Dottrina

 

Litiscorzio necessario e procedure concorsuali nei settori privatizzati del pubblico impiego, di Mauro Massimo Donno

 

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO

                                      SEZIONE LAVORO

 

Reclamo ex art. 669 terdecies

(contro l’ordinanza emessa nell’ambito della causa iscritta al n. ….)

 

 

Il Collegio

Letti gli atti e i documenti della causa iscritta al n……pendente tra

 

Ministero della giustizia- ufficio centrale degli archivi notarili

 

e

 

Danese Eugenio

 

Sciogliendo la riserva assunta in data;

rileva:

 

IN FATTO

 

D. E. aveva adito il Tribunale di Milano deducendoche era stato bandito un concorso per la copertura di alcuni posti vacanti e tra questi uno presso i servizi ausiliari e di anticamera di Termini Imerese.

         Aveva rilevato che l’amministrazione aveva destinato a quell’ufficio la collega E. G., in quanto aveva escluso dal computo del D. i due punti cui avrebbe avuto diritto per il coniuge a carico, sul presupposto della valutazione  - errata – del reddito del coniuge per l’anno 1999 invece che per il solo 2000.

         Aveva pertanto concluso chiedendo in via cautelare di ordinare all’Amministrazione di porlo in al primo posto della graduatoria dei trasferimenti di cui alla circolare 1.2.2000 disponendo la sua immediata applicazione al posto disponibile di addetto ai servizi ausiliari e di anticamera presso l’archivio notarile di Termini Imerese.

         La convenuta, costituitasi in giudizio, aveva concluso per il rigetto del ricorso.

         Il Tribunale, quale Giudice unico, con provvedimento in data 17.7.00 ha accolto il ricorso disponendo l’applicazione in via provvisoria del danese presso l’archivio notarile di Termini Imerese.

         Con il presente ricorso il Ministero della giustizia chiede la revoca della suddetta ordinanza cautelare rilevando la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di G. E., e, nel merito, l’insussistenza del diritto del D..

         Il convenuto D. E. si è costituito contestando le deduzioni e domande avversarie e ha concluso per il loro rigetto.

         Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, il collegio ha invitato i procuratori alla discussione orale; quindi si è riservato di decidere.

 

IN DIRITTO

1)

Preliminarmente si deve escludere che nella fattispecie in esame ricorra un’ipotesi di litisconsorzio necessario, che renda indispensabile la partecipazione al giudizio cautelare della dipendente Giglio.

         Il litisconsorzio è necessario quando “la decisione non può che pronunciarsi che in confronto di più parti”

Nel caso di specie la pronuncia – cioè l’ordine di assegnare il ricorrente alla sede di Termini Imerese – esplica i suoi effetti diretti nei confronti del Ministero destinatario dell’ordine e solo effetti riflessi verrebbero subiti dalla dipendente Giglio, la quale in ogni caso – se avesse ritenuto di utilmente far valere i propri diritti – ben avrebbe potuto partecipare all giudizio, proponendo intervento.

 

2)

Nel merito, il reclamo va respinto ed il provvedimento giudiziale va pertanto confermato.

Ritiene tuttavia il collegio che le ragioni di fondatezza della domanda del D. vadano individuate direttamente nell’accordo 18.3.98 relativo ai criteri di mobilità del personale ( cfr circolare n.942 del 3.4.98 sub doc. 2 Danese che contiene il suddetto accordo) accordo che – espressamente richiamato nel bando di concorso – costituisce pertanto la normativa di riferimento in materia di trasferimenti sulla base della quale il Ministero ha deciso di autolimitare la propria discrezionalità.

Quell’accordo, all’art. 9, riconosce il diritto a due punti per il coniuge carico; ma è l’art. 12 – che reca la rubrica “documentazione da allegare alla domanda” – che chiarisce quando il dipendente può affermarsi in possesso del titolo che dà diritto al relativo punteggio.

Ebbene, il punto 4 dell’art. 12 recita ”la posizione di familiare a carico è dimostrata con la produzione dell’ultimo prospetto paga, dal quale risulti la relativa detrazione d’imposta"; e dal prospetto paga prodotto si evince che la moglie del Danese era effettivamente a suo carico.

