sezione
diretta dall'Avv. Marinella Montanari
Consiglio di stato, sez. V, 15 novembre 2010 , n. 8040, sulla giurisdizione del G.A. in
caso di concessione di piscina comunale
La società Intersport s.a.s.
assumeva in gestione la piscina comunale del Comune di Lacchiarella
in forza di una delibera della Giunta Comunale
datata 21.09.1993, n. 456. Il rapporto veniva
rinnovato dall'amministrazione, dapprima, con delibera della Giunta Comunale
datata 21 luglio 1995 n. 548 per il periodo compreso tra il giorno 01.09.1995
e il giorno 31.08.1997, poi, con delibera della Giunta Comunale datata
22.07.1997 n. 388, per il periodo compreso il giorno 01.09.1997 ed il giorno
31.08.1999.
Successivamente, con delibera del Consiglio Comunale
datata 29.05.1998 n. 31, l'amministrazione
deliberava di "integrare e modificare la convenzione già esistente per
la gestione della piscina comunale con la società Intersport di Pavia alle
condizioni tutte indicate nello schema di convenzione " allegato alla
delibera medesima, stabilendo la durata del rapporto in cinque anni e
"precisamente dal momento della sottoscrizione del contratto fino al
dicembre 2003".
In data 18.07.2000, con deliberazione n. 210, la Giunta Comunale
deliberava di affidare alla società Intersport s.a.s.,
sulla base di un allegato schema di convenzione, i
servizi per la gestione della piscina estiva comunale per il periodo compreso
tra il 22.07.2000 e il 10.09.2000, richiamando nelle premesse la deliberazione
n. 31 del 29.05.1998 di approvazione della convenzione per la gestione degli
impianti natatori.
Con delibera n. 316 del 14.11.2000, la Giunta Comunale
deliberava di "dichiarare risolto il contratto sottoscritto il 29 giugno
1998" con la società Intersport relativo alla gestione dell'impianto
natatorio comunale, fissando la data del 31 dicembre 2000 per la riconsegna
dell'impianto sportivo da parte della società.
Nella motivazione la delibera n. 316, oltre a richiamare la deliberazione n.
31 del 29.05.1998, considerava che dalla stagione 1998 /1999 la gestione
della piscina non era proseguita secondo le regole
del contratto del 29.06.1998, ma secondo quelle del precedente contratto,
precisando che tale situazione non risulta "da atti formali" ma
dall'esame del contratto del 1998.
In particolare, l'amministrazione considerava che le spese erano
state suddivise tra le parti secondo la precedente determinazione,
mentre alcune forniture previste per i mesi di ottobre 1998 e aprile 1999 a carico della società
Intersport s.a.s. non erano state effettuate,
precisando però che "né il Comune le ha potute pretendere a causa del
protrarsi dei lavori della piscina scoperta" e per tale ragione neppure
si era potuto procedere agli "ammortamenti tecnici".
Inoltre, specificava che i lavori relativi alla
piscina scoperta erano stati completati nel giugno del 2000, aggiungendo che
per la gestione degli stessi le parti avevano elaborato un contratto
"nuovo e diverso (deliberazione della Giunta Comunale n. 210 del
21.07.2000) e per la sola durata dal 15.07 al 17.09.2000".
Sulla base di queste premesse la delibera, da un
lato, riteneva che il contratto del 1998 "non avendo mai esplicato i
suoi effetti" doveva essere risolto anche da un punto di vista formale,
dall'altro, rilevava che la gestione dell'impianto da parte della società
Intersport era stata caratterizzata "specialmente nell'ultimo periodo da
carenze e inadempienze di vario genere, tanto che si era "dato inizio ad
un procedimento di contestazione con richiesta di risarcimento di
danni".
In relazione a quest'ultimo profilo, la controversia
tra le parti è stata decisa da un collegio arbitrale e si è conclusa con lodo
del 20 febbraio 2002.
Con la sentenza appellata il Tar stabiliva in via preliminare la
giurisdizione del giudice amministrativo e quindi accoglieva il ricorso di
Intersport ritenendo fondato il primo e terzo motivo dedotti relativi alla illegittimità della deliberazione impugnata ritenendo
sussistente il vizio di carenza di motivazione e di eccesso per la insussistenza
dei presupposti fattuali della determinazione assunta.
La domanda di condanna della PA veniva poi ritenuta
fondata con riferimento al profilo soggettivo dell'illecito per violazione
del dovere di motivazione che deve improntare la attività provvedimentale
della P.A.. L'amministrazione ai fini della
quantificazione del danno avrebbe dovuto proporre una somma entro giorni 90
dal ricevimento dei bilanci della società.
Avverso la sentenza del Tar ha proposto appello il Comune deducendo plurimi
profili di illegittimità.
Si è costituita la società Intersport chiedendo il rigetto dell'appello e la
conferma della sentenza del primo giudice.
