I capitolati d’oneri nei contratti
pubblici - Giugno 2009
Di Andrea Cremona Avvocato del Foro di
Piacenza
sommario
1) Generalità; 2) Capitolati
generali e capitolati speciali; 3) La natura giuridica dei capitolati; 4) Le convenzioni
tipo in materia di opere pubbliche.
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1.Generalità.
Fin dal passato, nelle contrattazioni
che prevedevano prestazioni complesse, si enucleò la pratica di predisporre
alcuni documenti, denominati capitoli o capitolati, i quali contenevano
prescrizioni volte a determinare il contenuto dei futuri contratti. Il
precedente storico di questi strumenti dell’autonomia negoziale risale
all’epoca romana e precisamente alla lex locationis ed operis
faciendi. Il loro utilizzo è generalizzato e riguarda tanto le
contrattazioni pubbliche, quanto quelle private.
Da un punto di vista descrittivo, il
fenomeno dei capitolati predisposti dalla PA, presenta aspetti particolari.
Innanzitutto la ragione per cui questi sono detti “d’oneri”
risiede nel fatto che la loro predisposizione fu originariamente finalizzata
ad evitare che i contraenti privati tenessero comportamenti tali da
pregiudicare gli interessi pubblici coinvolti dalla contrattazione, per cui
il capitolato si risolveva in una serie di prescrizioni che imponevano alla
controparte determinati obblighi od oneri, a garanzia della buona esecuzione
del contratto.
Il contenuto del capitolato può essere
amministrativo o tecnico. Nel primo caso esso prevede procedure e formalità
per concludere l’iter
formativo dei singoli contratti con la
PA, le garanzie ed i poteri della stessa, la distribuzione
dei rischi e delle responsabilità fra parte pubblica e parte privata, nonchè
la disciplina degli aspetti contabili. Nel secondo caso, invece, il capitolato stabilisce gli standard qualitativi dei materiali ed
i tempi tecnici di realizzazione dei lavori, individua congegni di sicurezza,
prevede le modalità di esperimentazione di prove e collaudi.
2. Capitolati generali e
capitolati speciali.
La descrizione dei capitolati d’oneri è contenuta
nell’art. 45 del Regolamento generale di contabilità dello Stato, esso
prevede capitolati generali e speciali. I primi “contengono le
prescrizioni che possono applicarsi indistintamente ad un determinato genere
di lavoro, appalto o contratto, e le forme da seguirsi per le gare”; i
secondi “riguardano le condizioni che si riferiscono più
particolarmente all’oggetto
proprio del contratto”.
Da ciò si desume che i capitolati
generali non sono redatti in occasione di un singolo contratto, ma si
riferiscono ad una serie indeterminata di rapporti, in un dato settore: il
regolamento negoziale deve adeguarsi alle loro prescrizioni. I capitolati
speciali, invece, vengono predisposti in occasione del singolo contratto e
divengono parte integrante dello stesso, costituendone uno degli allegati più
importanti.
Per quanto concerne la funzione degli
atti in questione, è stato rilevato che i capitolati generali sono
finalizzati a limitare la discrezionalità della PA, a garantire
l’esatto adempimento degli obblighi del privato ed a realizzare una
certa uniformità compotamentale dell’amministrazione in situazioni
identiche, sia verticalmente, cioè fra organi centrali ed organi periferici,
sia orizzontalmente, cioè fra settori di amministrazione differenti. I
capitolati speciali, invece sono deputati a realizzare una maggiore duttilità
dell’attività contrattuale della PA, anche attraverso deroghe od
integrazioni alle disposizioni dei capitolati generali stessi.
In seguito al citato articolo 45 del
Regolamento di contabilità, le amministrazioni pubbliche hanno adottato vari
capitolati: il più famoso è senz’altro il capitolato generale per i
lavori pubblici. Esso fu adottato con D.P.R. n°1063 del 1962, ma la legge
n°109 del 1994 prevede, all’art. 3, 5° comma, come modificato dalla
recente legge n°216 del 1995, che il Ministro dei lavori pubblici, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici, emani entro sei mesi un nuovo
capitolato generale d’appalto, con le forme di cui all’art. 17
della legge n°400 del 1988, e cioè con le procedure previste per
l’emanazione dei regolamenti.
Accanto a tale capitolato generale,
grande importanza riveste quello per gli appalti del Genio militare,
approvato con R. D. n°366 del 1932 e modificato con R.D. n°1062 del 1937.
