Giurisprudenza - Appalti

Cass., Sez. Un., sent. n. 27169 del 28 dicembre 2007 sulla giurisdizone del G.O in ordine alla sorte del contratto dopo l’annullamento aggiudicazione da parte del G.A.

Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere tanto la dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia o l’annullamento del contratto di appalto, a seguito dell’annullamento della delibera di scelta dell’altro contraente, adottata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica: posto che in ciascuno di questi casi la controversia, non ha ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta suddetta, ma il successivo rapporto di esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati chiedono di accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne l’adempimento; che le situazioni giuridiche soggettive delle quali si chiede l’accertamento negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni; e che il giudice è comunque chiamato a verificare la conformità alla normativa positiva delle regole attraverso cui l’atto negoziale è sorto,ovvero è destinato a produrre i suoi effetti tipici.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il TAR Puglia,sez. Lecce, con sentenza del 14 giugno 2004 n. 3721, in accoglimento del ricorso della ATI con capogruppo la s.p.a. Hera (e comprendente la s.p.a. Gemmo Impianti, la s.r.l. I.T., nonché la s.r.l. Co.MI), annullava tutti gli atti della procedura di gara approvata con determinazione 15 luglio 2002 n. 89 del Dirigente settore L.P. del comune di Taranto, e finalizzata all’affidamento di un appalto misto per la gestione tecnologica integrata e la manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione di detto comune; nonché la successiva determinazione dirigenziale 2 marzo 2004 n. 25 che aveva preso atto dell’approvazione della graduatoria compilata dalla Commissione di gara ed aveva aggiudicato definitivamente il servizio all’ATI con capogruppo s.a. Citelum.

Dichiarava altresì la nullità del contratto stipulato in data 12aveva aggiudicato definitivamente il servizio all’ATI con capogruppo s.a. Citelum. Dichiarava altresì la nullità del contratto stipulato in data 12 marzo 2004 tra quest’ultima ATI e l’amministrazione comunale.

In parziale accoglimento dell’appello dell’ATI Citelum, il Consiglio di Stato, con sentenza 28 settembre 2005 n. 5196, ha dichiarato l’inefficacia del contratto suddetto, e ne ha respinto gli altri motivi di impugnazione unitamente al gravame dell’amministrazione comunale, osservando (per quanto qui interessa):

a) che doveva prestarsi adesione all’orientamento secondo cui la caducazione in sede giurisdizionale o amministrativa di atti della fase della formazione della volontà della P.A. (deliberazione a contrarre, bando di gara, aggiudicazione) priva la stessa amministrazione, con efficacia ex tunc, della legittimazione a negoziare conferitagli dai precedenti atti amministrativi : in conformità del resto al principio che gli atti della serie pubblicistica e quelli della serie privatistica sono indipendenti, ma i primi condizionano l’efficacia dei secondi: e tale inefficacia può essere fatta valere soltanto dalla parte che abbia ottenuto l’annullamento della deliberazione costitutiva della volontà della p.a. senza pregiudizio per i diritti acquistati dai terzi di buona fede in esecuzione della deliberazione medesima;

b) che pertanto non poteva essere recepito né l’indirizzo propugnante la caducazione automatica del contratto in conseguenza dell’ annullamento dell’aggiudicazione, peraltro comportante l’aggiudicazione automatica in favore del secondo classificato; né quello che mediando tra le due tesi riteneva comunque di far salvi i diritti dei terzi richiamando le disposizioni degli art. 23 e 25 cod. civ.

