Aggiornamento - Penale

Corte di Cassazione, Sezione III penale, sentenza del 6 novembre 2000 n.11287, sulle competenze professionali dei geometri          

                                      REPUBBLICA ITALIANA
                                  IN NOME DL POPOLO ITALIANO
                                LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                                     TERZA SEZIONE PENALE
                                            SENTENZA
          
          SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
          Con sentenza del 2.11.1999 la corte di appello di Brescia, parzialmente riformando quella
          resa dal pretore di Brescia il 22.10.1998,
          condannava XXXX XXXX alla pena di venti giorni di arresto e lire 10.000.000 di ammenda,
          quale colpevole del reato di cui all’art. 20 lett. b) legge 47/1985, per aver commissionato,
          senza concessione edilizia, lavori di sopraelevazione del tetto di una mansarda (parzialmente
          crollata a seguito di incendio), con conseguente aumento di volumetria;
          condannava XXXXX XXXXX alla pena di venti giorni di arresto e lire 10.000.000 di
          ammenda quale colpevole del reato di cui all’art. 20 lett. b) legge 47/1985, per avere diretto i
          suddetti lavori di sopraelevazione senza concessione edilizia; nonché alla pena di lire
          1.000.000 di ammenda, quale colpevole del reato di cui agli artt. 2 e 13 legge 1086/1971, per
          avere eseguito i suddetti lavori in cemento armato, esorbitanti dalle sue competenze di
          geometra, e quindi senza progetto esecutivo valido.
          Con doppi benefici di legge per entrambi gli imputati. Con ordine di demolizione delle opere
          abusive.
          2 – Il difensore degli imputati ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi a
          sostegno. In particolare lamenta:
          erronea applicazione di legge penale, mancata assunzione di prova decisiva legittimamente
          ammessa, nonché violazione dell’art. 603 c.p.p. e manifesta illogicità di motivazione, giacché
          la sentenza impugnata aveva accertato l’innalzamento del solaio tra terzo e quarto piano
          senza una effettiva misurazione e senza rinnovare il dibattimento per espletare una perizia
          supplementare; e avrebbe inoltre illogicamente accertato la colpa degli imputati circa lo
          spostamento della linea di colmo della falda del tetto;
          erronea applicazione della legge penale e illogicità di motivazione, giacché erroneamente e
          illogicamente la corte di merito aveva ritenuto l’opera progettata dal XXXXXXXXX
          esorbitante dalle competenze di un geometra;
          erronea applicazione della legge penale e illogicità di motivazione, giacché la sentenza
          impugnata aveva ordinato la demolizione delle opere realizzate, erroneamente ritenendo che
          non vi fosse un contrasto attuale tra l’ordine giudiziario di demolizione e i provvedimenti
          adottati al riguardo dalla competente autorità amministrativa.
          MOTIVI DELLA DECISIONE
          3 – Il primo motivo è infondato.
          Legittimamente la corte di appello ha ritenuto di non dover rinnovare la istruttoria
          dibattimentale per espletare una perizia ulteriore, dal momento che la relazione peritale in
          atti, chiarita a dibattimento nel contraddittorio delle parti, era stata esauriente e puntuale
          nell’accertare tutte le difformità realizzate rispetto alla costruzione preesistente e distrutta,
          e in particolare nell’accertare gli aumenti di volumetria e le coperture in laterocemento
          anziché in legno (modifiche vietate dalle norme comunali).
          Al riguardo, la motivazione di entrambe le sentenze dei giudici di merito è molto articolata e
          precisa e sfugge a qualsiasi censura di illogicità su tutti i punti della decisione. In particolare
          è incensurabile in punto di elemento psicologico della contravvenzione urbanistica, posto che
          gli imputati, usando la normale diligenza, avrebbero dovuto sapere che la ricostruzione della
          mansarda distrutta era difforme alla costruzione originaria sotto molti aspetti (compreso
          quello del colmo della falda del tetto).
          4 – Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, anche se la riguardo la
          motivazione dei giudici di merito va propriamente rettificata ex art. 619 c.p.p..
          La competenza professionale dei geometri è determinata dall’art. 16 R.D. 11.2.1929 n. 274,
          e in particolare – per quanto interessa il caso di specie – dalle lettere l) ed m) dello stesso
          articolo. Secondo la prima disposizione i geometri sono abilitati a progettare e dirigere
          costruzioni rurali e per industrie agricole di limitata importanza, comprese piccole costruzioni
          implichino pericolo per l’incolumità delle persone. Ai sensi della seconda disposizione i
          geometri sono abilitati al progetto e alla direzione di modeste costruzioni civili.
          Il pretore, a cui la corte territoriale ha totalmente aderito, si è diffuso con argomenti precisi
          e persuasivi per dimostrare che la ricostruzione della mansarda (in sostanza una "scatola"
          parzialmente in cemento armato, poggiante su un edificio preesistente non in cemento
          armato) non aveva dimensioni modeste e implicava calcoli non semplici ed equilibri statici
          non privi di pericolosità.