Esso deve considerarsi attualmente in vigore, in quanto la citata legge n°216
del 1995 prevede che il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il
Ministro della difesa, emani un regolamento di disciplina delle attività del
Genio militare, il quale, tuttavia, entrerà in vigore a partire dal 1°
gennaio 1996.
La forma di approvazione del capitolato
generale non è sempre quella del
regolamento governativo. Essa fu utilizzata per il capitolato sui
lavori pubblici, ed è prevista espressamente dalla legge n°216 del 1995, in tale ambito di
materia, ma occorre osservare che l’art. 45 del citato Regolamento di
contabilità richiede più semplicemente l’approvazione tramite decreto
ministeriale: ciò è avvenuto in altri settori di contrattazione, come in tema
di forniture alle ferrovie od al provveditorato generale dello Stato.
Per quanto concerne i capitolati
speciali, essi vengono adottati volta
per volta dalla singola amministrazione interessata e vengono successivamente
trasfusi nel singolo contratto. La citata legge n°216 del 1995 prevede
espressamente che ne vengano emanati in materia di restauro di beni di
interesse artistico od architettonico, da parte del Ministro dei lavori
pubblici, di concerto con il Ministro per i beni ambientali e culturali.
3. La natura giuridica
dei capitolati.
Per quanto concerne la natura giuridica
dei capitolati speciali, esiste una generale concordia nel riconoscere agli
stessi natura contrattuale.
Non altrettanto può dirsi, al
contrario, per i capitolati generali, la ricostruzione della cui natura
giuridica oscilla fra opinioni improntate a riconoscere loro una natura
contrattuale ed opinioni volte ad attribuire agli stessi natura normativa. La
risoluzione di quest’ultimo specifico problema è densa di conseguenze
pratiche: affermare infatti la natura contrattuale dei capitolati generali,
significa, in primo luogo, applicare le regole di ermeneutica negoziale
nell’interpretazione delle loro clausole, configurare, in secondo
luogo, un onere di allegazione in capo al privato che abbia interesse ad
ottenerne l’applicazione, e ritenere, in terzo luogo, che, ove ne
ricorrano i presupposti, possano applicarsi gli artt. 1341 e 1342 cod. civ.,
in quanto il capitolato costituirebbe un tipico esempio di condizioni
generalidi contratto. All’opposto, propendere per la loro natura
normativa, significa, in primo luogo, ritenere che il giudice, in base al
principio iura novit curia, debba
conoscere ex officio il capitolato,
applicare, in secondo luogo, le regole di interpretazione delle norme
giuridiche nel ricostruire il significato delle sue clausole e ritenere, in
terzo luogo, ammissibile il ricorso in Cassazione, in caso di violazione e
falsa applicazione od interpretazione del capitolato.
La dottrina è divisa sul punto, anche
se sembra dominante la tesi della natura contrattuale del capitolato
generale. Quest’ultimo assumerebbe una rilevanza esclusivamente
interna, nel senso che verrebbe a vincolare i funzionari allorchè questi si accingano ad intrattenere
rapporti con i privati: questi ultimi dovrebbero essere conclusi in
conformità delle condizioni contenute nel capitolato. I contraenti privati,
invece, verrebbero ad essere vincolati al contenuto di tale atto solo in
conseguenza del consenso espresso nel contratto che ne riproduca il
contenuto, ex art. 99 del Regolamento di contabilità dello Stato (Giannini).
Le ragioni di tale impostazione
risiedono in più di un argomento. In primo luogo la potestà normativa della
PA deve trovare espressa attribuzione ad opera della legge, cosa che
attualmente può essere sostenuta solo per il capitolato generale dei lavori
pubblici, in seguito all’entrata in vigore della legge n°109 del 1994,
come modificata dalla legge n°216 del 1995. Per gli altri capitolati manca
una previsione analoga, posto che essi sono previsti e regolati da una fonte
di carattere secondario, quale è il Regolamento di contabilità più volte
richiamato.
In secondo luogo, inoltre, deve notarsi
che le disposizioni dei capitolati prevedono spesso illeciti, sanzioni e
responsabilità, oltre che norme di carattere processuale e deroghe alla
disciplina del codice civile. Tali previsioni esulano dall’ambito della
potestà normativa secondaria, e rientrano, invece, a pieno titolo
nell’autonomia negoziale.
