Giurisprudenza - Appalti

T. A.R. per il Lazio, sez. I bis, 19 febbraio 2003 n. 1269, sulla competenza G. O. per l’esecuzione dei contratti

                                              FATTO

Espone la società Manifattura di Valle Brembana di essere abituale fornitrice della Amministrazione della Difesa e di essersi
aggiudicata la fornitura per licitazione privata relativamente a sei lotti, ciascuno da 20.000 uniformi da combattimento e servizio
policrome di nuovo tipo, e di avere stipulato il relativo contratto in data 30.3.1993, recante il numero di rep. 44022, come
integrato dalle Condizioni Generali d’Oneri, per l’importo di £. 6.920.760.000, oltre IVA, con obbligo di consegna dei manufatti
entro 150 giorni, decorrenti dal quinto giorno successivo l’effettiva comunicazione dell’intervenuta approvazione del contratto da
parte dei competenti organi di controllo.

Espone, ancora, di avere iniziato, nelle more dell’approvazione del contratto, la produzione dell’oggetto di appalto aggiudicato,
ma di avere ricevuto la richiesta di consegna anticipata del quinto dell’intera fornitura in data 6.5.1993, entro 150 giorni dalla
comunicazione.

L’esponente, allora, chiedeva il collaudo preventivo da effettuarsi lotto per lotto, ma detta ultima richiesta rimaneva priva di
riscontro, pretendendo, di contro, l’A.D. il collaudo preventivo dell’intero quantitativo di tessuto occorrente per la realizzazione
delle uniformi, ancorchè la stessa avesse diramato, in data 11.6.1993, varianti al capitolato ed ai campioni ufficiali.

Riferisce la società ricorrente di una serie di comunicazioni da parte dell’A.D. di contenuto pregiudizievole allo svolgimento del
rapporto di fornitura, quale la richiesta del quinto in meno, poi revocata, e la tardiva autorizzazione alla sostituzione del
subfornitore, cui, pertanto, seguiva la richiesta della società ricorrente di sospensione dei termini di consegna per il periodo
26.11.1993 – 30.12.1993. 

A detta istanza seguiva un carteggio tra società fornitrice e Amministrazione che si concludeva con il rifiuto da parte di
quest’ultima della proroga, non essendo stato ravvisato nella fattispecie un caso di forza maggiore di cui all’art. 67, Condizioni
Generali d’Oneri.

Ancora, l’A.D. chiedeva l’applicazione dell’art. 6, legge 24.12.1993, n. 537, invocando la riduzione del prezzo, cui seguiva l’avvio
della procedura di verifica della congruità del prezzo di fornitura, procedura cui, a seguito dell’entrata in vigore del D.L.
331/1994, non è stato dato ulteriore corso.

L’Amministrazione collaudava ed accettava il saldo dell’intera fornitura il 24 gennaio 1995, ma in sede di liquidazione applicava
le penalità per ritardata consegna.

Con il ricorso 6255/95 la società ricorrente ha impugnato, pertanto, la determinazione, comunicata con il foglio n. 13/1/249 in
data il 9 marzo 1995, di rigetto dell’istanza presentata al fine della disapplicazione di penalità.

Ha al riguardo dedotto la violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di interpretazione del contratto; eccesso di
potere per carenza dei presupposti e/o erronea valutazione degli stessi; travisamento ed erroneità; illogicità e contraddittorietà
manifeste; motivazione carente ed erronea; violazione di legge.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è ritualmente costituita in giudizio in difesa dell’intimata Amministrazione.

Con il ricorso 10569/95 la società si grava avverso la successiva determinazione, comunicata con il foglio n. 13/17678 in data 7
giugno 1995, con cui, a seguito del dispaccio 13/1/249 del 9.3.1995, di cui alla precedente impugnativa, l’Amministrazione della
Difesa non ha, per altrettanto, accolto l’istanza di disapplicazione di penalità.

Anche avverso detta ultima determinazione, la società deduce la violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di
interpretazione del contratto; eccesso di potere per carenza dei presupposti e/o erronea valutazione degli stessi; travisamento
ed erroneità; illogicità e contraddittorietà manifeste; motivazione carente ed erronea; violazione di legge.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è ritualmente costituita in giudizio in difesa dell’intimata Amministrazione.