          Peraltro, l’accertamento pretoriale non era necessario nel caso di specie, posto che esso
          riguarda un edificio in cemento armato che è pacificamente di tipo civile, e non di tipo rurale.
          Infatti, diversamente da quanto affermato da alcune pronunce delle sezioni penali di questa
          corte (v. Cass. Pen. Sez. 6, n. 3673 del 15.4.1993, ud. 2.2.1993, P.M. in proc. Romano, rv.
          193676; Cass. Pen. Sez. III, n. 10125 del 26.11.1996, ud. 16.10.1996, Bormolini ed altro. Rv.
          207712) i geometri non possono progettare o dirigere costruzioni in cemento armato di tipo
          civile, neppure di modesta entità: possono progettare o dirigere costruzioni in cemento
          armato, solo sono costruzioni accessorie di tipo rurale e non presentano particolari
          complessità: la lettera della legge non può lasciar dubbi al riguardo, considerato che l’unica
          disposizione che abilita i geometri alle opere di cemento armato fa riferimento alle
          costruzioni rurali o di industria agricola, mentre la disposizione che riguarda le costruzioni
          civili non menziona assolutamente le opere in cemento armato.
          In questo senso, del resto, è il costante insegnamento della giurisprudenza delle sezioni 
          ivili, secondo cui:
          I geometri, in base alla normativa vigente (R.D. 16.11.1939 n. 2229; legge 5.11.1971 n. 1086
          e legge 2.2.1974 n. 64) non possono progettare costruzioni in cemento armato, salvo che si
          tratti delle piccole costruzioni rurali indicate nell’art. 16 lett. m) del R.D. 11.2.1929 n. 274
          (Cass. Civ. Sez. 2, n. 125 del 4.1.1995, Nanetti c. Vitali, rv. 489548).
          A norma dell’art. 16 lett. m) del R.D. 11 febbraio 1929 n. 274, la competenza dei geometri è
          limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione
          di quelle che comportino l’adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in
          via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo
          articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell’ambito degli edifici rurali o
          destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per
          la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando quindi comunque
          esclusa la suddetta competenza nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in
          cemento armato, la cui progettazione e direzione qualunque ne sia l’importanza è pertanto
          riservata solo agli ingegneri e architetti iscritti nei relativi albi professionali. (Cass. Civ. Sez.
          2, n. 2861 del 2.4.1997, Tonini c. Segatta, rv. 50344. negli stessi termini Cass. Civ. Sez. 2, n.
          5873 del 9.5.2000, Lameri c. Zangrandi, rv. 536295).
          Tanto la progettazione quanto l’esecuzione di opere di conglomerato cementizio, semplice ed
          armato, riservata per legge agli ingegneri ed agli architetti, esulano dalla competenza
          professionale dei geometri, cui è riconosciuta esclusivamente la facoltà (ex art.16 lettera L
          del regolamento di cui al R.D. n. 2229 del 1939) di progettare lavori comportanti l’impiego di
          cemento armato – limitatamente a piccole costruzioni accessorie di edifici rurali ovvero
          adibiti ad uso di industrie agricole – di limitata importanza, di struttura ordinaria e che non
          richiedano, comunque, particolari operazioni di calcolo, tali, in definitiva, da non poter
          comportare, per loro destinazione, pericolo alcuno per l’incolumità delle persone . (Contra,
          Cass. Pen. Sez. 6, n. 93/03673, rv. 193676). (Cass. Civ. Sez. 2, n. 10365 del 22/10/1997,
          magnoli Mercuri c. Calvi, rv. 509103).
          Il R.D. 16 novembre 1939 n. 2229 esclude dalla competenza dei geometri - essendo di
          competenza di architetti ed ingegneri – i progetti di lavori comportanti l’impiego di cemento
          armato. Tale disciplina non è mutata dopo le leggi 5 novembre 1971 n. 1068 sulle opere in
          conglomerato cementizio e 2 febbraio 1974 n. 64 sulle costruzioni in zone sismiche. (Cass.
          Sez. Ci. N. 3046 del 30.3.1999, De Togni c. Serpelloni s.p.a., rv. 524741).
          5 – Infine, anche l’ultimo motivo di ricorso è infondato e va respinto, giacché ai sensi
          dell’ultimo comma dell’art. 7 della legge 47/1985 il giudice che emetta sentenza di condanna
          per un reato previsto dall’art. 20 lett. b) della stessa legge è obbligato a ordinare la
          demolizione dell’opera abusiva "se ancora non sia stata altrimenti eseguita"; ed è pacifico in
          atti, e nella stessa prospettazione del ricorso, che questa circostanza non si era verificata.
          Resta ovviamente salva la possibilità di revocare l’ordine in sede esecutiva, ove
          sopravvengano determinazioni contrarie da parte dell’autorità amministrativa competente
          (che non possono essere accertate in sede di legittimità).
          6 – Consegue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
          Considerato il contenuto dell’impugnazione, non si ritiene di dover irrogare anche la
          sanzione pecuniaria a favore della cassa ammende di cui all’art. 616 c.p.p..
                                                P.Q.M.
               La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
               Così deciso in Roma il 26.9.2000.
               DEPOSITATA IN CANCELLERIA
               IL 6 NOVEMBRE 2000
 

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