Per la cassazione della sentenza l’ATI Citelum ha proposto ricorso,ai sensi dell’art. 111, 3° comma Costit.; cui resiste l’ATI Hera con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso l’ATI Citelum, deducendo violazione degli art. 6 e 7 della legge 205/2000, 33 d.lgs.80 del 1998 e 25,103 Cost., censura la sentenza impugnata per aver dichiarato l’inefficacia del contratto di appalto stipulato tra di essa ed il comune dì Taranto, in seguito all’annullamento degli atti della gara e del verbale di aggiudicazione, senza porsi la questione dei limiti della propria giurisdizione non estesa dalle menzionate norme alla cognizione delle sorti di detto negozio avente natura paritetica-privatistica e non rientrante nella fase dell’ azione della P.A.-autorità, in quanto:

1) con la sottoscrizione del contratto sì instaura tra le parti un vincolo negoziale "iure privatorum" comportante che tutte le controversie attinenti alla sua esecuzione devono ascriversi alla giurisdizione ordinaria: a maggior ragione configurabile quando si discuta della esistenza giuridica del contratto, ossia non già come il contratto vada eseguito, ma se deve essere eseguito tra le parti;

2) non ne è sostenibile una sorta di attrazione nell’ambito della giurisdizione amministrativa per l’automatico collegamento tra la procedura autoritativa di evidenza pubblica e la validità-efficacia del vincolo contrattuale perché le relative questioni con riferimento sia alla patologia del negozio per cui optare (con le relative conseguenze) tra le categorie tipizzate dal codice civile, sia alla sorte delle prestazioni nel frattempo eseguite dalle parti, sia alla qualificazione della buona fede del contraente privato, sia al trattamento giuridico dei terzi che abbiano acquisito diritti in forza del contratto,trascendono la mera cognizione del profilo della legittimità dell’azione autoritativa espletata dalla p.a. come autorità ed implicano valutazioni meramente civilistiche, ascrivibili al giudice naturale dei rapporti negoziali paritetici;

3) le stesse Sezioni Unite già prima della nota decisione 204/2004 della Corte costituzionale, avevano sistematicamente affermato che i vizi degli atti amministrativi precedenti la stipulazione dei contratti iure privatorum della p.a. comportano la mera annullabilità del contratto; che solo l’amministrazione può far valere davanti al giudice ordinario. laddove il giudice amministrativo aveva finito per sconfessare il sistema privatistico delle patologie del negozio giuridico e creato una automatica inefficacia ad esso completamente estranea 4)ad identica conclusione è pervenuta parte della giurisprudenza amministrativa secondo la quale al giudice amministrativo è dato conoscere e statuire sulla legittimità dei procedimenti amministrativi di gara,ma non anche sulle vicende inerenti al contratto, attribuite alla giurisdizione dell’A.G.O.

Il ricorso è manifestamente fondato.

Nel sistema antecedente al d.lgs.80 del 1998, nonché alla legge 205 del 2000, in tema di pubblici appalti costituivano principi giurisprudenziali del tutto consolidati:

1) che il contratto di appalto comunque concluso da vita ad un rapporto essenzialmente di diritto privato, seppur caratterizzato da una disciplina differenziata dipendente dalla qualità di ente pubblico del committente e dalle finalità di interesse generale perseguite; e che esso è fonte di reciproche obbligazioni e diritti soggettivi la cui tutela è perciò affidata agli organi della giurisdizione ordinaria;

2) che nella fase antecedente a tale conclusione, nel caso in cui la scelta del contraente privato avvenga con il sistema della "licitazione privata", con quello dei pubblici incanti o dell’appalto-concorso, la posizione del soggetto aspirante all’affidamento dell’appalto nonché dei partecipanti alla gara sulla quale l’amministrazione committente con sua azione può interferire favorevolmente o sfavorevolmente, trova protezione nelle norme di legge e nei regolamenti disciplinanti il procedimento amministrativo di scelta del contraente; con la conseguenza che, assume natura e consistenza di interesse legittimo al regolare svolgimento del procedimento amministrativo: tutelabile, come tale, davanti al giudice amministrativo;

3) che, in particolare, detto interesse può configurarsi sia come pretensivo, che come oppositivo: avendo egli l’interesse pretensivo all’aggiudicazione della gara; mentre, ove l’abbia già ottenuto e questa sia stata annullata, egli ha l’interesse oppositivo ad impugnare l’annullamento, ovvero a ricorrere avverso la nuova aggiudicazione ad altri partecipanti alla gara di appalto. Sicché appartenevano alla giurisdizione generale di legittimità di detto giudice le impugnative dei provvedimenti di aggiudicazione dell’appalto, nonché degli atti procedimentali a questa precedenti e prodromici; e, per converso, quelle dei provvedimenti di invalidazione dell’ aggiudicazione,che costituiva il limite di operatività di detta giurisdizione anche quando la stessa segnava nel contempo la conclusione del contratto, con effetti vincolanti per entrambe le parti.