Sicchè nessuna rilevanza assume la normativa fiscale in materia, anche per l’evidente ragione che si reputa l’amministrazione abbia fatto le proprie valutazioni in ordine alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento del carico di famiglia già al momento della confezione della busta paga al fine della indicazione delle relative detrazioni fiscali.

Il reclamo va pertanto respinto.

Spese al definitivo

 

 

                                      PQM

 

                                  RIGETTA

Il reclamo ; spese al definitivo

 

 

                                      MANDA

la cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite.

 

Milano, 9.8.00

 

Il Presidente                                                         Il Giudice relatore

Dr. Santosuosso                                                  Dr. R. Atanasio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Litiscorzio necessario e procedure concorsuali nei settori privatizzati del pubblico impiego.

 

di Mauro Massimo Donno

 

1. Premesse generali. – 2. Il controinteressato nel processo amministrativo. – 3. Il litisconsorzio necessario ex art. 102  c.p.c. – 4. Considerazioni finali e giurisprudenza della Cassazione in materia.

 

 

 

1. Premesse generali.

 

Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano ha respinto il reclamo  proposto dal  resistente Ministero della Giustizia-Ufficio centrale degli archivi notarili contro l’ordinanza cautelare ex art. 700 c.p.c. proposta da un dipendente.

Il ricorrente si lamentava in via cautelare per aver l’amministrazione, interpretando scorrettamente la contrattazione collettiva vigente in materia di assegnazione di punti ai fini concorsuali, destinato una collega al posto vacante

presso i servizi ausiliari di Termini Imerese, anziché il ricorrente stesso.

La pubblica amministrazione resisteva chiedendo, in via preliminare, la revoca dell’ordinanza cautelare di primo grado, a causa della mancata integrazione del contradditorio con la chiamata in causa del dipendente vincitore del concorso quale litisconsorte necessario ex art. 102 c.p.c.

La pronuncia si rivela interessante in quanto si cercano di risolvere problemi di natura processuale nel settore del pubblico impiego ormai privatizzato, coordinando le disposizioni del processo amministrativo – ed in particolare l’obbligo di notifica del ricorrente ad almeno uno dei controinteressati al provvedimento della P.A., ex art. 21 L. TAR  e art. 26 T.U. C.d.S.- con quelle proprie del codice di procedura civile,  in particolare quelle relative al litisconsorzio necessario, ormai direttamente applicabile nelle controversie del pubblico impiego devolute alla giurisdizione ordinaria.

 

2. Il controinteressato nel processo amministrativo.

 

Ai sensi dell’art. 21 L. TAR, così come modificata dalla L. 21.7.2000, “il ricorso deve essere notificato tanto all’organo che ha impugnato quanto ai controinteressati ai quali l’atto direttamente si riferisce, o ad almeno ad alcuno tra essi…”. Anche l’art. 36 T.U. C.d.S. prescrive che  “il ricorso deve essere,….notificato tanto alla autorità dalla quale è emanato l’atto o il provvedimento impugnato, quanto alle persone alle quali l’atto o il provvedimento direttamente si riferisce”.

Nel processo amministrativo la mancata notifica al controinteressato produce l’inammisibilità del ricorso. Resta tuttavia da stabilire come individuare il soggetto che abbia un interesse contrario a quello del ricorrente, e che qualità esso assuma – di parte o semplicemente di terzo – una volta chiamato nel processo così instaurato.

Per quanto riguarda il primo aspetto, la giurisprudenza ha alternato pronunce in cui prevaleva il richiamo ad un criterio cosidetto “formale”, in cui sono individuati come controinteressati i soggetti cui l’atto amministrativo direttamente si riferisce, o che comunque sono nominati dall’atto stesso, ed il criterio “sostanziale”, in cui gli stessi sono i soggetti anche non designati dall’atto, ma facilmente individuabili dal ricorrente , ed idonei ad apparire subito come immediati controinteressati al ricorso” (1).

