Aggiornamento - Civile

          Il reato di usura dopo la nuova legge n. 108 del 1996 e   i riflessi civilistici sui contratti di mutuo stipulati antecedentemente alla sua entrata in vigore.
di Simone Angelini

Ai  sensi dell'art.  644 c.p.,  così come  modificato con la  legge n. 108/1996, "chiunque, fuori  dai casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o  di altra utilità, interessi o altri  vantaggi usurai, è punito con la reclusione  da uno  a sei anni  e con la  multa da sei  a trenta milioni. [omissis]
La  legge stabilisce  il  limite oltre  il quale  gli interessi  sono sempre usurai. [omissis]
Per la  determinazione del tasso  di interesse usuraio si  tiene conto delle commissioni, remunerazioni  a qualsiasi titolo e  delle spese escluse quelle per   imposte  e   tasse,   collegate  all'erogazione   del  credito". Le  novità  rispetto  alla  vecchia  figura dell'art.  644  c.p.  sono notevoli:
  1. irrilevanza dello stato soggettivo della vittima, non necessitando più  il requisito dell'approfittamento dello stato di bisogno ;
  2. oggettivazione del delitto d'usura, per il quale il mero superamento del tasso limite praticabile integra la fattispecie del
     reato. Il dolo è costituito, ora, dalla conoscenza e volontà del  superamento del tasso limite predeterminato dalla legge.
Dunque, la legge determina  il tasso limite oltre il quale la corresponsione di  interessi (o di  altri vantaggi)  è considerata usuraia.  L'art. 2 legge  108/96 dispone  che  tale limite  è stabilito,  mediante  decreto del Ministero del  Tesoro pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale,  nel tasso medio praticato  dalle banche  ed altri  intermediari finanziari  quale risultante dall'ultima   rilevazione   che   viene  effettuata   trimestralmente, aumentato della metà. Invero,  la nuova  formulazione  dell'art. 644  c.p. è  stata  costruita dal legislatore come una "norma penale in bianco", in cui una parte del precetto è rinvenibile dal 3°  comma dello stesso articolo, mentre per un'altra parte (l'individuazione  del tasso  limite)  deve farsi  riferimento ad  una fonte esterna diversa di natura amministrativa. Inoltre,  la  Banca  d'Italia ha  ulteriormente  precisato  le categorie  di operazioni  finanziarie  per  le   quali  si  procede  trimestralmente  alla rilevazione dei tassi medi;  tra queste c'è, ovviamente, il mutuo, contratto sia  a  tasso fisso  che  variabile,  ed assistito,  anche parzialmente,  da garanzia reale. La  nuova  fattispecie  di  usura  ha,  per  altro, portato  la  dottrina  a qualificare  diversamente  il  reato, considerandolo  non  più  un reato  in contratto  ma un reato 
contratto. Posto,  infatti, che nella  categoria dei "reati contratto"  sono da  ricomprendere le fattispecie in  cui la condotta
tipizzata è individuata mediante  termini che definiscono nel diritto civile i singoli  negozi giuridici,  la cui stipula  pertanto è proprio  ciò che la legge intende  punire, nei  "reati in contratto" vanno  collocati quei fatti realizzati  con la  cooperazione artificiosa  della vittima, che  esigono un atto dispositivo  da parte di quest'ultima  carpito con mezzi illeciti sicché ciò  che si intende punire  è il comportamento illecito  tenuto da un parte prima della stipula  negoziale. Ora, a seguito della nuova disciplina, la  nuova fattispecie  di  usura pone  al  centro della  fattispecie non  la condotta  precontrattuale dell'approfittamento, bensì  il dato  della sproporzione  tra  gli  obblighi  contrattualmente previsti  per  le  parti, ponendo  di  fatto  il reato  all'interno  della  categoria dei  reati contratto. Per  la determinazione  del  tasso usuraio,  il comma  4 dell'art.  644 c.p. stabilisce, inoltre, che deve tenersi conto anche delle commissioni, spese e remunerazioni  a qualsiasi  titolo. Tutte  queste "voci" vanno  comprese e sommate  al  tasso  di interesse  da  pagare.  Tale onnicomprensività  della nozione d'interesse è stata  formulata onde evitare qualsiasi possibilità di aggiramento  della norma  in  esame. Per  evitare interpretazioni  difformi, l'Istituto   Centrale   della    B.d.I.   ha   provveduto   a   classificare dettagliatamente  "spese e  commissioni".  Vi rientrano,  così, le  spese di istruttoria  o  revisione  del  finanziamento,  le  spese  di  chiusura,  di riscossione   o  di   incasso  delle   rate,  e   in  generale   ogni  spesa