In terzo luogo, infine, deve osservarsi
che la PA,
quando conclude contratti, agisce iure
privatorum, ponendosi su un piede di parità con il privato, salvo che la
legge espressamente accordi alla stessa posizioni di supremazia speciale.
Per quanto concerne la posizione della
giurisprudenza, invece, essa appare piuttosto oscillante. Il Consiglio di
Stato in sede consultiva ha inizialmente sostenuto la natura normativa dei
capitolati generali, allorchè questi siano adottati con le procedure previste
per l’emanazione di regolamenti (C.d.S. Ad. gen. 27/12/51 n°600). La Corte dei conti ha
sostenuto la medesima opinione (C.d.c. 25/10/56 n°81). Successivamente il
Consiglio di Stato, sempre in sede consultiva, ha disconosciuto la natura
normativa dei capitolati generali, esprimendo forti dubbi in merito alla
categoria di regolamenti cui ascriverli e propendendo per la loro natura
contrattuale (C.d.S. Ad. gen. 26/7/57 n°367).
La stessa Corte di Cassazione, invece,
sembra assestata sulla posizione della natura normativa dei capitolati
adottati con le procedure per l’emanazione dei regolamenti: ciò
significa che essi hanno il valore di norme giuridiche vincolanti non solo
per la PA, ma
anche per il privato che con essa entri in rapporto, ed apparterrebbero alla
categoria dei regolamenti di organizzazione o di quelli indipendenti (Cass
13/2/69 n°494; più recentemente Cass. 9/8/83 n°5319; Cass. 13/1/82 n°178), ma
non mancano tuttavia decisioni in senso opposto (Cass. 29/9/84 n°4832; Cass.
22/5/86 n°3407).
In alcuni casi è stata sostenuta la
natura contrattuale dei capitolati generali allorchè questi siano stati
predisposti da una amministrazione, ma siano utilizzati da altra
amministrazione, oppure allochè siano stati redatti per un certo tipo di
contrattazione, ma vengano in concreto tenuti presenti per contrattazioni di
altro genere: in queste ipotesi le parti pongono in essere un negozio per relationem, in quanto il contenuto
dello stesso viene determinato mediante un rinvio o relatio ad una fonte esterna, costituita, appunto, da un
capitolato alla cui predisposizione esse non hanno partecipato. Per tale via le prescrizioni dello stesso si
trasfondono nel contratto per atto di volontà delle parti, e non a causa
della sua pretesa efficacia normativa (Cass. 8/8/92 n°9392; Cass. 26/9/90
n°9753). Altri casi in cui dovrebbe
riconoscersi natura contrattuale al capitolato generale sono costituiti da
quelli in cui la predisposizione di un capitolato generale avvenga ad opera
di un ente sfornito di potestà regolamentare (Cass. 7/7/87 n°5891).
4. Le convenzioni tipo
in materia di concessione di opera pubblica.
Le figure più importanti di concessione
di opera pubblica sono disciplinate da convenzioni tipo, alcune delle quali
sono adottate sulla base di leggi che ne prevedono la predisposizione. Si
pensi, ad esempio alla legge n°80 del 1987, in materia di
accellerazione dell’esecuzione di opere pubbliche, od alla legge n°412
del 1975, in
materia di edilizia scolastica, non modificate, quanto a tali aspetti, dalla
legge n°109 del 1994 e dalla successiva legge n°216 del 1995. In analogia a
quanto previsto dal capitolato generale sui lavori pubblici, gran parte delle
convenzioni tipo in esame prevedono che le controversie insorgenti fra PA e
privato nell’esecuzione del rapporto di concessione, siano devolute ad
arbitri.
In materia di concessione di opera
pubblica, tuttavia, deve segnalarsi che la giurisprudenza dominante afferma
da tempo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi
dell’art. 5 della legge n°1034 del 1971 (cfr. da ultima Cass. s.u.
10/12/93 n°12166). A ciò deve aggiungersi la considerazione che concordemente
si esclude la deferibilità ad arbitri delle controversie sottoposte alla
giurisdizione di tale giudice, per due ordini di ragioni. Innanzitutto gli
interessi legittimi non sono posizioni giuridiche disponibili, ai sensi
dell’art. 806 cod. proc. civ., in quanto, essendo correlati ad un
interesse pubblico, sfuggono al potere dispositivo della PA. In secondo luogo
l’arbitro, al pari del giudice ordinario è sfornito del potere di
sindacato e di annullamento degli atti amministrativi viziati (Cass. 4/7/81
n°4360). Occorre, dunque, coordinare le disposizioni di cui alle convenzioni
tipo in esame con l’orientamento giurisprudenziale segnalato.
