Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

T. A. R. per l’Emilia Romagna, sez. II, sent. n. 16 del 15 gennaio 2004, sull’inammissibilità della cosiddetta sanatoria giurisprudenziale

R E P U B B L I C A    I T A L I A N A 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER L'EMILIA-ROMAGNA
SEZIONE SECONDA
composto dai Signori:
Dott. Luigi Papiano  Presidente  
Dott. Giorgio Calderoni Consigliere 
Dott. Ugo Di Benedetto Consigliere Rel.Est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n. 355/2003  proposto da Valisella Graziella, rappresentata e difesa dall’Avv. Alberto Franceschetti,  ed elettivamente domiciliato ex lege presso la segreteria del T. A. R.; 
contro
il Comune di Comacchio, non costituito in giudizio;
per l'annullamento, 
- della disposizione dirigenziale n. 376 del 18 gennaio 2003 di diniego di sanatoria;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Riferisce la ricorrente di aver ottenuto in data 19 ottobre 2001 una concessione edilizia per eseguire lavori di modifiche interne e prospettiche e realizzazione di un pergolato in legno con soprastante copertura in aderenza con un proprio fabbricato. Tuttavia, i vigili del comune di Comacchio accertavano che la ricorrente aveva realizzato "il luogo della concessionato porticato" una struttura costituita da travi in legno poggianti su pilastri in muratura e tamponamenti in vetro cemento.
Veniva ingiunta la demolizione delle opere, ritenute in totale difformità dalla concessione ottenuta, in relazione al quale, riferisce la ricorrente, è pendente un separato giudizio amministrativo.
Nel frattempo l'interessato aveva chiesto una concessione di sanatoria, ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 47 del 1985, che il Comune negava.
Avverso quest'ultimo provvedimento l'interessata proponeva al T. A. R. il presente ricorso, deducendone l'illegittimità.
Non si costituiva in giudizio il Comune intimato e la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 8 gennaio 2004.
2. Il ricorso è infondato.
Va respinta la prima censura dedotta con la quale l'interessata contesta la "totale difformità" di quanto realizzato rispetto alla concessione edilizia ottenuta sostenendo che il manufatto edile realizzato sia una mera pertinenza. In proposito, infatti, costituisce un orientamento consolidato di questa sezione quello per cui il concetto di pertinenza urbanistica è diverso dal concetto di pertinenza civilistica. Infatti, la pertinenza urbanistica, assoggettata ad un regime edilizio particolarmente semplice e favorevole, riguarda soltanto opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, e non può riguardare opere che dal punto di vista delle dimensioni e della funzione possono avere una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale. Nel caso in esame, come risulta dal verbale di accertamento dell’abuso edilizio, è stato realizzato, in luogo di un pergolato, un porticato di dimensioni rilevanti, ossia di m. 4,00 per 11,50, avente un'altezza di m. 4,00 al colmo e di m. 2,70 in gronda, oltre agli altri manufatti circostanti costituenti un muretto in pietra vista. Tale opera ha una propria rilevanza funzionale dal punto di vista urbanistico e sarebbe soggetta al rilascio di una concessione edilizia (oggi permesso di costruire) per la sua realizzazione.
Contrariamente alla prospettazione difensiva, pertanto, si tratta di un organismo edilizio integralmente diverso rispetto al pergolato oggetto della concessione edilizia originaria e, pertanto, abusivamente realizzato.
3. Va, altresì, respinta la seconda censura dedotta con la quale si sostiene la sussistenza di un obbligo di rilascio della concessione edilizia “in sanatoria” qualora il manufatto realizzato sia conforme alla disciplina urbanistica vigente al solo momento della richiesta di sanatoria,  ancorché difforme agli strumenti urbanistici vigenti al momento della realizzazione del manufatto, nelle more mutati. 
Tale prospettazione non può essere condivisa. Infatti si richiama il cosiddetto istituto della "sanatoria giurisprudenziale" che si avrebbe quando l'opera è stata realizzata abusivamente ma, per effetto del mutamento di strumenti urbanistici, risulta regolare in relazione alla sopravvenuta disciplina vigente al momento della richiesta di sanatoria. In effetti, la tesi del ricorrente richiama l'orientamento giurisprudenziale minoritario il quale, tuttavia, non è condiviso da questo tribunale. Infatti la cosiddetta "sanatoria giurisprudenziale" è incompatibile con la sopravvenuta disciplina della sanatoria introdotto dalla legge n. 47 del 1985 che, con il requisito di ammissibilità della sola doppia conformità al piano regolatore generale, ammettendo pertanto la sanatoria soltanto per le opere realizzate senza concessione ma conformi alla disciplina vigente sia al momento della realizzazione del manufatto sia al momento della richiesta del provvedimento di sanatoria, ha inteso impedire il rischio di eventuali pratiche di salvataggio in sede locale di forme di abusivismo edilizio mediante modifiche a posteriori dello strumento urbanistico (vedi T.A.R. Bologna, sez. II, n. 194 del 2002; n. 1833 del 2002; n. 1058 del 2003).
Infatti, tale figura di sanatoria "giurisprudenziale" sembrava configurabile nella normativa previgente che, al dodicesimo comma dell'articolo 15 della legge n. 10 del 1977 si limitava, secondo l'opinione dominante, a liberalizzare alcune varianti di importanza secondaria a progetti edilizia assentiti, senza disciplinare la complessiva problematica della sanatoria amministrativa di interventi abusivi, la quale, pertanto, veniva ritenuta possibile, dalla giurisprudenza, in caso di conformità con gli strumenti urbanistici vigenti al momento della pronuncia sulla domanda di sanatoria e ciò al fine di evitare inutili distruzioni di ricchezza. Invece, al contrario, come sopra evidenziato, la legge n. 47 del 1985 ha predisposto una disciplina esaustiva e puntuale delle ipotesi sanatoria, anche ai fini amministrativi, non lasciando alcun margine interpretativo per consentire la sopravvivenza della sanatoria "cosiddetta giurisprudenziale". Infatti, la concessione in sanatoria è un provvedimento tipico, che elimina l'antigiuridicità dell'abuso, estinguendo il reato ed il potere repressivo dell'amministrazione, per cui la sua applicazione ed i suoi limiti non possono che essere specificamente disciplinati dalla normativa. Ne’ appare possibile l'esercizio, da parte dell'amministrazione, di un potere di sanatoria che vada oltre i limiti imposti dal legislatore, anche perché non sarebbe ammissibile una interpretazione finalizzata alla protezione di interessi privati scaturenti da comportamenti antigiuridici, che permetterebbe, oltretutto, la possibilità di usufruire delle modifiche della regolamentazione urbanistica idonee a legittimare l’edificazione abusiva addirittura fino all'esecuzione della definitiva sanzione della demolizione.
4. Va, infine, respinta la terza censura dedotta con la quale la ricorrente prospetta un difetto di motivazione e di interesse pubblico.
Infatti, l’atto impugnato è adeguatamente motivato con riferimento alle ragioni giuridiche che non consentono la sanatoria e, trattandosi di un provvedimento vincolato, non richiede l'indicazione specifica di un interesse pubblico in quanto l'amministrazione ha l'obbligo giuridico di applicare puntualmente la legge.
 5. Per tali ragioni il ricorso va respinto.
6. Nulla per le spese non essendosi l'amministrazione costituita.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione seconda, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo Respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bologna, il giorno 8/1/2004.
Presidente  
Consigliere Rel.Est.
Depositata in Segretaria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186.
Bologna, li                                                                                                                                 
Il Segretario

 

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