Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2001, n. 2882, sulla legittimazione del possessore a chiedere la concessione edilizia
  
REPUBBLICA ITALIANA     
          IN NOME DEL POPOLO ITALIANO         
Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale   Quinta  Sezione           
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4930/95, proposto da SAPONE Antonio, rappresentato e difeso dagli avv.ti. Giovanni VERDE ed Elio STICCO ed elettivamente domiciliato in Roma, via Cola di Rienzo 149, presso Sergio FIDENZIO;
CONTRO
Il Comune di BELLONA, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Ciro CENTORE presso il quale elettivamente domicilia in Roma, via Sistina 123;
e
la PARROCCHIA di SAN SECONDINO di BELLONA, in persona del Parroco p.t., non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del TAR della Campania, sede di Napoli, Sez. V, 15 luglio 1994, n.321;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
vista la memoria di costituzione in giudizio e resistenza del Comune di Bellona e la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle proprie difese;
visti gli atti tutti di causa;
relatore, alla pubblica udienza del 27 aprile 2001, il Cons. Paolo BUONVINO e uditi, per le parti, l’avv. ADRAGNA, per delega dell’avv. STICCO, per l’appellante e l’avv. LORIZIO, per delega dell’avv. CENTORE, per il Comune appellato.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O
1) - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante per l’annullamento dell’ordinanza sindacale recante autorizzazione al Parroco della Parrocchia di Bellona ad eseguire lavori di restauro dell’atrio della Cappella del Monte Rageto; erano anche impugnati la comunicazione del parere della Commissione edilizia del 28 dicembre 1992 e l’ordine di sospensione dei lavori di restauro richiesti dallo stesso originario ricorrente.
2) - Con il ricorso di primo grado l’odierno appellante, che nel 1990 aveva acquistato da un terzo, il sig. Chiari, tra gli altri beni immobili, anche l’atrio di cui si discute, deduceva:
 - che la sentenza pretorile di “reintegra in possesso” in capo, tra gli altri, all’intimata Parrocchia, costituente presupposto dei provvedimenti impugnati, non avrebbe fatto stato nei suoi confronti, essendo stata resa solo nei riguardi del suo dante causa;
 - che il medesimo ricorrente, proprietario dei beni di cui si discute, sarebbe stato nel legittimo possesso del bene;
 - che, comunque, l’accordata tutela possessoria non sarebbe stata tale da legittimare il rilascio del contestato titolo autorizzatorio a favore di soggetto non proprietario, ma semplice possessore;
 - che dall’illegittimità del provvedimento autorizzatorio sarebbe discesa anche l’illeggittimità del diniego edificatorio opposto dal Sindaco al medesimo;
 - che il Comune di Bellona avrebbe dichiarato un proprio interesse, assumendo di essere esso stesso possessore e proprietario dell’atrio e, quindi, non avrebbe potuto, in tale situazione, adottare un provvedimento in proprio favore;
 - che il Comune neppure avrebbe considerato che il fabbricato era di proprietà dello stesso sig. Sapone;
 - che solo l’atrio della cappella sarebbe ricaduto in Comune di Bellona, sicché illegittimamente il provvedimento impugnato avrebbe investito anche beni – la cappella – ricadenti nel territorio del finitimo Comune di Pontelatone;
 - che il bene oggetto dei provvedimenti impugnati sarebbe stato sottoposto a vincolo storico/artistico necessitando, di conseguenza, ai fini della realizzazione dei lavori autorizzati di cui si tratta, della preventiva autorizzazione soprintendentizia.
3) - Il TAR ha ritenuto che il titolo di possesso dell’immobile in capo, tra gli altri, alla Parrocchia, riconosciuto con sentenza pretorile n.63/86, di reintegra in possesso, passata in giudicato e resa nei confronti del dante causa dello stesso ricorrrente, sig. Sapone, legittimasse la richiesta del titolo autorizzatorio da parte del titolare della Parrocchia stessa e che il vincolo imposto dalla Soprintendenza sarebbe stato successivo rispetto al rilascio del medesimo titolo autorizzatorio, così da non ostare al rilascio di questo.