In tal caso, le domande dirette ad ottenere la declaratoria di nullità o l’annullamento del relativo verbale per vizi della volontà o per altre cause previste dagli art.1418 e segg. cod.civ, esulavano da detta giurisdizione per rientrare nella cognizione del giudice ordinario, riguardando la validità di un rapporto negoziale di natura privatistica (Cass. sez.un. 1507/1987).

Siffatta disciplina non è sostanzialmente mutata per effetto della legge 205 del 2000, il cui art. 7, recependo con parziali modifiche e sostituendo l’art. 33 del decr. legisl. n. 80 del 1998, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi (1° comma); e specificato in quello successivo che "Tali controversie sono, in particolare quelle:....... e) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, di servizi e forniture svolti da soggetti comunque tenute alla applicazione delle norme comunitarie.......;": perciò nel contempo delimitando l’ambito di tale giurisdizione, già introdotta, significativamente con identica formula, dal precedente art. 6 della legge.

Queste Sezioni Unite, infatti, fin dalle prime interpretazioni della norma hanno precisato il concetto di pubblico servizio come prestazione resa da un soggetto pubblico (o privato che al primo, in forza di vari meccanismi giuridici si sostituisca) alla generalità degli utenti, mentre esulano da tale nozione le prestazioni rese in favore dell’amministrazione,e comunque del gestore per garantirgli l’organizzazione del servizio (Cass. sez. un. 7461/2004; 1997/2003; 10726/2002).

E fra le diverse e pur possibili opzioni ermeneutiche, hanno privilegiato quella cd. privatistica, per la quale gli artt. 6 e 7 della legge 205/2000, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, hanno riguardo alla sola fase pubblicistica dell’appalto (in essa compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dalla stessa); e non si riferiscono alla successiva fase dell’esecuzione del rapporto,concernente i diritti e gli obblighi derivanti, per ciascuna delle parti, dal contratto stipulato successivamente agli atti di evidenza pubblica. In questa seconda fase resta operante la giurisdizione del giudice ordinario quale giudice dei diritti, cui spetta verificare la conformità alle norme positive delle regole attraverso le quali i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi, e delle relative condotte attuative:a nulla rilevando che specifiche disposizioni legislative attribuiscano all’amministrazione committente la facoltà di incidere autoritativamente sul rapporto (e perfino di risolverlo) , posto che detti atti amministrativi, non hanno natura provvedimentale e non cessano di operare nell’ambito delle paritetiche posizioni contrattuali (da ult., Cass. sez. un. 17829 e 17830/2007; 4427/2007; 4116/2007).

Si è pure evidenziato (Cass. sez. un. 72/2 000) come una diversa lettura della nuova normativa (cd. pubblicistica) , comportando una estensione della giurisdizione amministrativa a controversie di carattere e contenuto esclusivamente patrimoniale, non direttamente ed effettivamente connesse ad interessi generali - come, in tesi, quelle relative alla verifica (sulla base di categorie privatistiche) della puntualità o meno della esecuzione di contratti conclusi dal gestore (sia esso pubblico o privato) di un servizio pubblico per l’acquisizione di beni ed opere strumentali a detta attività - ponesse seri dubbi di compatibilità con il precetto dell’art. 103 Cost.: dubbi condivisi dalla Corte Costituzionale che, nella recente sentenza 204 del 2004, ha dichiarato parzialmente illegittimo il menzionato art. 33 d.lgs.80,come recepito dall’art. 7 della legge 205/2000.

