Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

Consiglio di Stato, sez. V., Sent. 29 gennaio 2003 n. 453, sulla mancata decadenza della concessione edilizia in caso di forza maggiore
 

                                             FATTO 

La signora Carla Luciana De Sisto, titolare di concessione edilizia rilasciata il 25 maggio 1995, ha impugnato davanti al Tar del
Umbria, con separati ricorsi:

a) l'ordinanza n. 96 del 4 novembre 1998, con cui è stata dichiarata la decadenza della concessione edilizia n. 1006 del 25 maggio
1995 e le è stato ordinato il ripristino dello stato dei luoghi con rimozione degli interventi edilizi;

b) l'ordinanza n. 16 del 21 gennaio 1999, con cui è stata annullata l'ordinanza n. 96/98, per vizi di forma, confermandone il
contenuto sostanziale.

Le ordinanze adducono, a sostegno della decadenza della concessione, il mancato inizio dei lavori nel termine perentorio di un
anno e comunque il loro mancato completamento entro il triennio successivo. 

Il Tar ha dichiarato l'improcedibilità nel primo ricorso ed ha respinto il secondo, ritenendo tra l'altro che le prove fornite
dall'interessata, circa l'esistenza di una causa di forza maggiore ostativa all'esecuzione dei lavori (molestie recate dal proprietario
di un fondo di limitrofo), si riferissero ad un periodo di tempo successivo all'intervenuta decadenza.

L’appellante ripropone le censure prospettate in primo grado, che riguardano la mancata dichiarazione di soccombenza virtuale
del comune nel primo ricorso, l'omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di riesame, il valore probante della
documentazione fotografica effettuata nel sopralluogo nel 12 agosto 1998, l'omessa considerazione dell'inizio (marzo 1996) delle
molestie in data anteriore alla scadenza del termine decadenziale, l'errata qualificazione delle relazioni intercorrenti fra la
concessione principale è quella concernente l'annesso edilizio (710 del 1996), ed, infine, l'eccesso di potere sotto vari profili.

L'appellante ripropone, inoltre, l'azione di risarcimento del danno. 

L'amministrazione resistente controbatte le difese avversarie, insistendo tra l'altro sul fatto che "in ogni caso l'addotta
impossibilità materiale di procedere all'esecuzione dei lavori si sarebbe protratta al massimo per qualche mese, risultando, di
converso per tabulas, che per l'ulteriore periodo di almeno due anni la signora De Sisto non ha dato corso per sua inerzia ai lavori
in oggetto." L'amministrazione, quindi, conclude per il rigetto dell’appello.

                                             DIRITTO

1. L’appello proposto dalla signora Carla Luciana De Sisto è fondato. 

2. Con i provvedimenti impugnati in primo grado, l'amministrazione comunale di Perugia aveva dichiarato la decadenza della
concessione rilasciata il 2 giugno 1995, avendo accertato il mancato inizio dei lavori nel termine perentorio di un anno e
comunque il loro mancato completamento entro il triennio successivo. Il Tar, allorché è entrato nel merito della questione, ha
ritenuto, tra l'altro, che le prove fornite dall'interessata, circa l'esistenza di una causa di forza maggiore ostativa all'esecuzione
dei lavori (molestie recate dal proprietario di un fondo di limitrofo), si riferissero ad un periodo di tempo successivo
all'intervenuta decadenza. Su tale impostazione è allineata anche la difesa dall'amministrazione comunale, la quale per di più
aggiunge che, comunque, l’impossibilità materiale di procedere all'esecuzione dei lavori si sarebbe protratta al massimo per
qualche mese, risultando così privo di giustificazione l'ulteriore periodo di almeno due anni durante il quale l’inerzia è proseguita.

La questione ha carattere assorbente in quanto attiene all'esistenza del presupposto per l'esercizio del potere.

Dalla documentazione versata agli atti del giudizio, risulta, in particolare, che in data 27 marzo 1996 l'avvocato Luciano Dini, per
conto della signora De Sisto, si lamentò con il signor Orlando Montagnoli, proprietario del fondo confinante, perché impediva
"l'uso dell'unica strada esistente, usata da decenni, per accedere a fondo con conseguenti notevoli ritardi per la costruzione e
danni", avvertendolo che, in difetto, "avrebbe agito giudizialmente per il riconoscimento del proprio diritto e relativi danni".
All'invito il signor Montagnoli, con l'assistenza dell'avvocato Stefano Guerrieri, rispose in data 24 aprile 1996 contestando alla
signora De Sisto il diritto di passaggio. Questi atti chiaramente dimostrano che il fatto, addotto dalla ricorrente quale causa di
forza maggiore che le ha impedito di eseguire i lavori previsti nella concessione edilizia, si riferisce ad un comportamento di un
terzo iniziato ben prima della scadenza (3 giugno 1996) del termine annuale di cui all'articolo 4 della legge n. 10 del 1977. Ha
errato, quindi, il primo giudice nell’affermare che "i problemi con il confinante signor Montagnoli sono iniziati solo in data 14
novembre 1996" basandosi su di una affermazione contenuta nella memoria resa dalla ricorrente in data 19 ottobre 1998 e
negando ogni valore probatorio alla smentita contenuta nella successiva memoria del 6 novembre 1998". Il Tar, infatti, ha
valutato astrattamente le due dichiarazioni, senza considerare che solo la seconda era suffragata da riscontri probatori
documentali provenienti oltrechè dalla ricorrente anche dall'autore delle molestie e da due esponenti del foro di Perugia, che di
certo non avevano alcun interesse a falsare la rappresentazione della realtà.