4) - Viene qui dedotta l’erroneità della sentenza in quanto:
 - dopo l’acquisto del detto compendio immobiliare, avvenuto nel 1990, solo l’odierno appellante sarebbe nell’effettivo possesso del bene di cui si tratta; bene il cui stato di grave degrado e oggettiva pericolosità escluderebbe la sussistenza stessa di una situazione di possesso in capo a terzi;
 - la semplice posizione di possesso non potrebbe essere rivista come posizione di diritto reale, tutelabile erga omnes;
 - il Parroco della Parrocchia di Bellona non sarebbe legittimo possesore né proprietario della citata Cappella;  
 - la posizione di “possessore” a titolo precario non legittimerebbe il rilascio del titolo edificatorio in capo al possessore stesso senza il consenso del legittimo proprietario del bene, che è lo stesso appellante e che sarebbe l’unico soggetto titolare della effettiva disponibilità edificatoria;
  - in ogni caso, la sentenza pretorile si sarebbe limitata a reintegrare il Parroco nel possesso del solo passaggio e della Cappella per l’esclusivo fine di culto, sicché il diritto così riconosciuto non avrebbe potuto estendersi oltre tale limitata tutela possessoria, assegnando al Parroco stesso anche potestà connesse alla sola proprietà o altro diritto reale, comprensivi essi soli della potestà edificatoria;
 - sarebbe, comunque, fondata e viene, a tal fine, ribadita, anche la censura di conflitto di interessi svolta in primo grado;
 - la sentenza pretorile nulla avrebbe disposto in merito alla reintegra del possesso con specifico riferimento all’atrio della Cappella;
 - parte dell’atrio stesso non ricadrebbe in Comune di Bellona;
 - il diritto di accedere all’atrio non darebbe anche il diritto ad eseguire la manutenzione straordinaria dello stesso, tra l’altro interferendo con i lavori di restauro da intraprendersi da parte del proprietario.
5) - Il Comune di Bellona insiste, nella memoria di costituzione in giudizio, per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
6) - Con memoria conclusionale l’appellante, nel ribadire i propri assunti e nel confutare ancora la sentenza appellata, fa constare:
 - che l’originario titolo autorizzatorio sarebbe da tempo decaduto per inutile decorso del termine di cui all’art. 10 della legge n. 765/1967 per mancato inizio dei lavori nei termini prescritti;
 - che con concessione edilizia 8 gennaio 1999, n. 3/99, rilasciatagli dal Comune di Bellona, e con concessione edilizia 27 ottobre 1998, n. 758/95, del Comune di Pontelatone, sono stati autorizzati lavori di ristrutturazione dell’intero compendio immobiliare di cui si tratta;
 - che lo stesso TAR della Campania, con successiva sentenza passata in giudicato (Sezione II, 24 giugno 1998, n. 2078), nell’accogliere – insieme ad altri ricorsi radicati dal medesimo odierno appellante – anche il ricorso n. 5301/97 (proposto avverso la concessione edilizia che legittimava l’esecuzione, da parte del medesimo ricorrente, di lavori di ristrutturazione riguardanti il compendio immobiliare di cui si tratta, ma con esclusione dell’atrio prospiciente la cappella votiva, in attesa che venisse definito il giudizio sulla proprietà di tale porzione immobiliare), annullava in parte qua il titolo ora detto, con conseguente espansione della potestà edificatoria dell’interessato anche a tale parte del compendio immobiliare; 
- che con sentenza 23 novembre 1998, n.2379, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha dichiarato che il fondo già di proprietà Chiari era libero da servitù e che, in particolare, non sussisteva alcuna servitù o onere pregiudizievole sul fabbricato rurale con annessa cappella votiva; 
 - che lo stesso Tribunale, con tale sentenza, ha rigettato le domande riconvenzionali della Parrocchia aventi ad oggetto l’usucapione della cappella sita sul Monte Rageto, la servitù di passaggio sullo stradone che dalla base porta alla sommità del monte, nonché la declaratoria di destinazione della Chiesa santuario Maria SS di Gerusalemme al culto cattolico;
 - che, quindi, la presente causa non avrebbe più ragion d’essere.
D I R I T T O
1) – L’appello è fondato.