 La giurisprudenza, nel richiamare l’uno o l’altro dei due criteri, è mossa dall’esigenza di contemperare due interessi contrapposti: da una parte permettere, a chi possa subire un pregiudizio dall’annullamento dell’atto, di partecipare al processo per far valere le proprie ragioni in contrasto con quelle del ricorrente. Parimenti non può trascurarsi l’interesse del ricorrente a non essere gravato da eccessivi oneri nella proposizione del ricorso, disponendo la notifica a controinteressati che spesso non sono facilmente individuabili, se non nominati dall’atto.

La legge TAR, tenendo conto di questo problema, prescrive infatti che sia disposta la notifica del ricorso ai controinteressati “o ad almeno alcuno tra essi”, proprio a causa delle difficoltà che possono sorgere in concreto per il ricorrente nell’individuazione degli stessi, ed evitare che la notifica a tutti i controinteressati possa render troppo gravoso l’esercizio dell’azione.

Da qui la prudenza con cui la giurisprudenza si è allontanata dal criterio “formale”, ritenendo controinteressato anche chi non risulti nominato dall’atto solo nel caso in cui lo stesso sia di facile e pronta individuazione per il ricorrente.

Per quanto riguarda la qualità assunta dal controinteressato nel processo amministrativo – se di parte o di terzo -, autorevole dottrina (2 ) sostiene che nel tipico processo amministrativo – che è processo di impugnazione dell’atto da parte di un soggetto leso in suo interesse legittimo -, il controinteressato non può mai essere parte ma solamente terzo. Nel processo di annullamento dell’atto i rapporti tra ricorrente e controinteressato risultano diversi e distinti. Entrambi richiedono all’amministrazione il corretto uso del pubblico potere , ma solo in via indiretta la richiesta del ricorrente può nuocere al controinteressato, perché la soddisfazione del suo interesse, che è stato leso dall’atto, solo eventualmente si può riflettere negativamente su di un contrario interesse altrui.

La domanda del ricorrente è diretta contro l’amministrazione, non contro altro

 soggetto, che perciò non può essere qualificato parte in senso sostanziale.

Tale qualificazione spetta invece a tutti coloro che siano parti strutturalmente necessarie del processo, cioè coloro contro cui la domanda è rivolta, perché titolari del rapporto di cui si controverte.

E’ da sottolineare che, ad avviso di questa dottrina, è necessaria la chiamata del controinteressato nel processo amministrativo tutte le volte in cui l’amministrazione abbia preso in considerazione, per differenziarle fra loro, le posizioni giuridiche di diversi soggetti, ponendosi l’atto amministrativo come frutto di una comparazione tra più interessi in contrasto tra loro, ma che comunque devono essere valutati da un provvedimento discrezionale dell’amministrazione.

Laddove invece si controverta su di un diritto soggettivo leso dal pubblico potere, tutelato in sede di giurisdizione esclusiva davanti al giudice amministrativo, tale necessità non sussiste, non richiedendo il ricorrente all’amministrazione una attività comparativa dei diversi interessi, ma unicamente la riaffermazione del diritto soggettivo che è stato violato. In questo caso non può ritenersi esistente alcun controinteressato.

 

3.Il litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c.

 

Le conclusioni sopra accennate vanno comunque  coordinate con quanto previsto dall’art. 102 c.p.c, in considerazione del fatto che le controversie sul  pubblico impiego, già soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sono ormai quasi completamente devolute alla cognizione del giudice ordinario, le cui regole processuali direttamente si applicano.

L’art. 102 c.p.c., che disciplina il litisconsorzio necessario nel processo civile, applicabile al caso di specie, stabilisce che  “ se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di queste, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito”.

Lo studio dell’istituto del litisconsorzio necessario ha lo scopo  individuare la legittimazione ad agire e a contraddire, per stabilire quali soggetti debbano essere necessariamente presenti nel processo civile.

Il litisconsorzio necessario, secondo la classica definizione del Redenti (3) si ha tutte le volte in cui debba essere pronunciato un giudizio unico con pluralità di parti, nel quale da più o contro più soggetti si chiede all’organo giurisdizionale la pronuncia di un provvedimento giuridicamente e logicamente unico. La sentenza pronunciata contro soltanto alcune delle parti sarebbe perciò “inutiliter data”, in quanto non potrebbe spiegare i suoi effetti su alcune soltanto delle parti, laddove la legge prescrive una regolamentazione dell’intera situazione sostanziale.