Con il primo motivo dedotto il Comune assume che con la
deliberazione di G.C. n. 316 del 2000 non aveva
esercitato alcun potere autoritativo ma si era
limitato a prendere atto della situazione esistente esercitando il proprio
diritto privatistico di proprietà sugli impianti con l'effetto che la
controversia, assimilabile a quelle di tipo meramente economico, doveva essere
devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario ed erroneamente il primo
giudice l'avrebbe trattenuta.
L'assunto non è condivisibile .
La società Intersport gestiva un impianto natatorio, compresa
la custodia e la manutenzione ordinaria, percependo il corrispettivo
direttamente dagli utenti e pagando un canone di concessione al Comune. Trattavasi di un rapporto rinnovato più volte i cui
caratteri tipici sono riconducibili, come ben evidenziato dal primo giudice, ad un rapporto concessorio in
cui l'amministrazione ha unilateralmente disposto lo scioglimento anticipato
prima del decorso del termine di durata complessiva del rapporto .
In fattispecie similare questo Consiglio di Stato ha rilevato che "..mentre
si è in presenza di una appalto nel caso di prestazioni rese in favore
dell'amministrazione, la concessione di servizi instaura un rapporto
trilaterale tra la amministrazione concessionaria e gli utenti; più
precisamente nella concessione di servizi il costo del servizio grava sugli
utenti mentre nell'appalto di servizi spetta alla amministrazione compensare
l'attività svolta dal privato (Cons. Stato, VI,
4.8.2009 n. 4890)
Ed inoltre "..gli impianti sportivi comunali per il nuoto rientrano tra i beni del
patrimonio indisponibile del Comune, precisamente tra quelli destinati ad un
pubblico servizio, essendo finalizzati a soddisfare proprio l'interesse
dell'intera collettività alle discipline sportive e possono essere trasferiti
nella disponibilità dei privati perché ne facciano un uso ben determinato solo
mediante concessione amministrative" (Cass.Civ.
SS. UU. 10199/94).
Ne deriva la riconduzione della causa de quo nella giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 33 del
d.lg.vo 1998 n. 80 .
Con il secondo motivo il Comune sostiene che il contratto del 1998 non ha mai
esplicato i suoi effetti mentre vi sarebbero state
carenze ed inadempienze di vario genere nella gestione dell'impianto sportivo
da parte della società Intersport.
Al riguardo deve tenersi conto che la deliberazione del 1998 n. 31, cui si
riferisce l'amministrazione, è espressamente integrativa e modificativa della
convenzione correlata alla deliberazione n. 388 del 1997, con la quale è
stata disposta la seconda rinnovazione del rapporto concessorio
sicché la disciplina complessiva del rapporto risulta
dal coordinamento dei due atti ed i due provvedimenti, succedutisi nel tempo,
non vanno apprezzati isolatamente l'uno dall'altro, ma si pongono come atti
di progressiva modificazione di un rapporto in itinere, che conserva natura concessoria e di cui vengono, di volta in volta,
modificati alcuni profili di disciplina.
D'altro canto, proprio la delibera 1998 n. 31, subordina l'adeguamento dei
termini economici del rapporto all'ultimazione dei lavori relativi
all'impianto natatorio esterno, lavori non demandati al concessionario
del servizio pubblico.
L'amministrazione sostiene che la sopradetta delibera n. 31 non avrebbe mai
avuto esecuzione e che la convenzione del 1998 non poteva ritenersi vigente
tra le parti.
Ma come rilevato dal Tar, le deduzioni del Comune evidenziano che alcuni
profili della convenzione del 1998 non hanno potuto trovare esecuzione per la
ritardata ultimazione dei lavori, fatto questo che non integrava un
inadempimento del gestore agli obblighi derivanti dalla convenzione, sicché
non è riconducibile alle ipotesi che, in base all'art. 14
della convenzione, giustificavano lo scioglimento unilaterale e anticipato
del rapporto; dall'altro, non esprimono una concreta ragione di interesse
pubblico capace di giustificare in termini di ragionevolezza la decisione di
fare cessare autoritativamente, prima della
scadenza, la concessione di cui era titolare Intersport s.a.s.
e che veniva a scadenza nel dicembre 2003.
Poiché la delibera del 1998 subordinava all'ultimazione dei lavori
l'adeguamento economico del rapporto ma non la
permanenza del medesimo, la circostanza che alcuni dei profili della
convenzione integrativa della delibera del 1998 non abbiano trovato
attuazione in ragione della ritardata esecuzione dei lavori da parte
dell'amministrazione, non rappresentava una causa di cessazione del rapporto
in base al contenuto della convenzione medesima, né consentiva di desumere
quali ragioni di interesse pubblico sottendevano la decisione autoritativa di scioglimento anticipato.
Anche il riferimento a carenze e inadempienze di
vario genere asseritamente imputabili alla società
Intersport "specialmente nell'ultimo periodo", costituiva una
motivazione di puro stile, perché non si riferiva a fatti concreti,
esattamente individuati nella loro consistenza e collocazione temporale,
risolvendosi in considerazioni generiche e prive di elementi di riscontro.