Ove l’arbitrato venisse previsto
dalla convenzione tipo autonomamente, e cioè senza una espressa previsione di
siffatta facoltà, da parte della legge che ne prevede la predisposizione,
tale previsione sarebbe legittima solo per quanto concerne la materia delle
indennità, canoni e corrispettivi, dato che si tratta di aspetti sottratti
alla giurisdizione dell’A.G.A. e rientranti nella sfera di competenze
dell’A.G.O. Limitatamente alle fattispecie indicate, non si determina,
pertanto, un contrasto fra la previsione dell’arbitrato ed il disposto
dell’art. 806 cod. proc. civ., che esige la piena disponibilità delle
posizioni giuridiche, al fine di un legittimo deferimento ad arbitri delle
controversie.
Ove invece l’arbitrato venisse
previsto dalla convenzione tipo non autonomamente, ma sulla base
dell’espressa attibuzione di siffatta facoltà da parte della legge che
ne prevede il ricorso, l’ampiezza dell’arbitrato non subirebbe
compressioni. La legge in questione, infatti, nell’autorizzare la PA ad introdurre arbitrati
anche in materie affidate alla giurisdizione del giudice amministrativo,
verrebbe a porsi come deroga al disposto di cui all’art. 806 cod. proc.
civ. (Cass. s.u. 3/12/91 n°12966). Si tratterebbe, in altri termini, di una
normativa derogatoria che, senza incidere sulla disciplina generale, anzi
lasciandola in vita, si sustituisce ad essa, in relazione a casi determinati.
I risultati in questione sembrano del
resto in linea con la giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale, in
materia di arbitrato, non ha mai affermato l’esistenza di un principio
costituzionale che deponga nel senso della non sottoponibilità ad arbitri
delle controversie appartenenti al giudice amministrativo. In materia di
arbitrato nelle controversie in cui sia parte la PA, la Corte si è pronunziata
limitatamente al fine di sancire l’illegittimità costituzionale delle
leggi che introducano forme di arbitrato obbligatorio (C. cost. 14/7/77 n°127).
Bibliografia
essenziale
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di diritto amministrativo” Napoli 1989;
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diritto amministrativo” Padova 1994;
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amministrativo” Milano 1988;
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amministrativo” Milano 1992;
Cianflone:
“L’appalto di opere pubbliche” Milano 1993;
Santaniello: “I
capitolati d’oneri” in Trattato di diritto amministrativo Padova
1988;
Stella Richter:
“Condizioni generali di contratto, capitolati d’oneri e negozio per relationem” in G. civ. 1993,
I, 1879;
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nelle controversie devolute alla giurisdizione del G.A.” in Riv. giur.
arb. 1992, 447;
Cannada Bartoli:
“Lodo arbitrale e capitolato generale dei lavori pubblici” in
Riv. giur. arb. 1992, 209.
Giurisprudenza
C. cost. 14/7/77 n°127 in Le
nuove leggi civ. comm., 563;
Cass s.u. 3/12/91 n°12966 in
Riv. giur. arb. 1992, 447
Cass. s.u. 10/12/93 n°12166 in
Corr. giur. 1994, 599;
Cass. 13/2/69 n°494 in Mass.
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Cass. 4/7/81 n°4360 in Foro it. 1981, I,
1860;
Cass. 13/1/82 n°178 in Mass. Giust. civ. 1982, 78;
Cass.
9/8/83 n°5319 in Arch. giur. OO. PP. 1983, II, 638;
Cass.
29/9/84 n°4832 in Riv. dir. comm. 1985, II, 75;
Cass. 22/5/86 n°3407 in Giur. it. 1987, I, 1,
1264;
Cass. 7/7/87 n°5891 in Mass. Giust: civ. 1987, 516;
Cass. 26/9/90 n°9753 in Arch. giur. OO.PP.
1990, II, 621;
Cass. 9/8/92 n°9392 in Giust.
civ. 1993, I, 1878;
C.d.S. Ad. gen. 27/12/51 n°600 in Giur. comp.
C.d.S. 1952, 101;
C.d.S. Ad. gen. 26/7/57 n°367 in Riv. giur.
ed. 1958, 430;
C.d.c. 25/10/56 n°81 in Foro amm. 56, II,
123.
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