Ed è bene sottolineare come il comportamento molesto del confinante non ha assunto carattere episodico, ma si è protratto
costantemente nel tempo, come dimostrato dalla lunga serie di avvenimenti riportati nella memoria integrativa del 6 novembre
1998. Sono infatti documentati l'avvio di un'azione giudiziaria in sede civile per il riconoscimento della servitù di passaggio (26
novembre 1996), l’adozione di una ordinanza del pretore di Perugia (29 maggio 1997) che ha intimato al signor Montagnoli di
consentire il passaggio di persone in mezzi, l'intervento dell'ufficiale giudiziario per dare esecuzione all'ordinanza (30 giugno
1997), la richiesta di intervento all'arma dei carabinieri per superare l’inottemperanza del confinante (2 luglio 1997), la conferma
dell'ordinanza da parte del tribunale di Perugia (16 luglio 1997), i continui ostacoli frapposti dal medesimo agli operai intenti a
procedere nella costruzione (dal settembre 1997 all’aprile 1998) cui ha fatto seguito la rescissione del contratto da parte
dell'impresa Umbria Calcestruzzi (30 giugno 1998) e la stipula di un nuovo contratto con la Omega Costruzioni (10 luglio 1998), la
distruzione da parte del signor Montagnoli della strada realizzata dall'impresa a servizio del cantiere (15 settembre 1998), e da
ultimo la presentazione di una querela contro il medesimo (15 settembre 1998). Inoltre, nel periodo che va dal 23 settembre 1997
al 9 aprile 1998, un obiettivo ostacolo alla conduzione dei lavori e anche rappresentato dal divieto di transito per i mezzi pesanti
sulla strada asfaltata Madonna dei Monti, che è stato superato solo con il rilascio di un'autorizzazione in deroga.

Ora, questa catena di eventi, di cui l’amministrazione aveva conoscenza perché segnalati dalla ricorrente con la ricordata
memoria integrativa del 6 novembre 1998, indubbiamente rappresentano un impedimento assoluto alla esecuzione dei lavori,
poiché questi di certo non potevano essere realizzati senza che fosse assicurato il passaggio dei mezzi necessari per la
realizzazione dell’opera. L’impedimento, inoltre, non è riferibile alla condotta del concessionario, per cui è tale da costituire
quella causa di forza maggiore che sospende il decorso dei termini, previsti dall'art. 4 comma 4 della l. 28 gennaio 1977 n. 10.

La sentenza del Tar, quindi, va annullata, in quanto i ricorsi di primo grado andavano accolti nella parte in cui veniva chiesto
l'annullamento delle ordinanze con cui l'amministrazione aveva dichiarata la decadenza della concessione edilizia n. 1006 del 25
maggio 1995 ed ordinato il ripristino dello stato dei luoghi con rimozione degli interventi edilizi nel frattempo eseguiti.

3. Il capo di domanda, con il quale si chiede la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni, deve essere
invece disatteso in quanto il pregiudizio patrimoniale sofferto dalla ricorrente è riferibile, ancor prima che ai provvedimenti
impugnati, alle molestie recate dal confinante, che, come si è detto, sono continuate fino all'adozione dei provvedimenti
dichiarativi della decadenza. Molestie per le quali (a quanto riferito nella memoria integrativa del 6 novembre 1998) pende
giudizio civile. 

Per questi motivi il ricorso in appello deve essere accolto.

Appare tuttavia equo compensare le spese dei due gradi di giudizio.

                                              P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, accoglie l’appello e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati
in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 ottobre 2002, con l’intervento dei signori:

Claudio Varrone Presidente

Corrado Allegretta Consigliere

Goffredo Zaccardi Consigliere

Aldo Fera Consigliere estensore

Claudio Marchitiello Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Aldo Fera F.to Claudio Varrone

Depositata in segreteria in data 29 gennaio 2003.

 

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