Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

T. A. R. per il Veneto, sent. del 4 febbraio 2003, n. 1040, sul condono edilizio in zone vincolate

                                         per l’annullamento 

del provvedimento del commissario prefettizio 12.2.1988 n. prot. 4916/86 con cui è stata negata la concessione in sanatoria
richiesta dal ricorrente Bianchi Bruno ed è stata ingiunta la demolizione del manufatto abusivo.

                                              FATTO

I ricorrenti espongono di essere, il sig. Bianchi precedente proprietario e le sig.re Costabile cessionarie, di un terreno in Comune
di Abano Terme dove il sig. Bianchi ha realizzato, asseritamente nel 1977, un fabbricato agricolo per il quale nel 1986 ha chiesto
la concessione edilizia in sanatoria.

Avverso il provvedimento in epigrafe, con cui è stata negata la sanatoria ed ingiunta la demolizione del manufatto abusivo, i
ricorrenti deducono i seguenti motivi:

1) violazione di legge (art. 31 L. 47/85) ed eccesso di potere per travisamento, nel rilievo che, nel 1977 ed anche all’entrata in
vigore della L. 47/85, l’area aveva destinazione urbanistica di zona A; solo in seguito è stata variata con imposizione del vincolo
a verde pubblico che tuttavia non potrebbe applicarsi alla fattispecie in cui i presupposti per ottenere il condono edilizio erano già
maturati all’entrata in vigore della legge n. 47/85 e l’art. 32 L. 47/85 non potrebbe applicarsi;

2) violazione di legge (artt. 32 e 29 L. 47/85; artt. 1 e 2 L.R. 52/85) in quanto, se fosse applicabile l’art. 32 della L. 47/85 in
ordine al vincolo urbanistico, sarebbe dovuta essere previamente adottata una variante urbanistica di recupero degli
insediamenti urbanistici;

3) violazione di legge (art. 31 L. 47/85) ed eccesso di potere per travisamento, nel rilievo che il manufatto realizzato non
contrasta, comunque, con la destinazione urbanistica di zona;

4) illegittimità costituzionale degli artt. 29, 31 e 32 L. 47/85 e della L.R. 52/85.

L’amministrazione intimata, costituita in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del gravame per mancata impugnazione
dell’ordine di demolizione e mancata presentazione dell’istanza di condono ex art. 39 L. 724/94 e nel merito ha concluso per la
sua reiezione.

                                             DIRITTO

E’ impugnato il provvedimento del commissario prefettizio 12.2.1988 n. prot. 4916/86 con cui è stata negata la concessione in
sanatoria richiesta dal ricorrente Bianchi Bruno ed è stata ingiunta la demolizione del manufatto abusivo.

Il diniego di sanatoria è motivato col rilievo che "le opere sono state realizzate in zone previste a verde pubblico dal vigente
strumento urbanistico, contrastando inoltre con la vigente normativa in materia igienico-sanitaria" e che pertanto "non sono
suscettibili di sanatoria per il disposto dell’art. 33 della legge n. 47/85".

Il Collegio rileva, pregiudizialmente, che il ricorso è inammissibile.

Invero, i ricorrenti nello svolgimento delle diverse censure, anche di illegittimità costituzionale, lamentano l’erronea applicazione
degli artt. 29, 31 e 32 della L. 47/85, ma non indicano mai l’art. 33 della citata legge che è stato, in realtà, applicato alla
fattispecie.

Com’è noto, l’art. 33, comma, 1 della L. 47/85 stabilisce che i vincoli di inedificabilità assoluta, individuati nella stessa norma,
sono ostativi alla sanatoria delle opere edilizie con essi contrastanti, se realizzate anteriormente all’esecuzione delle opere
stesse, diversamente disciplinando l’ipotesi dei vincoli relativi, previsti dal precedente art. 32 della L. n. 47 citata. La presenza
di vincoli di inedificabilità assoluta ai sensi dell’art. 33 L. 47/85, introdotti in un momento successivo all’edificazione, non
esclude la sanatoria, ma nemmeno la consente, imponendo invece la verifica di compatibilità da parte dell’autorità preposta alla
tutela del vincolo (cfr.: Consiglio di Stato, Ad. Plen, 22 luglio 1999 n. 20; sez. VI, 22 gennaio 2001 n. 181).

Dunque, i motivi dedotti non sono strettamente riferiti alla specifica disposizione normativa che sorregge il provvedimento
impugnato. 

Oltre a ciò, i ricorrenti hanno del tutto omesso di censurare quel profilo della motivazione, autonomo rispetto a quello inerente
alla presenza del vincolo urbanistico a verde pubblico, secondo cui le opere contrastano con la vigente normativa in materia
igienico-sanitaria. 

Ora, poiché è sufficiente a reggere il provvedimento impugnato l'esistenza di un motivo autonomo non impugnato, la presenza di
quest’ultimo non opposto dall’interessato rende inammissibile il ricorso giurisdizionale (cfr., tra numerose altre pronunce:
Consiglio di Stato, sez. V, 23 gennaio 2001 n. 208).

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio possono essere compensate, concorrendo giusti motivi.

                                              P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, lo
dichiara inammissibile.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, addì 19 dicembre 2002.

Il Presidente L’Estensore

Depositata in segreteria in data 4 febbraio 2003.

 

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