Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

T. A. R. Lazio, sez. II bis, sent. n. 6765 del 20 luglio 2001, sul regime giuridico del piano interrato di una costruzione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda Ter) ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 17967/2000 proposto dalla s.a.s. BUSCARINO IMMOBILIARE, in persona del legale rappresentante sig.ra Patrizia Nissolino, rappresentata e difesa dall’avv. Laura Nissolino presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Savorelli n. 120;
c o n t r o
il Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura comunale (avv. Angelo Delfini) presso i cui Uffici è elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
per l'annullamento

delle determinazioni dirigenziali (Circoscrizione XIII) n. 2460 del 18.10.1999 e n. 934 del 13.4.2000.
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
 Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 Visti gli atti tutti della causa;
 Udito alla pubblica udienza del 10 gennaio 2001 il relatore dott. Giulio Amadio e uditi, altresì, i procuratori delle parti, come da verbale d'udienza;
 Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
 La società ricorrente, onde realizzare un locale destinato a garage, ha eseguito un ampliamento abusivo del piano interrato di un edificio sito in via G. Luporini n. 34, assentito con concessione edilizia n. 510/c del 3.6.1998.
 Il Comune di Roma ha dapprima (18.10.1999) ordinato la sospensione dei lavori e poi (13.4.2000) la demolizione della superficie interrata.
 I due provvedimenti sono stati impugnati con ricorso notificato il 12.10.2000 e depositato il 25.10.2000.
 La loro illegittimità discenderebbe dalla natura dell’intervento edilizio e dalla sfasatura temporale prodottasi tra i due provvedimenti.
 Sotto il primo profilo si assume trattarsi di opere costituenti pertinenza di fabbricato preesistente, assoggettata perciò a regime autorizzatorio sia ai sensi dell’art. 31 della L. 5.8.1978 n. 457 che dell’art. 2, sessantesimo comma, della L. 23.12.1996 n. 662.
 Sotto il secondo profilo l’ordinanza di demolizione sarebbe finanche nulla perché adottata ben oltre i sessanta giorni dall’ordine di sospensione dei lavori e quindi allorchè si era consumato il potere repressivo.
 Nonostante il conseguimento della concessione edilizia in sanatoria (n. 141/CS del 27.9.2000) la società ricorrente ribadisce il proprio convincimento che l’attività edilizia da essa posta in essere non fosse soggetta a concessione ed anzi insta per la condanna dell’Amministrazione alla rifusione dei danni subiti, da quantificarsi a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio.
 Resiste al ricorso il Comune di Roma chiedendone il rigetto per infondatezza.
 Alla pubblica udienza odierna la causa, sentite le parti, è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
 Le doglianze che supportano il ricorso non possono essere condivise.
 Invero il piano interrato di una costruzione è parte integrante e non elemento accessorio della stessa, essendo la pertinenza entità distinta dal bene al cui servizio o utilità si pone (art. 817 cod. civ.).
 Necessitava quindi l’ottenimento della concessione edilizia per ricavare una nuova cubatura al piano interrato.
 Inoltre il lungo lasso di tempo intercorso tra l’emanazione dell’ordine di sospensione dei lavori e l’adozione dell’ordinanza di demolizione non rende illegittima quest’ultima perché la repressione degl’illeciti edilizi può esercitarsi in ogni tempo, mentre la legge accorda un’efficacia limitata all’ordine di sospensione dei lavori attesa la sua natura giuridica di provvedimento previsto a fini cautelativi, ossia per verificare la compatibilità  urbanistico-edilizia di un intervento edificatorio.
 Il ricorso va pertanto respinto e le spese seguono la soccombenza.
P. Q. M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione Seconda Ter, RESPINGE il ricorso in epigrafe.
 Condanna la ricorrente al pagamento, a favore del Comune di Roma, delle spese del giudizio che liquida in L. 2.000.000=(due milioni).
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 10 gennaio 2001 in camera di consiglio, con l'intervento dei Magistrati:
Gianni Leva  Presidente 
Giulio Amadio Consigliere est.
Carlo Taglienti Consigliere 
 
© Diritto - Concorsi & Professioni - riproduzione vietata