Aggiornamento - Penale

Cass. Pen., sez. VI, sent. 27 marzo 2004, n. 14973, sulla estensione al concorrente della circostanza aggravante di cui all’articolo 61 n. 9 c. p.

 
Con la sentenza indicata in epigrafe D. V. e M. A. sono stati ritenuti responsabili di calunnia in danno di P. R., in concorso con la minore S. Z., di detenzione di droga e il solo A. di falso in atto pubblico.
Secondo la decisione il V. e la Z. avevano nascosto un grammo di cocaina nella vettura del R. per farlo incolpare della detenzione; il V. s'era messo d'accordo con l'amico A., agente della polizia stradale, perché eseguisse un controllo sulla vettura e rinvenisse la droga. L'A. aveva agito secondo l'accordo e aveva falsamente attestato nel verbale il luogo in cui era stato redatto e i motivi per cui aveva ritenuto di operare il controllo.
2. Ricorrono il V. e l'A..
Il primo contesta in tesi l'idoneità dell'azione a configurare una calunnia reale. La quantità di cocaina infatti era così esigua che immediatamente se ne sarebbe dovuta percepire la destinazione ad uso personale, sicché quella che s'era messa in scena si risolveva in una violazione amministrativa, tale da non esporre il R. all'azione penale.
In ogni modo la sentenza aveva mancato di assumere una prova decisiva, pur avendone fatta la difesa puntuale richiesta, consistente nell'escussione del difensore della minore Z. che avrebbe potuto riferire sulla non veridicità della confessione di costei dinanzi al Tribunale dei minorenni.
Malamente infine s'era applicata nei suoi confronti l'aggravante di cui all'art. 61 n. 9 c.p. che invece, stante la sua natura soggettiva, era riferibile solo all'A. e non suscettibile di estensione al concorrente.
3. L'A. rileva che l'intero contesto probatorio assunto si riferisce al V. e che la consapevolezza dell'A. del piano criminoso è stata soltanto postulata e non dimostrata. Gli argomenti logici impiegati (l'amicizia col V., la sosta dell'auto di servizio in zona estranea al percorso regolamentare e l'assenza di motivo per controllare l'auto del R.) sono in realtà o privi di significato o contraddittori.
4. Il R., costituito parte civile, ha presentato memoria nella quale chiede che i ricorsi siano respinti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono privi di fondamento.
Cominciando da quello del V. e dalla censura sulla configurabilità del delitto, va ricordato che la calunnia é reato di pericolo e che quindi all'agente va fatto carico anche dell'eventualità che la vittima sia esposta all'azione penale a causa della messa in scena realizzata.
Ed allora, pur senza considerare che nella specie non si tratta di eventualità in quanto le indagini nei confronti della persona offesa sono effettivamente iniziate per effetto della simulazione in esame, poiché la detenzione anche di una sola dose di droga da parte di qualcuno si presta ad essere interpretata quale reato punito dall'art. 73 d.P.R. n. 309/1990, tanto più quando questo qualcuno, come il R., non sia tossicodipendente conclamato, é evidente l'idoneità della condotta a configurare la calunnia.
2. La prova non ammessa era palesemente inammissibile: si sarebbe dovuto domandare al difensore perché la propria assistita aveva (in tesi) falsamente confessato, così chiedendogli di rivelare notizie coperte dal segreto professionale.
3. L'aggravante di cui all'art. 61 n. 9 c.p. riguarda una modalità dell'azione (essa non si applica a taluno perché è pubblico ufficiale, qualità personale, ma perché ha abusato dei poteri inerenti alla pubblica funzione) e rientra dunque nelle circostanze oggettive di cui all'art. 70 n. 1 c.p.. Con la conseguenza che si comunica al concorrente ai sensi del successivo art. 118 (cfr. Cass., VI, 21 maggio 1993, n. 2853, rv 194189).
4. Quanto all'A., l'accertamento della sua partecipazione è tratto da elementi precisi, convergenti e dotati del necessario carattere di gravità (conclamata amicizia col V., picco di telefonate nei momenti precedenti l'operazione, mancanza di motivi perché si trovasse nel luogo in cui intercettò l'auto del R.).
Né si rinviene alcuna contraddizione nel fatto che la sentenza dia credito al M., quando dice che il R., durante l'inseguimento, fece un movimento apparentemente ingiustificato. La stessa sentenza precisa che l'ordine di inseguire l'auto del R. fu dato dall'A. prima che il R. facesse tale movimento e che il M. non notò alcuna particolarità di comportamento che potesse stimolare l'ordine in parola.
5. Alla reiezione dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 3 marzo 2004.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 27 MARZO 2004



 

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