Aggiornamento - Penale

Cass. Pen., Sez. IV, 7 dicembre 2005 n. 44623 la cooperazione nel delitto colposo (113 c. p. )

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. - La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza del 17 giugno 2003, conformava la sentenza, in data 17 aprile 2002, con la quale il g.i.p. del tribunale di Gela aveva dichiarato la penale responsabilità di B. G. D. per avere, il X in località "X", cagionato un incendio in cooperazione colposa con R. B., per lo spegnimento del quale era stato necessario l'intervento delle squadre antincendio del Corpo Forestale.
2 - La Corte di merito ripercorreva la vicenda ponendo in rilievo che "il B., nel tardo pomeriggio del settembre 1998, era trasportato sul sedile posteriore di una motocicletta - alla cui guida si trovava il B. - e stava attraversando una zona di campagna, caratterizzata dalla presenza di erba secca e sterpaglie in grande quantità".
"Il B., nonostante stesse conducendo il mezzo, teneva in bocca una sigaretta accesa, la cui cenere, via via sfarinata dal vento, finiva par arrivare sul viso e negli occhi del Badano". "Questi, pertanto, infastidito, intimava all'amico di farla finita, dicendogli testualmente: butta la sigaretta, cosa che il B. faceva senza che, per questo, la marcia del mezzo venisse arrestata o rallentata".
"Pochi secondi più tardi, dopo aver percorso ancora qualche centinaio di metri, i due si accorgevano che, nel punto in cui era stata lanciata la cicca, si stavano alzando delle fiamme; tornati, quindi, indietro, cercavano di spegnere in qualche modo il fuoco, senza tuttavia riuscirvi; l'incendio sarebbe stato domato successivamente grazie all'intervento di un'autobotte dei pompieri". 3 - La Corte, ciò premesso, osservava che "non poteva francamente dubitarsi che tra la condotta di chi inviti, magari pressantemente e comunque expressis verbis, il proprio interlocutore a gettare via un mozzicone acceso ed il comportamento di chi, come immediata risposta a tale esortazione, getti effettivamente via la sigaretta, esista un'inequivoca - seppure estemporanea - sinergia".
Sottolineava, inoltre, che "opinare che all'espressione usata dal Budano - quanto mai chiara nella sua semplicità ("butta la sigaretta") potesse attribuirsi altro senso che quello suesposto appariva esercizio induttivo completamente avulso dalle limpide risultanze istruttorie".
4 - Il B. ricorre per Cassazione con due motivi.
I - Denuncia, con il primo, "erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 113 c.p.".
Deduce che "non è possibile concepire una qualsiasi consapevolezza e, quindi, una cooperazione colposa in chi semplicemente, indotto da una situazione contingente - la cenere negli occhi - si rivolge al fumatore, non tanto con coscienza e volontà e per coadiuvarlo nella condotta colposa che da li a poco andrà a realizzare - il lancio della sigaretta accesa -, ma quanto in modo istintivo, autonomo e non ponderato e, comunque, non diretto a determinare l'evento reato non voluto, che poi si verifica esclusivamente per l'azione stessa dell'interlocutore".
Deduce, poi, che, "per la concretizzazione della ipotesi normativa di cui all'art. 113 c.p. occorre la reciproca consapevolezza in capo ai soggetti di contribuire all'azione e/o all'omissione che sfocia nella produzione dell'evento non voluto" e che, "nel caso di specie, ciò che manca è proprio questa reciproca consapevolezza, risultando in modo evidente dagli atti che il B. ed il B. hanno agito in modo autonomo e non concertato rispetto all'evento, vetrificatosi perla sola condotta posta in essere dal B.".
II - Denuncia, con il secondo motivo, "erronea applicazione dell'art. 133 c.p. nella parte in cui non si è ritenuto di applicare la pena prevista dall'art. 449 c.p. partendo dal minimo edittale, tenuto conto della condotta pre-processuale e processuale posta in essere dal ricorrente".

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - Il ricorso è infondato.
a - Come ritengono la giurisprudenza e la dottrina, "la cooperazione nel delitto colposo si caratterizza per un legame psicologico tra le condotte dei concorrenti, nel senso che ciascuno dai compartecipi deve essere consapevole della convergenza della propria condotta con la condotta altrui, senza però che tale consapevolezza investa l'evento richiesto per l'esistenza del reato nelle fattispecie casualmente orientate, ed è questo elemento - il legame psicologico tra le condotte dei concorrenti - che consente di distinguere la cooperazione nel reato colposo dal concorso di cause colpose indipendenti, ipotesi nella quale più soggetti contribuiscono colposamente a cagionare l'evento, senza, però, che vi sia anche la consapevolezza di contribuire alla condotta altrui". A questa impostazione tradizionale - come è stata definita - della cooperazione colposa è stato, però, obiettato, a ragione, che "la stessa mal si concilia con i risultati ormai acquisiti in tema di reato colposo, la cui essenza viene universalmente ravvisata in un elemento non di carattere psicologico, ma normativo, costituito dall'inosservanza di una regola di condotta a contenuto cautelare che incide già sul piano della tipicità del fatto illecito, con la conseguenza, in terna di cooperazione, che la condotta di ciascun concorrente, per risultare rilevante ai sensi dell'art. 113 c.p. deve caratterizzarsi per la violazione della regola cautelare, non essendo possibile qualificare un comportamento come colposo in mancanza di un tale requisito, e deve caratterizzarsi, inoltre, per la presenza del legame psicologico tra le condotte.
b - Ebbene, facendo applicazione di questi principi al caso di specie non può non ritenersi la cooperazione colposa del B.. Si è visto che, stando alla sentenza impugnata - il cui accertamento dei fatti, essendo immune da vizi logico-giuridici, sfugge al controllo della Corte di Cassazione - il B., infastidito dalla cenere della sigaretta dell'amico, ha invitato quest'ultimo, expressis verbis, a disfarsene, a gettarla; cosa che il B. ha fatto immediatamente.
Ma, se questi i fatti, è innegabile, anzitutto, il legame psicologico tra le condotte dei due, essendo entrambi consapevoli - e nel contesto descritto dai giudici di merito, questa consapevolezza è, logicamente, fuori discussione - della convergenza delle rispettive condotte, prescindendo dall'evento, ovviamente non voluto. È incontestabile, poi, la violazione, non solo da parta del B., autore dal lancio della sigaretta nella sterpaglia, ma anche da parte del B., di una regola di condotta a contenuto cautelare, regola che non può non essere ravvisata nel dovere di ciascuno dei due di rendersi conto che stavano attraversando un luogo con "erba secca e sterpaglie in grande quantità" e, dunque, di prevedere che un gesto, sicuramente evitabile, come quello, rispettivamente, richiesto dal B. e posto in essere dal B. avrebbe potuto avere determinate conseguenze". Entrambi, duri qua, hanno voluto quel lancio con ruoli diversi e, ciò che rileva in ordine alla cooperazione colposa, ciascuno con la chiara consapevolezza della inosservanza della regola cautelare da par te dell'altro.
b - Il secondo motivo è manifestamente infondato, essendosi la Corte di appello posto il problema della sanzione e avendo ritenuto di non doverla toccare ponendo motivatamente, e correttamente, in evidenza il rilevante grado della colpa.
2 - Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

P.Q.M.


La Corte Di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 marzo 2005.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 7 DICEMBRE 2005


 

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