Dottrina

 
L’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio, dell’Avv. Tania Guerra del Foro di Forlì

 

 

 

La  materia dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte di stranieri, sta incontrando, negli ultimi anni, notevole rilievo, soprattutto in ordine alla problematica dell’acquisto della cittadinanza da parte di coniuge straniero di cittadino italiano.

Si tratta, in particolare, dei tanti casi di domanda di cittadinanza presentata  ex art. 5 della l. 91/92.

La legge in parola prevedeva, prima della riforma ex l. 94/09, che il coniuge straniero o apolide, di cittadino italiano acquistasse la cittadinanza quando avesse risieduto legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, qualora non vi fosse stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e non sussistendo separazione legale.

Nel vigore della vecchia normativa, quindi, il coniuge straniero di cittadino italiano poteva presentare l’istanza di concessione di cittadinanza italiana se residente nel territorio italiano da almeno 6 mesi o dopo tre anni dal matrimonio, se non sussisteva scioglimento, cessazione degli effetti civili o annullamento dello stesso vincolo matrimoniale.

Ciò, nella sostanza, si traduceva nella  possibilità di presentare la domanda dopo 6 mesi di residenza nel territorio italiano in assenza di scioglimento, separazione, annullamento dello stesso, al momento di presentazione della domanda.

L’avvento della L 94/09 ha comportato l’innegabile modifica della previsione dell’art. 5, nell’ottica di un inasprimento della normativa in tema di concessione della cittadinanza, al fine evidente di reprimere le sempre più numerose ipotesi di richiesta di cittadinanza italiana fondata su rapporti matrimoniali di mera facciata, destinati  a cadere al momento di concessione del beneficio.

In tal senso la sopra citata 94/09 ha comportato una significativa modifica dell’art. 5 della L. 91/92 prevedendo che “Il coniuge straniero o apolide di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni  nel territorio della Repubblica, oppure dopo 3 anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’art. 7 comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussiste la separazione personale dei coniugi”.   

La norma è facilmente interpretabile nel senso che, dall’entrata in vigore della l. 94/09, non sia più sufficiente non avere ottenuto una separazione, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio al momento della presentazione del’istanza, bensì occorra – ai fini dell’ottenimento del beneficio-che non sussista separazione, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio al momento “dell’adozione del decreto di cui all’art. 7 comma 1” (scil. decreto di concessione della cittadinanza italiana).

 E’ di tutta evidenza come non sussistano problemi, anche di natura interpretativa, in ordine all’applicazione della nuova previsione legislativa alle domande presentate dopo l’entrata in vigore della L. 94/09 (08/08/2009).

La questione di maggior rilievo si pone, invece, proprio per le domande già presentate e pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa.

Pur in presenza di norma non dichiaratamente retroattiva- disposizioni contenute nella 94/09- con circolare del Ministero dell’Interno 06/08/2009- Istanze per matrimonio- punto A- si è  stabilito che “alle istanze già presentate ed ancora in istruttoria per le quali, alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni normative introdotte dalla legge n. 94/2009, risulti decorso il termine biennale per la conclusione del procedimento (art. 8 comma 2 della legge n. 91/92), deve essere applicata la normativa vigente al momento della presentazione della domanda, essendo già maturata la posizione di diritto soggettivo dell’istante”.

Per le istanze, già presentate e per le quali non si era compiuto il termine biennale, invece, alla luce di quanto sopra s’impone- nell’ottica della circolare e nella prassi del Ministero dell’Interno- il rigetto della domanda.

Si tratta di una soluzione- a giudizio di chi scrive- palesemente illogica ed irrazionale, destinata a demandare la disciplina della materia ad una circolare ministeriale –fonte subordinata alla legge, nonché tale da aver determinato- nella prassi della PA- un  progressivo rigetto delle istanze di cittadinanza già presentate di cui sopra.

In questo panorama, degna di rilievo è la decisione del  TAR VENEZIA VENETO SEZ. III, 03/11/2010 n. 5906, la quale, affrontando il caso di un ricorso avverso il provvedimento prefettizio declaratorio di inammissibilità dell’istanza presentata dalla cittadina straniera ex art. 5 l. 91/92 per mancato decorso del termine biennale (in luogo di quello previgente di sei mesi) previsto dall’art. 1 comma 11 della l. 94/09 che ha sostituto l’art. 5 della l. 91/92, afferma alcuni principi  giurisprudenziali innovativi e degni di notazione.

In primo luogo viene sancita la competenza territoriale del TAR locale, sulla base della considerazione secondo cui “si ritiene di prestare adesione ad una recente pronuncia resa dal Consiglio di Stato Sez. VI, con ordinanza 3059/17/05/ 2010, in base alla quale, in un caso analogo, ai soli fini della competenza territoriale si è affermato che non rientra nella competenza del TAR LAZIO, ma di quella del tribunale territoriale, la controversia avverso l’atto col quale il Prefetto dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della cittadinanza, posto che tal atto non è equiparabile ad un diniego e solo il diniego emanato da un organo centrale dello Stato è idoneo ad incidere sullo status del soggetto interessato con efficacia erga omnes, ed ha efficacia su tutto il territorio nazionale”.

In secondo luogo il TAR afferma l’innegabile natura di diritto soggettivo all’emanazione del decreto facente capo allo straniero che formuli una domanda di cittadinanza italiana ex art. 5 l 91/92.

 La posizione soggettiva di cui sopra sarebbe, invece, destinata ad affievolirsi solo in presenza di un potere discrezionale della Pa, esercitabile in ordine alla verifica della sussistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a detto acquisto e che, nel caso di richiesta di cittadinanza ex art. 5 della l 91/92,  sarebbero ravvisabili  nelle sole ipotesi ostative alla concessione del beneficio di cui all’art. 6 comma 1 lett c. della legge 91/92.

La decisione termina con l’affermazione della giurisdizione del GO in materia.

Di analogo pregio ritengo sia anche la decisione di cui al TAR per la Lombardia Brescia, sent. 16/06/2010 n. 2321, la quale si segnala quale una delle prime pronunce, se non la prima in assoluto, che affronta la questione relativa all’impugnazione di decreto prefettizio declaratorio di inammissibilità della richiesta di concessione della cittadinanza, in quanto la domanda era stata presentata nel vigore della vecchia legge, ma nelle more era entrata in vigore la l. 94/09 la cui applicazione- in aggancio ai dettami della circolare Ministeriale sopra citata- aveva determinato il rigetto dell’istanza in parola.

Il TAR BRESCIA coraggiosamente afferma la palese violazione del principio del tempus regit actum perpetrata attraverso l’applicazione retroattiva di una norma – quella contenuta nella l. 94/09-

 che, di fatto, non lo è.

Lo stesso TAR precisa testualmente che “ in conformità del principio tempus regit actum alla presente fattispecie- domanda di cittadinanza presentata in data 13.06.2008 e, quindi, prima dell’entrata in vigore della l. 94/09-  debba applicarsi la fattispecie di cui all’art.5 della legge 91/92- nella formulazione previgente, ovvero  ante modifica della 94/09- la cui norma consente l’acquisto della cittadinanza al coniuge di cittadino italiano quando risiede legalmente da almeno 6 mesi nel territorio della Repubblica”.

Accertato il requisito della presenza, nel territorio italiano dell’istante da oltre sei mesi al momento della domanda, il TAR ha accolto il ricorso.

Si tratta di un’apertura di grande rilievo,  limitata unicamente dalla natura di sentenza semplificata, la quale offre una ristretta motivazione, ma destinata, ad avviso di chi scrive, a creare un importante precedente nel panorama contemporaneo in materia.

 

 

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