La società ricorrente ha depositato in data 5 febbraio 2003 memorie conclusionali, con le quali ha chiesto la riunione dei due
giudizi pendenti, ed ha ribadito le già rassegante conclusioni, chiedendo l’annullamento delle avversate determinazioni, ed il
risarcimento dei danni patiti mediante rivalutazione ed interessi, o da liquidarsi in via equitativa. 

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2003, le difese delle parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni, ed il Collegio ha
ritenuto le cause a decisione.

                                             DIRITTO

1) Preliminarmente, si dispone la riunione dei ricorsi in epigrafe, per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva
degli stessi, per deciderli con unica sentenza.

2) Con i gravami in esame la società ricorrente, aggiudicataria di sei lotti per la fornitura di uniformi da combattimento e
servizio policrome di nuovo tipo, impugna i dispacci del 9 marzo e 7 giugno 1993, con cui la resistente Amministrazione della
Difesa ha respinto le successive istanze presentate per la disapplicazione delle penalità applicate in sede di liquidazione del
prezzo in relazione alla stessa fornitura appaltata, in ragione dei ritardi nella consegna dell’aliquota afferente il 5° d’urgenza di
cui al contratto di appalto stipulato il 30.3.1993. 

3) Il Collegio deve rilevare, in via pregiudiziale, l’inammissibilità dei gravami in esame per difetto di giurisdizione del giudice
adito.

Ed invero, la questione dedotta dalla società ricorrente, sia pure attraverso le azioni impugnatorie di due atti aventi la forma
amministrativa, attiene integralmente alle vicende relative all’esecuzione del contratto n. di rep. 44022, stipulato tra la
resistente Amministrazione e la deducente in data 30.3.1993, ed in particolare alle modalità di adempimento, sotto il profilo dei
termini di consegna di parte della fornitura, ed alle conseguenze economiche dalle stesse derivanti, sotto il profilo della
decurtazione in sede di saldo finale di parte del prezzo contrattuale a titolo di penale.

Reclama, in sostanza, la ricorrente la dichiarazione di non imputabilità alla medesima dei ritardi nella consegna, siccome
riconducibili alla stessa condotta della Amministrazione appaltante che avrebbe di fatto sovvertito la portata delle clausole
contrattuali relative alla consegna della fornitura per singoli lotti, e che, comunque, avrebbe tenuto un comportamento non
univoco, tale da ingenerare dubbi e perplessità in sede di esecuzione della fornitura.

Al riguardo, osserva il Collegio che la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito da tempo il criterio di
riparto della giurisdizione in tema di contratti delle Pubbliche Amministrazioni.

La Suprema Corte ha affermato il principio che le controversie nascenti dall'esecuzione di contratti di appalto hanno ad oggetto
posizioni di diritto soggettivo inerenti a rapporti contrattuali di natura privatistica, nelle quali non hanno incidenza i poteri
discrezionali ed autoritativi della Pubblica amministrazione, eventualmente conferiti dalla legge; ne consegue che tali
controversie appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, anche se la decisione dell'Autorità amministrativa in ordine al
rapporto sia adottata nelle forme dell'atto amministrativo, il quale, per questo suo connotato, non cessa di operare nell'ambito
delle paritetiche posizioni contrattuali delle parti. (c. fr., di recente, Corte di Cass. SS.UU., n. 14539 del 19 novembre 2001)

In altri termini, è il giudice ordinario competente a conoscere delle controversie che hanno per oggetto il contenuto del rapporto
contrattuale ed il suo svolgimento, in quanto le questioni a quest’ultimo collegate investono posizioni giuridiche di diritto
soggettivo, estranee, dunque, alla materia affidata in via esclusiva al giudice amministrativo, che invece riguarda le procedure
di affidamento dei contratti pubblici.