Perciò dovrà ritenersi sussistente il litisconsorzio necessario, con conseguente impossibilità di pronunciare una sentenza inter pauciores, tutte le volte in cui si controverta dell’esistenza di rapporti giuridici unici con pluralità di parti o di situazioni comunque plurisoggettive, da cui discende l’inscindibilità del processo. Resta da stabilire quando può dirsi che siamo in presenza di un rapporto giuridico unico e inscindibile tra più parti.

Secondo l’opinione della più recente dottrina (4), poiché la sentenza vincola coloro che hanno partecipato al giudizio e non i terzi, si può parlare di necessità di un unico processo e di un'unica pronuncia tutte le volte che, in relazione al petitum richiesto, colui che ha proposto il giudizio avrà interesse ad ottenere un provvedimento, idoneo a fargli conseguire quanto gli spetti in base al diritto sostanziale, nei confronti di una pluralità di soggetti. Solo così la pronuncia giurisdizionale  potrà essere per lui “utiliter data”.

Secondo altra autorevole dottrina, il litisconsorzio necessario risponde unicamente ad esigenze di convenienza ed opportunità del sistema processuale, per cui tutte le volte che oggetto della lite sia un rapporto giuridico facente capo a più persone, la sentenza  non può che valere per tutti i cointeressati o rimanere inefficace per tutti costoro. Parti necessarie dei giudizi relativi a rapporti plurilaterali sono tutti i compartecipi del rapporto sostanziale, poiché sono tutti colpiti dall’efficacia del giudicato. In questi casi l’ordinamento impone una statuizione unica ed identica per tutti i compartecipi (5.).

Ulteriore elemento per valutare la necessità o meno del litisconsorzio nel processo civile è il  tipo di sentenza richiesta. Escluso dalla giurisprudenza, eccettuati alcuni casi particolari, nei giudizi aventi ad oggetto pronunce di accertamento, poiché “la dichiarazione come tale ha sempre importanza per chi ha partecipato al giudizio”(6), il litisconsorzio necessario trova applicazione soprattutto nelle sentenze costitutive, modificative o estintive di situazioni plurisoggettive. Quando siano richieste invece sentenze di condanna, attesa la struttura tipicamente bilaterale di questo tipo di processi, la necessità del litisconsorzio sarebbe relazionata non tanto dalla unità o inscindibilità del provvedimento, quanto alla pratica utilità dello stesso per chi propone l’azione, nel caso in cui sia necessaria un esecuzione contestuale nei confronti di tutti i soggetti interessati (7). L’utilità in questione sarebbe perciò ancorata ad  una valutazione sulla probabilità di cooperazione all’adempimento del soggetto pretermesso (8).

 

4. Considerazioni finali e giurisprudenza della Cassazione in materia.

 

Ritornando all’ordinanza del Tribunale del Lavoro di Milano in oggetto, essa ha escluso la sussistenza di un litisconsorzio necessario poiché una pronuncia nei confronti del solo ricorrente non sarebbe stata “inutiliter data”, ben potendo il giudice del lavoro applicare direttamente la contrattazione collettiva vigente, disattesa dall’amministrazione resistente.

Tale contrattazione collettiva, nel momento in cui prevede l’assegnazione di un determinato punteggio ai fini concorsuali nel caso ne sussistano i presupposti di fatto e di diritto, secondo l’interpretazione prospettata nel caso di specie, fa sorgere un vero e proprio diritto soggettivo a favore del dipendente, che non passa attraverso alcuna attività discrezionale o comparativa della pubblica amministrazione. La pronuncia poi, cioè l’ordine di assegnare il dipendente escluso dall’amministrazione al posto resosi vacante, esplicherebbe i suoi effetti direttamente sulla amministrazione stessa, e solo indirettamente sul concorrente originariamente vincitore del concorso.

Ad avviso del Tribunale perciò, non sussiste nel caso di specie alcun litisconsorzio necessario, per cui è  legittimamente instaurato il giudizio tra dipendente escluso e Pubblica Amministrazione, senza necessità di integrare il contradditorio col concorrente pretermesso.

Si possono rinvenire tuttavia alcune pronunce della giurisprudenza della Corte di Cassazione in senso contrario.