La Consulta ha rilevato, infatti, che il riferimento della disposizione ad una materia - quella dei pubblici servizi - dai confini non compiutamente delimitati, e soprattutto il richiamo a tutte le controversie ricadenti in tale settore rende evidente che la materia così individuata prescinde totalmente dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte, radicando la giurisdizione esclusiva sul dato puramente oggettivo del normale coinvolgimento in tali controversie del generico pubblico interesse che è naturalmente presente nel settore dei pubblici servizi : e così travolgendo il necessario rapporto di specie a genere che l’art. 103 Cost. postula come ordinario discrimine tra le giurisdizioni, allorché contempla le materie devolvibili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo come particolari rispetto a quelle nelle quali la pubblica amministrazione agisce quale autorità. Ha quindi precisato che il necessario collegamento delle materie assoggettabili a giurisdizione esclusiva con la natura delle situazioni soggettive, espresso, nell’art. 103 Cost., dalla loro qualificazione di particolari rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, comporta che le materie affidate alla giurisdizione suddetta devono necessariamente partecipare della medesima natura - segnata dall’agire della P. A. come autorità, nei confronti della quale è accordata tutela alle posizioni di diritto soggettivo del cittadino dinanzi al giudice amministrativo - di quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità.

Dopo la declaratoria di parziale incostituzionalità della norma, non sono più ammissibili dubbi ermeneutici sulla possibile estensione della giurisdizione esclusiva; che può essere istituita o ampliata, per esigenze di concentrazione della tutela,per impedire la moltiplicazione dei giudizi,e comunque per garantire pienezza di tutela al cittadino attraverso un unico giudizio, soltanto alle condizioni indicate dalla Consulta, che cioè le posizioni di diritto soggettivo fatte valere si collochino in un’area di rapporti nella quale la p.a. agisce attraverso poteri autoritativi, ovvero si avvalga della facoltà riconosciuta dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo ai sensi dell’art. 11 della legge 241 del 1990.

Il che nell’attività di diritto privato si verifica soltanto nella fase della formazione della sua volontà, nonché di scelta del contraente privato, che non è libera, ma si snoda attraverso una serie di atti procedimentali caratterizzati dall’esercizio di poteri discrezionali e vincolati; i quali hanno normalmente inizio con la determinazione di contrarre e si concludono (nell’appalto di opere o servizi,che qui interessa) con il provvedimento di aggiudicazione che individua il contraente privato, perciò costituendo l’ultimo atto e, nel contempo, il confine estremo della fase pubblicistica, del resto evidenziato dalla stessa formulazione letterale dei ricordati art.6 e 7 lett.a) della legge 205 del 2000, laddove limita l’ambito della giurisdizione esclusiva alle sole "procedure di affidamento di appalti,.."; con conseguente implicita esclusione della cognizione di tutti gli atti successivi alla sua conclusione (Cass. sez. un. 1142/2 007; 9601/2006; 4508/2006; 13296/2005) .

In questa seconda fase, pur strettamente connessa con la precedente, e ad essa consequenziale, che ha inizio con l’incontro delle volontà delle parti per la stipulazione del contratto, e prosegue con tutte le vicende in cui si articola la sua esecuzione,infatti, i contraenti -p.a. e privato- si trovano in una posizione paritetica e le rispettive situazioni soggettive si connotano del carattere, rispettivamente,di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a seconda delle posizioni assunte in concreto. Sicché è proprio la costituzione di detto rapporto giuridico di diritto comune a divenire l’altro spartiacque fra le due giurisdizioni,quale primo atto appartenente a quella ordinaria, nel cui ambito rientra con la disciplina posta dagli art. 1321 e segg. cod. civ.;e che perciò,comprende non soltanto quella positiva sui requisiti (art. 1325 e segg.) e gli effetti (art. 1372 e segg.),ma anche l’intero spettro delle patologie ed inefficacie negoziali, siano esse inerenti alla struttura del contratto, siano esse estranee e/o alla stessa sopravvenute: come si verifica appunto nelle fattispecie prospettate dalla sentenza impugnata in cui viene a mancare uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’amministrazione (deliberazione di contrarre, bando, aggiudicazione). E trova giustificazione il principio da decenni enunciato da dottrina e giurisprudenza, che seppure gli atti della serie pubblicistica e quelli della serie privatistica sono indipendenti quanto alla validità, i primi condizionano l’efficacia dei secondi, di modo che il contratto diviene inefficace se uno degli atti del procedimento viene meno per una qualsiasi causa (Cass.. 5 aprile 1976 n.1197 e succ.) .