Né rileva ai fini delle presenti controversie, il richiamo operato dalla stazione appaltante nel corso dell’esecuzione della fornitura
all’applicazione dell’art. 6. legge 537/1993, ed in particolare alle disposizioni di cui al comma 28 e seguenti ai fini della revisione
del prezzo di aggiudicazione, in quanto, come risulta pacificamente in atti, non è stato dato corso al procedimento de quo. (all.
36 del ric. 6255/95, dispaccio n. PAC/178 del 6 giugno 1994) 

Peraltro, osserva il Collegio, che nemmeno le recenti innovazioni introdotte in materia di riparto della giurisdizione "ratione
materiae", ed in particolare l’art. 7, della legge 205/2000, che, quale norma di carattere processuale, va applicata a tutti i
procedimenti pendenti, ivi compresi quelli in esame, possono essere utilizzate al fine di modificare i principi sopra enunciati.

Ed invero, sempre la Suprema Corte ha chiarito con una recente pronuncia, che gli artt. 6 e 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205,
con i quali sono state devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alle procedure
di affidamento di appalti pubblici, si riferiscono alla sola fase pubblicistica dell’appalto, in cui emergono posizioni di interesse
legittimo alla corretta ed imparziale applicazione delle norme in materia, ma non riguardano anche la fase relativa all’esecuzione
del rapporto, successiva alla stipula del contratto di appalto.

Pertanto, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione delle controversie inerenti ai diritti ed obblighi scaturenti
dal contratto di appalto, in ragione dell’inidoneità di atti amministrativi eventualmente adottati ad incidere sulle posizioni
soggettive nascenti dal rapporto contrattuale ed aventi la consistenza di diritto soggettivi, dovendo determinarsi la giurisdizione,
non in relazione al tipo di giudizio azionato, ad esempio attraverso l’impugnativa nei termini decadenziali di atti amministrativi,
ma in relazione all’intrinseca consistenza della stessa posizione soggettiva addotta in giudizio, e rientrando pur sempre nei
poteri dell’A.G.O. verificare in via incidentale la legittimità degli atti alla stregua delle clausole contrattuali. (c.fr. Corte di
Cass., SS.UU. n. 5640 del 18 aprile 2002) 

Del resto, in merito al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ipotesi di questione attinente alla fase di esecuzione
di contratto di fornitura ha già avuto modo di pronunciarsi questo stessa Sezione, con la recente decisione n. 9725 del 6
novembre 2002, con cui, tra l’altro, è stato espresso il principio che nemmeno vale ad attrarre nella giurisdizione del giudice
amministrativo la disposizione di carattere pure processuale di cui all’art. 23 bis, legge 1034/1971, come introdotto dall’art. 4,
citata legge 205/2000.

Ed invero, la novella introdotta nel processo amministrativo in ordine ad alcune regole processuali ha inciso sulla dinamica dello
stesso processo nel senso di una accelerazione di tutti i termini e di un assoggettamento ad un rito speciale dei giudizi aventi ad
oggetto, tra gli altri, i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e
forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti, ma non ha apportato ulteriori modifiche all’ambito
della stessa giurisdizione amministrativa, già delineato in materia dall’art. 6, L. 205/2000, prima citato. 

La nozione di "provvedimenti" relativi "all’esecuzione di servizi pubblici e forniture" va, quindi, correttamente riferita alle sole
fattispecie provvedimentali espressione di scelte discrezionali circa i modi ed i tempi per attuare servizi di interesse collettivo o
per l’acquisizione dei beni necessari all’espletamento di funzioni pubbliche e non comprende la fase di stretto adempimento allo
strumento negoziale stipulato in esito a procedure selettive di evidenza pubblica (cfr. in fattispecie analoga T.A.R. del Lazio.
Latina, n. 277 dell’ 8.03.2001; T.A.R. Napoli, Sez. I^, n. 868 del 21.02.2001; T.A.R. Lombardia, Sez. III^, n. 1428 del
26.02.2001).

Conclusivamente, disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, va dichiarata l’inammissibilità degli stessi per difetto di
giurisdizione del T.A.R. adito. 

Sussistono, peraltro, sufficienti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

                                             P.Q.M. 

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sez. 1^ bis, riuniti i ricorsi in epigrafe, dichiara l’inammissibilità degli stessi.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 17 febbraio 2003, in Camera di consiglio, con l'intervento dei sigg. magistrati:

Dott. Cesare Mastrocola - Presidente

Dott. Roberto Politi - Consigliere

Dr.ssa Donatella Scala - Primo Referendario, est.

Il Presidente L’Estensore

Depositata in segreteria in data 19 febbraio 2003.

 

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