contrattualmente  prevista. Nulla  è  stato detto,  invece, sul  concetto di "remunerazioni a  qualsiasi titolo, né da  parte degli organi interessati né da parte  della giurisprudenza di Cassazione  e della dottrina. Tenuto conto del dato letterale e  della ratio stessa che ha ispirato il comma 4, sembra, ad ogni  modo, potersi ravvisare in tale  fattispecie una categoria di ampio spettro,  capace di  racchiudere  ogni tipo  di vantaggio,  contrattualmente previsto  o meno,  a  favore del  soggetto attivo.  Su  tale concetto  si è, inoltre, espresso recentemente il Tribunale di Roma, che in riferimento agli interessi moratori,  ha dedotto che " con la parola remunerazione  esso - il legislatore- abbia inteso riferirsi  ad ogni utilità pecuniaria richiesta al debitore e  quindi anche a quelle  relative agli interessi moratori, facendo ricorso  ad una  terminologia giuridica  non nuova  per la quale  il termine
remunerazione ha significato generico  comprensivo di prestazioni a funzione anche  risarcitoria"   (Trib. Roma  10.06.1998).   Pertanto, tale  categoria potrebbe (il condizionale in  assenza di riscontri nei casi di rivalutazione monetaria è  d'obbligo), ricomprendere  anche la clausola  di indicizzazione del  capitale,   qualora  questa  sia  basata   su  determinati  indici  che
attribuiscono  un  oggettivo  guadagno  al soggetto  attivo,  ben  al di  là dell'effettiva svalutazione monetaria che tale pattuizione dovrebbe coprire. La  problematica  più  spinosa  del nuovo  delitto  di  usura riguarda  però L'accertamento del momento  consumativo del reato, indispensabile, tra L'altro, per una coerente  applicazione della relativa sanzione civile di cui all'art. 1815 c.c. anch'essa innovata dalla legge 108/96. Vigente  il  vecchio  testo  dell'art.  644  c.p.  una  giurisprudenza
costante (da ultimo si  veda Cass. Pen. 19.03.1997) e la prevalente dottrina ritenevano   l'usura  un   reato  istantaneo  con   eventuali  effetti permanenti.  Sono  "reati istantanei"  quelli  in cui  l'offesa è  per l'appunto istantanea,  perché viene  ad esistenza e  si conclude nello stesso  istante (esempio  classico è  il reato  di omicidio).  Sono, invece, "reati  permanenti"  quelli  per  la cui  esistenza  la  legge richiede  che l'offesa si protragga nel tempo per effetto della persistente condotta volontaria del soggetto. Il  reato permanente è reato unico e si consuma non quando si  instaura la situazione offensiva, ma nel  momento in cui cessa la condotta volontaria  del mantenimento di essa.  Si parla, inoltre, di "reati istantanei  ad effetti  permanenti",  ove alla  condotta criminosa  iniziale perdurano nel tempo le conseguenze dannose del reato, per i quali, comunque, la disciplina  sostanziale e processuale,  è del tutto analoga  a quella dei reati permanenti. A seguito dell'emanazione del nuovo art. 644 c.p., alcuni autori hanno sostenuto che  potrebbe essere accolta  la tesi che il  delitto in questione sia   stato   trasformato   in   reato  permanente.   Detta   trasformazione comporterebbe che un contratto di mutuo a tasso fisso, oggi lecito, potrebbe a seguito dell'andamento  del mercato, raggiungere tassi d'usura con la  conseguenza per  l'ente mutuante di  incorrere nel reato  e di
vedere decadere il proprio  diritto al percepimento degli interessi (ex art. 1815  c.c.) o  di  dover introdurre  una clausola  di  riduzione automatica. Allarmati  da   tale  questione,   l'Associazione  Bancaria  Italiana, mediante circolare  del 20.03.1997, con particolare  riferimento ai rapporti sorti  antecedentemente all'entrata  in vigore  della nuova  legge, ha sostenuto che:
