Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia, 24 luglio 2001, n. 613, sulla necessità della prova del danno conseguente ad atti illegittimi

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia – ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti nn. 466 e 738 del 1999 proposti da
DEL BARBA Alberto
 in proprio e in qualità di legale rappresentante della
AVICOLA PASSIRANO dei F.lli Del Barba S.n.c.,
rappresentati e difesi dagli avv.ti Arturo e Carlo Braga ed elettivamente domiciliati presso gli stessi in Brescia, via Tosio, 11; 
contro
COMUNE di PASSIRANO,
in persona del Sindaco p.t.,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Ciso Gitti ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Brescia, via Moretto, 60; 
per l’annullamento, previa sospensione,

- (ric. 466/99) della delibera del Consiglio comunale n. 3 del 19 febbraio 1999, avente ad oggetto l’adozione della variante n. 2 al P.R.G.;
- (ric. 738/99) della delibera del Consiglio comunale n. 15 del 3 maggio 1999 avente ad oggetto l’approvazione della variante suddetta, ai sensi dell’art. 2 della L.R. n. 23 del 1997;
nonché per la condanna
ai sensi degli artt. 34, 35 e 45, comma 18, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, dell’Amministrazione comunale al risarcimento del danno asseritamente subito dai ricorrenti in conseguenza delle deliberazioni sopra impugnate;
e   n e i   c o n f r o n t i   d i
BOSIS Emilio, Mario ed Andrea,
non costituitisi in giudizio;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese e domande;
Visti gli atti tutti delle cause;
Vista la propria ordinanza istruttoria n. 937/00;
Designato relatore, per la pubblica udienza del 23 marzo 2001, il cons. Renato Righi;
Uditi l'avv. C. Braga per i ricorrenti e l'avv. C. Gitti per il Comune resistente;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con i due ricorsi in oggetto gli interessati hanno impugnato le deliberazioni, rispettivamente, di adozione e di approvazione della variante al P.R.G. di cui in epigrafe, deducendo alcuni profili di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere. Essi hanno chiesto altresì la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento, ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. n. 80 del 1998, del danno asseritamente subito.
Si è costituito in entrambi i giudizi l’intimato Comune che, preliminarmente, ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi, chiedendone comunque la reiezione nel merito per infondatezza.
Con ordinanza collegiale n. 937/00 la Sezione ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Lombardia, con onere a carico dei ricorrenti, nonché l’acquisizione istruttoria di ulteriori documenti, con onere a carico del Comune.
Esperiti tali incombenti i ricorsi sono tornati in trattazione all’odierna udienza pubblica ove gli stessi, chiamati e discussi congiuntamente, sono passati in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va confermata la riunione dei due ricorsi – già operata in sede istruttoria – attesa la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.
Va inoltre disposta la trattazione congiunta degli stessi, poiché le censure prospettate con il primo (avverso la delibera comunale di adozione della variante al P.R.G.) sono esattamente riproposte con il secondo (contro la delibera di approvazione della variante medesima), appunto per dedurne l’illegittimità derivata dalla precedente.
In via prioritaria va intanto rigettata l’eccezione di inammissibilità di entrambi i ricorsi, avanzata dalla difesa del resistente Comune sul rilievo del difetto di interesse all’impugnazione.
Invero, come acclarato dall’istruttoria all’uopo esperita a seguito dell’ordinanza collegiale n. 937/00 della Sezione, la distanza intercorrente tra l’allevamento avicolo dei ricorrenti e la nuova zona B1, introdotta dalla variante impugnata, risulta inferiore (v. relazione del responsabile del servizio tecnico comunale in data 18 gennaio 2001) alla distanza minima prescritta al riguardo dall’art. 25, punto 7, delle N.T.A. del P.R.G., sicché ai ricorrenti va senz’altro riconosciuta una posizione legittimante a contestare la scelta del Comune che potrebbe comunque nuocere agli stessi, come, ad esempio, nel caso di un’eventuale presentazione, da parte loro, di progetti edilizi riguardanti la ristrutturazione o l’ampliamento dell’allevamento in questione.
Passando al merito della controversia, viene in considerazione il primo motivo, mediante cui si deduce l’incompetenza del Comune nel procedere da solo (cioè senza l’intervento anche della Regione) all’approvazione della variante impugnata, così falsamente applicando gli artt. 2 e 3 della L.R. 23 giugno 1997, n. 23, che consentirebbero siffatta procedura semplificata.
La censura è fondata.
L’art. 2, comma 2, lett. e) della citata L.R. n. 23 del 1997 autorizza il Comune a seguire il suddetto procedimento semplificato nel caso di “varianti di completamento interessanti ambiti territoriali di zone omogenee già classificate ai sensi dell’art. 2 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 come zone B, C e D…”.
Orbene, dagli atti risulta – ed è comunque incontroverso in causa – che l’ambito territoriale sul quale la variante ha inciso non era affatto già classificato come zona B (e nemmeno come zona C o D).
In verità tale porzione di territorio comunale era precedentemente classificata quale zona a servizi pubblici (che, secondo la nomenclatura del menzionato D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, sarebbe catalogabile come zona F, che è una zona omogenea viceversa del tutto esclusa dal campo di applicazione della ripetuta L.R. n. 23 del 1997) ed è stata trasformata in zona B (per la precisione in zona B1) appunto con la variante qui contestata.
Alla stregua delle argomentazioni suesposte, entrambi i ricorsi vanno quindi accolti, con pedissequo annullamento delle delibere ivi rispettivamente impugnate, restando assorbite le altre censure non espressamente esaminate.
Va invece respinta la domanda, proposta in ambedue i gravami ai sensi dell’art. 35 D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, di risarcimento del danno asseritamente subito dai ricorrenti in conseguenza delle deliberazioni sopra annullate.
Ciò in considerazione, per un verso, dell’assoluta genericità della domanda stessa (che è stata soltanto preannunciata nell’epigrafe dei ricorsi, ma non è poi stata sviluppata nel contesto dei medesimi e nelle relative conclusioni), per altro verso, in relazione alla circostanza che non è stato allegato nemmeno un principio di prova sulla reale entità del danno lamentato.
Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione parziale, nei limiti di un terzo, ponendone i restanti due terzi a carico del Comune resistente, secondo la liquidazione di cui in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia – ACCOGLIE in parte i ricorsi riuniti di cui in epigrafe e, per l’effetto, annulla le delibere ivi impugnate; nel resto li RESPINGE.
Liquida le spese di entrambi i giudizi nella somma complessiva di lire 6.000.000 (sei milioni) oltre agli oneri di legge, condannando il Comune a rimborsarne i 2/3 a favore dei ricorrenti, compensandole fra loro per il restante 1/3.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Amministrazione.
Così deciso in Brescia, il 23 marzo 2001 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori:
Francesco MARIUZZO, Presidente - Renato RIGHI, Consigliere estensore – Oreste Mario CAPUTO, Consigliere.
 
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