Per queste ragioni le Sezioni Unite, già con la precedente sentenza 20504/2006 relativa ad un contratto di locazione stipulato da un Comune per l’acquisizione di un’area privata hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda volta ad ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento del contratto a seguito dell’annullamento della delibera di scelta dell’altro contraente, adottata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica "non avendo la controversia ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta dell’altro contraente, ma il rapporto di locazione derivante dall’atto stipulato in condizione di parità con quest’ultimo, del quale l’Amministrazione chiede di accertare l’invalidità o l’inefficacia, al fine di impedirne l’esecuzione; onde le situazioni giuridiche soggettive delle quali sì chiede l’accertamento negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni".

Identica situazione è ravvisabile nella fase di esecuzione dell’appalto successiva al provvedimento di aggiudicazione, segnata dall’operare dell’amministrazione non quale autorità che esercita pubblici poteri, ma nell’ambito di un rapporto privatistico contrattuale. Per cui nella fattispecie apparteneva sicuramente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione della legittimità degli atti della procedura di gara approvata dal comune di Taranto per il conferimento dell’appalto misto per cui è causa, nonché dei provvedimenti relativi al loro annullamento; ed in particolare all’annullamento della determinazione dirigenziale 2 marzo 2 00 4 n. 25 che aveva aggiudicato definitivamente il servizio all’ATI con capogruppo s.a. Citelum. Ma alla sentenza impugnata restava precluso ogni sindacato sugli atti di esecuzione conseguenti all’ aggiudicazione, a cominciare dal contratto stipulato in data 12 marzo 2004 tra quest’ultima ATI e l’amministrazione comunale; che, invece, il Consiglio di Stato ha dichiarato inefficace, esorbitando dall’ambito della propria giurisdizione limitata dai ricordati art. 6 e 7 della legge 205/2000 "alle procedure di affidamento di appalti pubblici".

La giurisdizione esclusiva non è nel caso invocabile neppure per il fatto che tale inefficacia è stata considerata dal giudice amministrativo di appello - che non ha condiviso la declaratoria di nullità del contratto pronunciata dal TAR - una conseguenza necessaria dell’annullamento giurisdizionale dell’ aggiudicazione {"in forza del rapporto di consequenzialità necessaria tra la procedura di gara ed il contratto successivamente stipulato": pag. 53); anzitutto perché vige nell’ordinamento processuale il principio generale dell’inderogabilità della giurisdizione per ragioni di connessione, salve deroghe normative espresse non rinvenibili nella normativa in esame (Cass. sez. un. 7859/2 001; 1760/2 002). E, quindi, perchè valutare l’incidenza dell’ annullamento dell’atto amministrativo di aggiudicazione rispetto al rapporto privatistico che ad esso consegue costituisce una questione di merito relativa alla verifica della validità e della perdurante efficacia del contratto di appalto; e significa pronunziare intorno alla ricorrenza o meno delle condiciones juris, incidenti sulla sua giuridica esistenza e validità iniziale, nonché, sul perdurare degli effetti legati al sinallagma funzionale (Cass. sez.un, 6743/2005; 5179/2004; 931/1999, nonché 5941/2004; 12629/2006): e non già decidere circa il corretto esercizio del potere di annullamento di ufficio che deve necessariamente arrestarsi all’adozione del relativo provvedimento (nonché alla eventuale pronuncia sul risarcimento del danno conseguente ex art.35 d.lgs. 80/1998).