"circa la  sorte dei rapporti antecedenti, va  detto che essi non dovrebbero essere interessati dalla normativa  qualora si tratti di operazioni regolate a  tasso fisso  ovvero  a tasso  indicizzato in  base a  parametri oggettivi prestabiliti. Tali operazioni,  pertanto, ai fini del rispetto  delle soglie di legge, non comportano l'obbligo di alcun intervento di adeguamento, anche se i relativi tassi effettivi  globali dovessero  risultare superiori alle  soglie stesse. A tale conclusione può giungersi sulla base del principio generale enunciato dall'art. 2  del codice  penale secondo cui  è esclusa la  punibilità per un fatto che,  secondo la  legge del tempo  in cui fu  concesso, non costituiva reato,  viceversa, nel  caso  di operazioni  regolate a  tasso  variabile di
iniziativa  dell'intermediario, sarà  necessario verificare se  le eventuali variazioni  da apportare  risultano entro  i limiti massimi  stabiliti dalla legge. Tale   fattispecie,   infatti,  pur   innestandosi   su  un   rapporto antecedentemente  acceso, si  atteggia nella  sostanza quale  nuovo rapporto ".Tuttavia, ora, la tesi dottrinale che vede nel nuovo delitti d'usura un reato permanente è  stata asseverata e ribadita anche da una recentissima sentenza della Sezione I  della Corte di Cassazione Penale, la quale ha così
motivato la sua decisione:
"I caratteristici connotati  di sinallagmaticità propri del momento iniziale della  determinazione convenzionale  di  interessi o  compensi usurari  - in termini di  promessa o, alternativamente,  di dazione - non  sembra siano in grado di  esaurire in sé  la condotta tipica della  fattispecie criminosa di cui all'art. 644 c.p., così degradandosi la periodica, talora prolungata per
numerosi anni, corresponsione da  parte della vittima dei medesimi interessi o vantaggi ad un post factum penalmente irrilevante.
S'intende dire  che il tradizionale  insegnamento giurisprudenziale, secondo cui  il  reato  di  usura  è  "reato istantaneo  con  effetti  eventualmente permanenti", nel  senso che  esso si consuma  nel momento della  stipula del patto  usurario pur  perdurandone  le conseguenze  nel  tempo -  in caso  di promessa seguita  da dazione - senza  il compimento di un'ulteriore attività da  parte dell'agente,  appare incompatibile  con il rilievo  oggi assegnato alla "ultima riscossione" degli interessi usurari pattuiti dall'art. 644-ter c.p., introdotto dall'art. Il I. 108/96, in tema di prescrizione del reato. Sembra   logicamente   più  convincente   e   condivisibile,  alla   stregua dell'odierno  assetto   normativo  dell'istituto,   la  prevalente  opinione dottrinale,  secondo cui,  qualora alla  promessa segua -  come abitualmente avviene  mediante  la  rateizzazione   nel  tempo  degli  interessi  usurari convenuti -  la dazione effettiva, questa fa parte  a pieno titolo dei fatto lesivo  penalmente  rilevante  e segna,  mediante  la  concreta e  reiterata esecuzione  dell'originaria  pattuizione  usuraria,  il momento  consumativo "sostanziale" del reato. [omissis] Certo è  che sarebbe  davvero distonico, rispetto ai  consueto atteggiarsi - nella  realtà  sociale  ed  economica  - del  fenomeno  usurario,  sostenere l'estraneità alla  struttura della fattispecie criminosa  di quella modalità di realizzazione  dell'illecito - la dazione  degli interessi -, nella quale indubbiamente s'identifica  la completa esecuzione dei  delitto e il massimo
approfondimento   della  concreta   e  progressiva   lesione  dell'interesse protetto". In sostanza  la Suprema Corte sostiene  che l'introduzione dell'art. 644 ter c.p., secondo  cui "la  prescrizione del reato di  usura decorre dall'ultimo giorno  dell'ultima  riscossione  sia  degli interessi  che  del  capitale", consentirebbe  di  abbandonare  la  vecchia  tesi  della  irrilevanza  della
riscossione  degli   interessi,  quale  post  factum   penalmente  privo  di significato rispetto  al solo  momento importante dell'accordo  iniziale che dava luogo  alla configurazione dell'usura, inquadrando,  invece, tale reato tra  quelli ad  effetti permanenti.  La dazione  effettiva fa parte  a pieno titolo  del fatto  lesivo  e segna  il momento  consumativo  sostanziale del