Esattamente quindi il primo giudice ha rilevato l'insufficienza motivazionale
del provvedimento impugnato giacché le considerazioni sviluppate
dall'amministrazione sono, in parte, del tutto generiche ed,
in parte, inidonee a supportare lo scioglimento anticipato del rapporto concessorio, sia perché non si riferivano a specifici
inadempimenti del gestore, sia perché non indicavano, neppure in via
sintetica, le ragioni di interesse pubblico sottese alla cessazione autoritativa del rapporto prima della sua naturale
scadenza, con conseguente violazione del generale obbligo motivazionale
previsto dall'art. 3 della legge 1990 n. 241, mentre risulta pacifico che gli
atti con i quali l'amministrazione, in esercizio di poteri di autotutela,
pone fine anticipatamente ad un rapporto concessorio,
come nel caso di specie, necessitano di un'adeguata motivazione che dia conto
dei fatti sopravvenuti e delle ragioni di interesse pubblico sottesi alla
determinazione assunta, secondo quanto risulta dall'art. 21 quinquies della legge 1990 n. 241.
Non ha quindi pregio la censura del Comune secondo la quale la convenzione
del 1998 non prevede la condizione di efficacia delle nuove condizioni economiche e che di ciò non avrebbe tenuto
conto il Tar. Sono infatti le due convenzioni
integrate e la delibera di approvazione della seconda che consentono di
ricavare la reale volontà delle parti e quindi l'effetto condizionato delle
nuove clausole economiche. Una volta che l'impianto fosse stato ampliato e
quindi fosse stato in grado di offrire una maggiore ricettività e maggiori introiti per il gestore, sarebbero state
applicate le nuove clausole più onerose.
Il Comune poi afferma, nell'atto di appello, che le inadempienze sarebbero
state illustrate nel corso del giudizio di primo grado. Al riguardo è appena
il caso di sottolineare che così deducendo il Comune
tende ad effettuare una inammissibile integrazione postuma della motivazione
del provvedimento. Ed invero la motivazione del
provvedimento amministrativo non può essere integrata nel corso del giudizio
con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere
e non seguire ogni provvedimento amministrativo individuando con ciò il
fondamento della illegittimità della motivazione postuma nella tutela del
buon andamento amministrativo e nella esigenza di delimitazione del controllo
giudiziario (Cons. Stato, VI, 6997 del 2009).
In ogni caso il Comune richiama la deliberazione della G.C.
n. 310 del 31.10.2000 per evidenziare che sarebbero state effettuate delle
contestazioni alla concessionaria e che detta deliberazione non sarebbe stata
contestata dall'appellata Intersport. Senonché,
come rilevato dalla resistente, la deliberazione n. 310 del 2000 attiene ad
un diverso contratto del 2.8.2000 relativo all'appalto per la stagione estiva
del 2000.
Relativamente alla situazione di degrado della
piscina interna può rilevarsi inoltre che l'art. 5 della convenzione per la
gestione della piscina stabilisce puntualmente che sono a carico del gestore
la sola manutenzione ordinaria e la pulizia della struttura, mentre è dubbio
che gli interventi elencati dal Comune possano farsi rientrare tra quelli di
manutenzione ordinaria.
Ancora da rilevare è che il decreto ingiuntivo per il pagamento delle utenze
è successivo di quasi due anni al provvedimento di risoluzione del contratto
e non può essere portato a fondamento della deliberazione del 2000. Si aggiunga ancora che mai alcuna contestazione o diffida è
stata mossa nei confronti della società.
Anche le argomentazioni del Tar in ordine al danno
lamentato dalla ricorrente devono essere condivise, trattandosi dello
scioglimento anticipato del rapporto concessorio
disposto con un provvedimento carente di motivazione in violazione di
elementari doveri di diligenza di talché, escluso ogni errore scusabile,
evidente risulta la colpa della amministrazione. Quanto poi alla prova del
danno patrimoniale le allegazioni della appellata
appaiono sufficienti essendo peraltro risolutiva la circostanza che la
società avrebbe potuto continuare a percepire ricavi per effetto delle
entrate tariffarie derivanti dalla gestione della piscina comunale con
ottenimento dell'utile economico, detratte le spese sostenute e sotto tale
profilo, davvero non si comprendono le doglianze dell'appellante Comune che
assume che il danno era dimostrato in via meramente presuntiva.
In realtà il Tar ha liquidato il danno sulla base dei dati delle pregresse gestioni della società in quanto le condizioni
economiche nuove erano subordinate alla realizzazione della piscina scoperta
che la società non aveva mai iniziato a gestire.
In conclusione l'appello non merita accoglimento.
Tuttavia per la peculiarità della vicenda le spese e gli onorari del giudizio
possono essere compensati.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta
Sezione definitivamente decidendo sull'appello, lo respinge
.
Spese compensate..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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