Ne è conferma proprio la disamina compiuta dal Consiglio di Stato delle variegate posizioni della giurisprudenza amministrativa e di quella .ordinaria sulla sorte del contratto,nonché dei diritti ed obblighi dallo stesso derivanti, in seguito all’annullamento del provvedimento che ne costituisce il presupposto;che in realtà spaziano dalla declaratoria di nullità assoluta (recepita dal TAR Puglia; cfr. Cons. St. V,1218/2003; 6281/2002; Cass. 193/2002) alla mera annullabilità invocabile soltanto dall’amministrazione committente ex art.1441 e 1442 cod.civ. (Cass. 11247/2002; 2 842/1996; Cons. St. VI,570/2002),e comprendono le tesi intermedie che pervengono alla caducazione automatica (per il venir meno, con efficacia ex tunc, del requisito della legittimazione a contrarre o di uno dei presupposti di efficacia del negozio: Cons. St. V,41/2007; IV,6666/2 003; VI,2992/2 003; Cass. 12 62 9/2 00 6), oppure alla inefficacia (sopravvenuta) del contratto,a sua volta giustificata in base ad istituti diversi (Cons. St. VI,4295/2 00 6; V,6759/2005; 34 63/2 004; Cass. 6450/2004), che ora comportano il travolgimento dei diritti acquisiti dai terzi per effetto dell’atto negoziale,ora consentono la salvezza di quelli acquistati in buona fede (Cfr. Cons. St. V,1591/200 6; 5194/2005; 7346/2004; 3465/2004). Ma che hanno tutte quale presupposto comune una vicenda propria dell’atto negoziale rientrante nel sistema delle inefficacie-invalidità (significativamente) disciplinate dal codice civile : in forza delle quali non se ne producono gli effetti perseguiti, o questi vengono a cessare.

Anche nell’opzione prescelta dalla decisione impugnata, la condizione di inefficacia e l’effetto costitutivo della caducazione del contratto (perciò stesso non assimilabile ad un mero atto di ritiro) non discendono dalla statuizione di annullamento adottata dal giudice amministrativo (che pur ne costituisce il presupposto necessario),ma derivano direttamente dalla legge (cosi come avviene per le patologie del contratto dovute a peculiari vizi genetici,e riconosce lo stesso Consiglio di Stato invocando i principi civilistici sui negozi collegati). La quale, d’altra parte, ben può escluderla come ha fatto l’art. 14 d.lgs.190 del 2002 per le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale: disponendo che l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatoti; e che in tal caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica.

Le Sezioni Unite devono, allora, ribadire che i riflessi sul contratto di appalto, del sistema delle irregolarità-illegittimità che affliggono la procedura amministrativa a monte, devono essere scrutinati in ogni caso dal giudice ordinario: e, quindi, non soltanto nelle fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne affliggono singoli atti), ma anche in quella della sua successiva mancanza legale provocata dall’annullamento del provvedimento di aggiudicazione perché nella materia il criterio di riparto delle giurisdizioni non e fondato sul grado ed i profili di connessione tra dette disfunzioni ed il sistema delle invalidità-inefficacia del contratto;e neppure sulla tipologia delle sanzioni civilistiche che dottrina e giurisprudenza di volta in volta gli riservano, ma unicamente sulla separazione imposta dall’art. 103, 1° comma Costit. tra il piano del diritto pubblico (e del procedimento amministrativo) ed il piano negoziale, interamente retto dal diritto privato: separazione nuovamente ribadita dall’ art. 244 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 20 04/17/CE e 2004/18/CE (d.lgs. 163 del 2006),che ha confermato l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di "tutte le controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale". E, per quanto riguarda la successiva fase contrattuale, soltanto di quelle "relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti, quelle relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui ali’art. 115, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’art. 133 commi 3 e 4": nelle quali (almeno fino alle leggi 359 del 1992, art. 3 e 109 del 1994, art. 26), la posizione del contraente privato è stata da decenni qualificata dalla giurisprudenza di interesse legittimo e perciò devoluta già nel quadro normativo antecedente all’art.33 d.lgs.80/1998, alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo ex art.2 e 3 legge 1034 del 1971 (Cass. sez.un. 21292,21293 e 21294/2005; 18126/2005; 1996/2003) .