reato. La  realizzazione del reato  di usura si compie,  così, attraverso le ricezione  di indebite  prestazioni maturate  periodicamente, ed  il momento consumativo va  a coincidere di volta  in volta con i  singoli versamenti di capitali  e/o interessi.  D'altro  canto la  giurisprudenza nel  definire la natura di alcuni reati  a struttura analoga, quale ad esempio la corruzione,
in  cui  alla promessa  segue  la  dazione, non  ha  esitato ad  individuare quest'ultima quale momento di consumazione del reato. Non si vede, pertanto, perché non  debba essere seguita  la stessa soluzione, per  il reato d'usura (cfr.Trib. Velletri, ord. 30.04.98). Accertato  che  la  riscossione  è  momento  penalmente  rilevante,  sebbene successiva  alla  promessa,  è  necessario  ora  rapportare  tale  principio all'interno della  disciplina civilistica e stabilire  se sia applicabile la nuova  fattispecie di  usura  ad un  contratto di  mutuo (o  altri contratti affini) stipulato  anteriormente all'entrata  in vigore della  legge 108/96,
vale a dire al 2 aprile 1997 (data della prima rilevazione trimestrale). Occorre, infatti, preliminarmente premettere che la novella introdotta dalla legge 108/96 non si è limitata a ridisegnare la disciplina penalistica ma ha inciso anche sul piano  privatistico modificando il 2° comma dell'art. 1815 c.c..  Il vecchio comma sanciva  la nullità della clausola contrattuale con la quale si  convenivano interessi usurai e l'automatica riduzione di  essi   al  tasso   legale,  derogando  al  principio   generale  di  cui
all'art.  1343  c.c  secondo  cui l'illiceità  della  causa  per contrarietà  a  norma imperativa  penale  travolge l'intero  contratto
rendendolo  nullo. La  nuova  norma stabilisce  ora che  "se  sono stabiliti interessi usurai la clausola è nulla e non sono dovuti interessi", mostrando un  chiaro  inasprimento  della   disciplina  e   confermando  il  carattere sanzionatorio di essa.
Il contrasto giurisprudenziale che si è venuto a creare su tale questione, è stato quanto  mai acceso.  A fronte di  alcune sentenze (si  veda Pretura di Cagliari, 16.09.96; Tribunale di  Lodi 30.03.98 e, soprattutto, Tribunale di Roma con  ordinanza del  04.06.98), che hanno negato  rilevanza alla dazione degli  interessi al  fine  della consumazione  del reato,  non considerando, pertanto, il  contratto affetto da nullità  parziale per contrasto con norma imperativa, si oppongono altre pronunce che hanno forse preparato e spianato il  terreno per  la  sentenza della  Cass. penale  di  cui sopra.  Così,  il
Tribunale di Firenze con ordinanza del 10.06.1998, ha enunciato che la nuova normativa  anti-usura è  applicabile anche  ai contratti di  mutuo stipulati prima della sua entrata in vigore, nel senso che "la ricezione di interessi, divenuti  usurai, integra  gli estremi  del reato indipendentemente dall'accordo sugli  stessi. La  clausola contrattuale che  prevede interessi usurai  è  affetta  così  da nullità  parziale  sopravvenuta  e deve  essere sostituita ai sensi degli  artt. 1339 e 1419 c.c. con la prescrizione legale
della misura massima degli interessi consentiti". Lo  stesso  Tribunale di  Milano con  la sentenza  13.11.1997 ha  sancito la
nullità della  clausola contenuta in un  contratto di leasing anteriore alla legge  108/96,  in  quanto  gli  interessi venivano  corrisposti  in  misura superiore al tasso soglia,  con conseguente riconoscimento di interessi solo nella misura legale.
Il   Tribunale  di  Velletri,  con  un'ampia  motivazione all'ordinanza  del 30.04.1998,  ha messo  in evidenza  come l'art.  3 della legge  108/96 abbia previsto un regime transitorio, il quale è cessato dopo la prima rilevazione trimestrale.   Ora,  tale   norma   non  avrebbe   avuto  alcun   senso  se, successivamente alla  pubblicazione del tasso-soglia,  i contratti stipulati in precedenza  non venissero sottoposti a tale limite,  "poiché in tale caso il legislatore avrebbe delimitato temporalmente il criterio transitorio fino a  tutta la  durata del  rapporto fondato  sui contratti di  mutuo stipulati anteriormente. Il  regime transitorio  serve proprio ad  adeguare i vecchi  contratti  alla  nuova disciplina,  lasciando  un  margine di  tempo necessario per la modifica di essi".