La tutela possessoria accordata dal Pretore con la sentenza n. 63/86 atteneva, invero, essenzialmente, all’uso del bene, specie in taluni periodi dell’anno, per finalità religiose, ma non accordava al possessore alcun diritto reale o obbligatorio rispetto al bene di cui si discute; con la conseguenza che nei confronti di detto possessore non era configurabile una posizione legittimante la richiesta del titolo edificatorio ai sensi dell’art. 4 della legge n. 10 del 28 gennaio 1977.
Tale norma prevede, infatti, che “la concessione è data dal sindaco al proprietario dell’area o a chi abbia titolo per richiederla”; ma deve trattarsi di un titolo fondato su un diritto reale, anche di servitù, o almeno su un diritto obbligatorio (es., locazione), che accordi al richiedente disponibilità del bene immobile e la potestà edificatoria, mentre una semplice relazione di fatto, ancorché tutelata, quale quella legata al possesso  nella specie riconosciuto, non appare tale da conferire il diritto a vedersi rilasciato il titolo concessorio o, come nella specie, quello autorizzatorio; tantopiù che nella specie le potestà che si riconnettono al rilascio del contestato titolo edificatorio si scontrano con la volontà del legittimo proprietario dei beni di cui si tratta, pure richiedente il rilascio di analogo titolo.
Donde l’illegittimità dell’autorizzazione rilasciata dal Comune a favore della Parrocchia appellata e del conseguenziale ordine di sospensione lavori avviati dall’originario ricorrente.
2) - Può soggiungersi, ad ogni buon conto,  che il titolo autorizzatorio oggetto dell’originario ricorso è stato, in linea di fatto, superato, in larga parte della propria capacità lesiva della sfera dell’appellante, in quanto:
 - i lavori oggetto dell’autorizzazione stessa  - e il fatto non è contestato -non sono stati mai iniziati (con la conseguente decadenza – anche se non formalmente dichiarata -  del titolo edificatorio stesso; titolo che, a seguito della sentenza favorevole n. 321/94 del TAR, di per sé esecutiva e non sospesa in appello, avrebbe legittimato il tempestivo inizio dei lavori);
 - a seguito dell’altra sentenza del TAR sopra indicata, n.2078/98 – pure passata in giudicato – il titolo edificatorio rilasciato a favore del Sig. Sapone si è esteso anche alla ristrutturazione dell’atrio di cui è causa, in precedenza denegata;
 - con la predetta, inoppugnata concessione edilizia n.3/99 – che fa esplicito riferimento sia alla ora detta sentenza del TAR, sia alla cennata sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – è stata assentita la realizzazione di una serie di opere di restauro conservativo del complesso sito sul Monte Rageto per le parti del fabbricato insistenti nel Comune di Bellona;
 - con la cennata concessione edilizia – pure inoppugnata - n.758/95 (prorogata il 20 aprile 2000) sono stati autorizzati analoghi lavori anche per la parte del compendio di cui si tratta, ricadente in Comune di Pontelatone.
La sostanziale decadenza della contestata autorizzazione e il rilascio, in favore dell’interessato sig. Sapone, dei titoli concessori che (nel rispetto delle prescrizioni contenute nei presupposti nulla-osta della competente Soprintendenza dei Beni AA.AA.SS. di Caserta e nella consapevolezza dell’insussistenza di servitù o altri oneri o usucapione a favore della Parrocchia sull’immobile di cui si tratta) legittimano la realizzazione, da parte del medesimo, delle opere di ristrutturazione, che involgono, in conformità con quanto deciso dallo stesso TAR con la ripetuta sentenza n. 2078/98, anche l’atrio della Cappella, oggetto dell’originaria impugnativa, appaiono, quindi, tali da aver ampiamente attenuato, come si ripete, la propria forza lesiva della sfera dell’appellante.
8) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado, devono essere annullati i provvedimenti in quella sede impugnati.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere, peraltro, integralmente compensate tra le parti.
P. Q. M. 
il Consiglio di Stato, Sezione quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in accoglimento dell’originario ricorso, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado.
Spese del doppio grado integralmente compensate tra le parti.  
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.  
Così deciso in Roma il 27 aprile 2001 dal Collegio costituito dai Sigg.ri: 
ALFONSO QUARANTA  - Presidente
CORRADO ALLEGRETTA - Consigliere
PAOLO BUONVINO  - Consigliere est.
MARCO LIPARI   - Consigliere
MARZIO BRANCA   - Consigliere
 
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