La Cass. Civ. 20.6.90 n. 6184 (9), intervenendo su un caso analogo in materia di procedure concorsuali all’interno di una azienda privata, ha stabilito che sussiste il litisconsorzio necessario tutte le volte che l’azione del candidato escluso chieda l’accertamento e la pronuncia in ordine alla illegittimità della graduatoria finale dalla quale fa discendere il proprio diritto ad essere incluso nella graduatoria stessa. In tal caso il litisconsorzio necessario discende dalla evidente considerazione che la pronuncia di illegittimità della graduatoria non potrebbe in alcun caso avere efficacia nei confronti di tutti i soggetti interessati, senza che gli stessi abbiano partecipato al giudizio per contraddire le ragione del ricorrente, restando altrimenti la pronuncia di invalidità del concorso una “res inter alios acta”, improduttiva di effetti giuridici. Il litisconsorzio sussiste nei confronti dei vincitori del concorso, poiché vi è necessità di reiterare la comparazione, e ciò sia che si consideri l’obbligazione a struttura collettiva, sia che si ritenga l’obbligazione a struttura congiuntiva, sia se si ponga l’accento sulla plurilateralità del rapporto. Sempre ad avviso di tale indirizzo giurisprudenziale, diverso sarebbe stato il caso in cui la norma contrattuale avesse stabilito che il possesso di determinati requisiti conferisce automaticamente al dipendente il diritto alla progressione ad una qualifica superiore, perché in tal caso non si impone alcun esame comparativo e la avvenuta nomina di un altro dipendente non esclude quella del ricorrente. Ma quando non risulti contrattualmente prestabilito, se non di massima e comparativamente, quali sono i requisiti per la progressione, ciò che si impone è la valutazione comparativa di tutti i dipendenti che hanno i requisiti in questione. Tale esame non può compiersi perciò in assenza del dipendente vincitore del concorso, poiché altrimenti la pronuncia sarebbe improduttiva di effetti nei suoi confronti ed anche nei confronti del ricorrente, posto che non avrebbe senso un esame comparativo tra i titoli di due soggetti di cui uno estraneo al processo e già promosso nella procedura concorsuale. Né il ricorrente potrebbe comunque conseguire la stessa qualifica senza tale esame, nel momento in cui non si tratta di una progressione automatica della qualifica stessa ma si versa in ipotesi di progressione a scelta.

Sulla stessa posizione si tiene  Cass. Civ. sez. lavoro, 21.2.1992 n. 2149 (10), la quale ha stabilito che la domanda volta a far dichiarare, in base alla disciplina del rapporto , il diritto a ricoprire un posto resosi vacante deve essere proposta nei confronti del datore di lavoro e del dipendente al quale, in riferimento alla stessa disciplina, il posto sia stato assegnato. Ha luogo in questi casi un litisconsorzio necessario.

Tale disciplina, ad avviso della Cassazione citata,  si spiega sia considerando il fatto che le pretese di più dipendenti al medesimo posto resosi vacante sono fondate su un unico titolo, quale è la contrattazione collettiva; sia perché la norma collettiva, sovrapponendosi ai contratti individuali di lavoro, introduce elementi di interdipendenza, plurilaterali. La copertura arbitraria di un posto, se operata attraverso un negozio bilaterale modificativo del singolo rapporto, costituisce inadempimento di entrambi i soggetti del rapporto ad un obbligo sorto nei confronti dell’avente diritto. La pretesa all’adempimento non può quindi trovare compiuta attuazione senza un negozio modificativo che elimini gli effetti del precedente, e cioè un comportamento congiunto dei soggetti inadempienti.

 

1. Paleologo, L’appello al Consiglio di Stato, p.441.

2. Corletto, La tutela dei terzi nel processo amministrativo, pag. 142 e ss.

3. Voce “Il Litisconsorzio necessario” del Digesto- discipline privatistiche

4. Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, p.256-257

5. Menechini, il processo litisconsortile, p. 527 e ss.

6. Chiovenda, sul litisconsorzio necessario, p.437

7. Costantino, op. cit. p. 349

8. Digesto, voce cit., pag. 49

9   Foro Italiano, 1990, I, pag.2187

10. Mass, 1992, pag.

 
 

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