Si sostiene,  inoltre, che la nuova  legislazione anti-usura, ogettivizzando l'illecito, coglie  il fondamento del reato  nell'alterazione della causa di scambio e dà rilevanza al momento consumativo dello stesso. Non vi è dubbio, infatti, che la novella si sia ispirata all'art. 41 della Costituzione. Si è voluto  impedire   la  lesione  di  un   bene  giuridico,   derivante  dalla sproporzione delle  prestazioni, sproporzione  non solo originaria  ma anche sopravvenuta, sulla base del richiamato principio costituzionale secondo cui l'iniziativa privata non può  svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza alla libertà alla dignità umana.
Da tali  premesse, il Tribunale  laziale ritiene, pertanto, che  se le parti avessero rispettivamente continuato ad eseguire e riscuotere le prestazioni, il  contratto  sarebbe  stato  colpito  da  una nullità  sopravvenuta,  " Il mutuante, infatti, attraverso un comportamento concludente avrebbe rinnovato la volontà di riscuotere  interessi ormai divenuti usurai, in violazione dei
principi posto alla l. 108/96, così da subirne le conseguenze (tra cui anche quella  della espulsione degli  interessi ai  sensi dell'art. 1815  2° comma c.c.".
Da  tali   considerazioni  si  deve  concludere   che  riscuotere  interessi legittimante  e  legalmente pattuiti  e  in seguito  divenuti usurai  perché superiori  al  tasso  soglia fissato  con  decreto  ministeriale, è  momento rilevante per  la consumazione del reato  ex art. 644 c.p.. Conseguentemente il mutuatario  che ha pagato tali indebite somme nulla  più deve né a titolo di interessi  né a titolo  di spese, commissioni, o  altre remunerazioni, ex art. 1815  comma 2 c.c.  Non si comprendono, pertanto,  quelle decisioni dei Tribunali che alla declaratoria di nullità della pattuizione degli interessi usurai  non  vi  fanno  seguire  la  sanzione indicata  dal  codice  civile, recuperando,   invece,  senza   alcuna  spiegazione,  il   meccanismo  della sostituzione  automatica contemplata  dalla citata  disposizione codicistica nella  sua vecchia formulazione,  riducendo il  tasso di interesse  a quello
legale. Inoltre,  esiste a  riguardo una chiara disposizione  il cui dettato all'art. 185  disp. att. estende la disciplina  dell'art. 1815 c.c. anche ai contratti di mutuo anteriori  all'entrata in vigore del codice. Tuttavia, ex adverso, alcuni non hanno ritenuto applicabile tale norma in virtù del fatto che il tenore letterale della stessa, il cui riferimento temporale è rimasto alla  data  di  entrata  in  vigore  del  codice, lascia  intendere  che  il legislatore  non  l'abbia  presa  in  considerazione nel  dettare  la  nuova
disciplina. Si hanno ora gli  strumenti necessari per esaminare il caso concreto, in cui il  Sig.Tizio  nel  1987  ha  convenuto  con  la Banca  Tuscolana  un  mutuo indicizzato e rateizzato in quindici anni, con pagamento d'interessi pari al 10% annui.  Nel corso  degli anni tale  tasso è divenuto  superiore al tasso soglia  usuraio  pubblicato  nella  Gazzetta  Uff.,  ma  la  Banca  riscuote ugualmente la/le  rate, commettendo,  per i principi esposti,  il delitto di usura. Il Sig.Tizio, a  questo punto, potrebbe non solo denunciare la stessa del delitto, ma rifiutarsi di pagare gli interessi rimasti ex art. 1815 c.c. (si ricordi  che tale norma  ha carattere sanzionatorio) e  in base all'art. 644 c.p.  avere il diritto alle restituzioni  al risarcimento dei danni.. E' chiaro, infatti, che se  la clausola di interessi usurai è nulla, è evidente che la  Banca dovrà restituire quanto  indebitamente percepito a tale titolo (tale orientamento era pacifico  anche nel vigore della vecchia disciplina).
