto” di locazione del 18/9/1996 eserciti, con un anno e mezzo di anticipo, il recesso per la data del 18/7/1998, quando contrattualmente tale facoltà gli è consentita con soli tre mesi di preavviso (cfr. art. 2 del contratto, agli atti); dall’altro lato, è la stessa teste che tende a sminuire la portate dell’affermazione sopra riportata, allorché chiarisce che “mi pare” di avere ricevuto la lettera di recesso, ma “non ne sono sicura”. 
Alla luce di tutte queste argomentazioni, deve ritenersi che E. M. non abbia esercitato il diritto di recesso anticipato dal contratto di locazione stipulato il 18/7/1996, e va quindi rigettata la prima domanda dell’attore in ordine alla risoluzione del contratto di locazione per finita locazione.
c) Con riferimento alla domanda proposta dalla M. in via subordinata, e cioè la risoluzione del contratto per inadempimento dovuto al mancato pagamento degli oneri accessori, la difesa del M. M. non ha accettato il contraddittorio, sottolineando da un lato la presunta tardività della domanda stessa, introdotta con le memorie integrative a seguito del mutamento del rito; dall’altro lato, il fatto che la medesima domanda era già stata azionata davanti al Pretore di Bologna, con il distinto procedimento n. 3185/98 R.G.. 
Entrambe le eccezioni sono giuridicamente infondate, e come tali devono essere respinte. 
E’ infatti giurisprudenza consolidata, che questo Giudice condivide e dalla quale non ha motivo di discostarsi, quella secondo la quale, a seguito della trasformazione del rito ex art. 667 c.p.c., con le memorie integrative di cui all’art. 426 c.p.c. è possibile svolgere domande nuove (cfr. Cass. Sez. III 22/5/1997 n. 4568). Solo dopo che è spirato il termine per tali memorie, infatti, le domande nuove risultano tardive, e come tali inammissibili. Per spiegare la condivisibilità di questo orientamento giurisprudenziale, che si ribadisce essere incontestato, basta riflettere sul fatto che, nella fase della convalida, la parte può stare in giudizio senza l’ausilio tecnico di un procuratore, necessario invece a seguito dell’ordinanza di trasformazione del rito. Pertanto, si è osservato che sarebbe una soluzione punitiva quella che consente alla parte di stare in giudizio senza l’assistenza di un legale in una fase del processo, ma che fa peraltro scattare la severa sanzione della decadenza dal diritto di proporre domande nuove nel caso di difese incomplete e non tempestive.
Per quanto concerne la pretesa litispendenza, è sufficiente osservare che nel procedimento n. 3185/1998 la M. ha fatto valere pretese creditorie per un periodo antecedente al 18 aprile 1998 (cfr. pagg. 2 e 3 del ricorso, allegato 5 del fascicolo di parte convenuta), mentre nel presente giudizio gli oneri accessori contestati sono relativi a rate che si assumono “scadute dal 18 maggio 1998 ad oggi” (cfr. pag. 2 della memoria integrativa depositata il 11/1/1999). 
d) Ciò posto, occorre valutare nel merito la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione, formulata ai sensi del combinato disposto dagli artt. 1455 c.c. e 5 L. 392/1978, in seguito al mancato pagamento degli oneri accessori per una somma che si ritiene essere superiore all’importo di due mensilità. Parte attrice, infatti, assume che il conduttore non ha versato otto “rate mensili di acconto sul rimborso delle spese accessorie, previste in £. 400.000 mensili al patto aggiunto 2) del contratto di locazione”, rendendosi così moroso per la complessiva somma di £. 3.200.000, superiore quindi all’importo di due mensilità (e cioè all’importo di £. 2.200.000) previsto dall’art. 5 L. 392/1978. 
E’ di tutta evidenza che l’interpretazione del già citato patto aggiunto n. 2) del contratto di locazione, non sfugge ad una inevitabile alternativa: o si ritiene che le spese condominiali imputabili a parte conduttrice ex art. 9 L. 392/1978 sono state forfetizzate in £. 400.000 mensili; ovvero si ritiene che tale somma deve essere intesa come un mero anticipo su tali spese, fatto salvo il conguaglio. 