Conclusivamente, spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere tanto la dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia o l’annullamento del contratto di appalto, a seguito dell’annullamento della delibera di scelta dell’altro contraente, adottata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica: posto che in ciascuno di questi casi la controversia, non ha ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta suddetta, ma il successivo rapporto di esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati chiedono di accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne l’adempimento; che le situazioni giuridiche soggettive delle quali si chiede l’accertamento negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni; e che il giudice è comunque chiamato a verificare la conformità alla normativa positiva delle regole attraverso cui l’atto negoziale è sorto,ovvero è destinato a produrre i suoi effetti tipici.

Questo risultato non è contraddetto dalla recente decisione 24658/2007 delle Sezioni Unite, che in una controversia in cui il giudice amministrativo aveva annullato l’aggiudicazione di un appalto relativo alla progettazione di un complesso polifunzionale, ha recepito la tesi della caducazione automatica del successivo contratto stipulato con l’impresa vincitrice della gara in quanto nella fattispecie esaminata, la sentenza del Consiglio di Stato gravata dal ricorso, si era limitata ad annullare il provvedimento di aggiudicazione senza emettere alcuna statuizione in ordine alla successiva vicenda contrattuale.

Era stata invece la stazione appaltante a dedurre che nel caso il contratto di appalto aveva avuto integrale esecuzione, ed a sostenere in base a tale presupposto (3° motivo) "la insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo", per essere competente quello ordinario a pronunciare la caducazione del contratto.

Ma la Corte non ha condiviso tale prospettazione che modificherebbe il criterio di riparto delle giurisdizioni -delineato dagli art. 6 e 7 della legge 205/2000 con esclusivo riguardo alla fase pubblicistica o privatistica dell’appalto - in funzione dell’esaurimento di quest’ultima fase;ed in conformità alla propria consolidata giurisprudenza ha ribadito anche in tal caso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a pronunciare in ogni momento (Cass. sez. un. 1142/2007 cit.) l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, ritenendo al riguardo ininfluente l’intero effetto-vicenda negoziale da esso derivato (Cass. sez.un. 4508/2006; 13296/2005; 5179/2004). E rilevando che era invece la fase esecutiva del rapporto ad esser priva di autonomia propria,in quanto destinata a subire gli effetti del vizio che inficia il provvedimento amministrativo cui è collegata, nonché a restare immediatamente travolta in conseguenza del suo annullamento senza richiedere pronunce di caducazione o atti di ritiro dell’Amministrazione.

E sempre sulla distinzione tra la fase pubblicistica scandita dalle regole della evidenza pubblica e la successiva fase negoziale è stato fondato il criterio di riparto delle giurisdizioni anche in un appalto di servizi da Cass. sez.un. 24668/2007 che ha specificato,da un lato come l’intera procedura diretta alla scelta dell’altro contraente e fino all’atto di aggiudicazione nei diversi momenti in cui si articola sia devoluta dal legislatore alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,unitamente alla tutela risarcitoria completiva, pur se chiesta senza quella demolitoria (art. 35 d.lgs. 80/1998,come recepito dall’art. 7 l. 205/2000). Ma dall’altro, ha riaffermato che il provvedimento di aggiudicazione "segna il momento terminale dell’esercizio della fase pubblicistica", sicché nella fase successiva concernente l’esecuzione del rapporto resta operante la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti e degli obblighi di ciascun contraente.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, le Sezioni Unite devono dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla declaratoria di inefficacia del contratto suddetto,e conseguentemente cassare la sentenza impugnata limitatamente a tale parte. Mentre la peculiarità delle questioni trattate, che aveva già indotto il Consiglio di Stato, a compensare tra le parti le spese dell’ intero giudizio, induce il Collegio a confermare detta statuizione e ad estenderla anche a quelle di questa fase.

P.Q.M.

La Corte,a sezioni unite,accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e dichiara interamente compensate tra le parti le spese di questa fase del giudizio.

Così deciso in Roma il 9 ottobre 2007.

Depositata in Segreteria in data 28 dicembre 2007.