Per quanto  riguarda il risarcimento dei danni appare  ovvio che nel caso di specie la  norma si  riferisca ai danni  non patrimoniali, dunque,  al danno morale   ed  a   quello   biologico  patito   dall'usurato  afflitto   dalle preoccupazioni di dover far fronte al contratto. Per di più, l'art. 14 della legge 108/96  ipotizza a carico  della vittima anche l'aver  subito, a causa
dell'usura danni per perdite e per mancati guadagni.
Inoltre,  essendo  un mutuo  con  clausola di  rivalutazione monetaria,  nel computo del tasso d'interesse  si dovrebbe tenere conto anche della clausola stessa,  (basata  nel  nostro  caso  sull'andamento  dei BOT,  oltre  ad  un determinato indice  fisso), se, per i  principi già esposti precedentemente, portasse un effettiva remunerazione  alla mutuataria, ben al di là del tasso
effettivo  di  svalutazione, dovrebbe  essere  computato  nel calcolo  degli interessi, unitamente  a tutte le spese  sostenute da Tizio per l'esecuzione del contratto. E' necessario  ancora notare  che la Banca  ha nel 1999  abbassato il tasso, passando  da un  tasso  fisso al  10% ad  un  tasso variabile  la  cui prima quantificazione è  stata del  7,2% per un  mutuo e 7,4% per  un altro mutuo, convenuto  dalla stesso Tizio  in precedenza  ed alle stesse  condizioni del primo. Orbene, premesso che il 7,4 % è dall'ultima rilevazione tasso usuraio in  quanto la  soglia è stata  improrogabilmente fissata  al 7,3 %,  si deve considerare che  la proposta  di variazione dal  tasso fisso al  variabile è avvenuta  per esclusiva iniziativa  di Tizio  (che ha corrisposto  anche 100
mila  lire a  titolo  di spese)  e la  Banca  per sua  stessa  ammissione ha eccezionalmente  accettato,  quando  invece  era la  stessa  mutuataria  che avrebbe dovuto  immediatamente ricondurre  al tasso legale (e  ad equità) la dazione di interessi. Situazione questa che può, pertanto, rilevare anche da un  punto   di  vista  soggettivo   (cioè  dell'elemento  psicologico)
nell'analisi  della   situazione  concreta,  in  quanto   la  Banca  avrebbe pacificamente continuato a riscuotere il 10 % annui, ricevendo indebitamente interessi ben al disopra del tasso soglia. È opportuno,  ancora una  volta, tenere conto che  nelle precedenti pronunce effettuate dai Tribunali aditi per questioni simili, la clausola concernente la dazione  di interessi divenuti usurai, è  stata sostituita con quella che li prevede  al tasso soglia massimo  consentito, e mai è  invece avvenuta la
sostituzione  automatica  ex  art. 1815  c.c  (non  corresponsione di  alcun interesse) Pertanto il  rischio è  che se Tizio  impugna parzialmente il  contratto per contrarietà a norma imperativa,  rischia di vedersi eccepire dalla Banca che tali  interessi sono stati  immediatamente ricondotti  ad un tasso  minore a quello  usuraio.  Esiste  di   conseguenza  il  pericolo  che  il  Tribunale
competente  investito  della questione,  pur  abbracciando  le teorie  sopra illustrate sul momento consumativo  del reato di usura, possa effettivamente non applicare  la sanzione di cui  all'art. 1815 c.c. e  condannare la Banca unicamente alle restituzioni delle  precedenti rate usuraie, (che allo stato dei fatti  sarebbe solo quella versata il  01.01.99 quando il, tasso usuraio era del 8,7%), oltre naturalmente al risarcimento danni. Esiste inoltre  la possibilità  di denuncia in sede  penale della mutuataria con contestuale costituzione di  parte civile qualora ci fosse una pronuncia di  rinvio a  giudizio  da parte  del G.U.P..  Ma anche  in tale  caso Tizio potrebbe  unicamente richiedere  il  risarcimento del  danno e  le eventuali
restituzioni dei beni (rate considerate usuraie) conferiti illegittimamente. Di conseguenza dall'attenta analisi  condotta non sembra potersi prescindere da un esatto calcolo di quanto è ed in precedenza è stato pagato a titolo di rivalutazione  monetaria. Si  ribadisce ulteriormente che  se effettivamente tale "voce"  avesse portato o tuttora  porti un tangibile remunerazione alla
Banca  questa  dovrebbe  presumibilmente  sommarsi agli  interessi,  con  la conseguenza che  anche quelli appena pagati  a tasso variabile essere ancora considerati usurai.
 

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