La tesi della forfetizzazione non può essere accolta, ostandovi in proposito almeno due ragioni. Da un lato, è la stessa volontà delle parti che sembra riferirsi ad un mero anticipo salvo conguaglio, posto che in caso contrario non si spiegherebbe il dettato dell’art 13 dello stesso contratto, che parla di pagamento degli oneri accessori in sede di consuntivo, entro due mesi dalla richiesta” con diritto del conduttore “di ottenere l’indicazione specifica delle spese anzidette” e “dei documenti giustificativi delle spese effettuate”; e posto che lo stesso attore, a pag. 2 della memoria integrativa depositata il 11/1/1999, parla di “acconto sul rimborso delle spese accessorie”. Dall’altro lato e soprattutto, la giurisprudenza, sia a livello di merito che di Cassazione, è poi comunque ferma nel ritenere la nullità della clausola che obbliga il conduttore al pagamento degli oneri accessori determinato forfettariamente, perché viola il principio della specificità di essi stabilito dall’art. 9 ultimo comma L. 392/1978 e consente al locatore di procurarsi vantaggi che non gli spettano, in violazione dell’art. 79 della stessa legge (cfr. Cass. Sez. III 16/12/1997 n. 12718 e Trib. Milano 21/6/1993). 
Pertanto, coerentemente con il canone ermeneutico previsto dall’art. 1362 c.c. per l’interpretazione secondo l’intenzione dei contraenti (che si è visto far pensare ad un mero acconto salvo conguaglio) e con quello previsto dall’art. 1367 c.c. per la conservazione del contratto (che vedrebbe la nullità della clausola se interpretata secondo la tesi della forfetizzazione delle spese), occorre concludere nel senso che le 400.000 lire mensili non rappresentano oneri accessori veri e propri. 
Quindi, è ben vero che M. M. non ha pagato gli oneri condominiali per le otto mensilità contestate dalla M., ma è altrettanto vero che l’importo di tali oneri condominiali non può essere forfetizzato in £. 400.000 mensili, dovendo essere quantificato da parte locatrice, ai sensi dell’art. 13 del contratto di locazione, con apposita documentazione. Sul punto, l’attrice non solo non ha fornito alcuna prova certa del reale importo dovuto dal convenuto a titolo di oneri condominiali, ma non ha nemmeno cercato di quantificare tale importo, basando esclusivamente il calcolo della morosità sulla predeterminazione mensile di £. 400.000. Discende quindi che il M. M. è certamente inadempiente relativamente al pagamento degli oneri condominiali, ma non è possibile valutare se tale inadempimento sia o meno superiore ad un importo pari a due mensilità del canone di locazione, in modo tale da giustificare la risoluzione ex art. 1453 c.c. con riferimento all’art. 5 L. 392/1978. 
Anche la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento, formulata dalla M. in via subordinata, deve quindi essere rigettata. 
e) Sussistono, ad avviso del Giudice, i giusti motivi di cui all’art. 92 c.p.c. per compensare le spese di lite. 
Tali motivi si rinvengono, da un lato, nel comportamento processuale del M. M., che dopo avere disconosciuto ai sensi dell’art. 214 c.p.c. l’autografia della firma apposta sulla lettera di recesso, ha repentinamente ammesso la paternità della stessa solo in seguito alla richiesta di CTU formulata da controparte, palesando così una condotta non rispettosa dei parametri di lealtà e probità che ai sensi dell’art. 88 c.p.c. devono contraddistinguere il comportamento delle parti. Da altra angolazione, la compensazione delle spese si impone comunque per il fatto che non è in discussione l’inadempimento del M. M. nel pagamento degli oneri accessori, ma ad essere ignota è esclusivamente l’entità di tale inadempimento, che solo per questo motivo non consente la risoluzione del contratto. 
 P.Q.M.
il Giudice rigetta le domande proposte dal ricorrente. Compensa le spese di lite.
                                                                                                         Il Giudice 
                                                                                                 Dott.ssa Maria Acierno 
Bologna, 18/1/2000
(Sentenza decisa con la collaborazione del dottor Gianluigi Morlini, uditore giudiziario).
 
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