Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 3999 del 17 luglio 2002, sui vincoli urbanistici d’inedificabilità

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E

sul ricorso in appello iscritto al NRG 1109 dell’anno 2002 proposto dal COMUNE DI CONSELVE, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Cartia, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43, presso lo studio dell’avv. Fabio Lorenzoni;
contro
MARTISSA MARIA GRAZIA ved. BERTOLI, BERTOLI MARIA LUISA e BERTOLI MARIA ELENA, tutte rappresentate e difese dagli avvocati Cesare Janna, Luigi Manzi e Andrea Manzi, con i quali sono elettivamente domiciliate in Roma, via F. Confalonieri n. 5;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto, sez. I,  n. 4410 del 24 dicembre 2001;
 Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 Visto l’atto di costituzione in giudizio delle signore Martissa Maria Grazia, vedova Bertoli, Bertoli Maria Luisa, Bertoli Maria Elena, che hanno spiegato anche appello incidentale;
 Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 Visti tutti gli atti di causa;
 Relatore alla pubblica udienza del 16 aprile 2002 il consigliere Carlo Saltelli;
 Udito l’avvocato Lorenzoni, su delega dell’avvocato Cartia, per il Comune di Conselve .
 Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
 Le signore Martissa Maria Grazia, vedova Bertoli, Bertoli Maria Luisa, Bertoli Maria Elena, proprietarie nel comune di Conselve di un appezzamento di terreno di circa 6355 metri quadrati, in via Mascagni (in catasto sezione unica, foglio 16, mappale 1575), destinato per effetto della previsione contenuta nel vigente piano regolatore, approvato con decreto del Presidente della Regione Veneto n. 1525 del 20 marzo 1991, ad aree attrezzate a parco gioco e sport, rilevando che tale destinazione urbanistica implicava un vincolo di inedificabilità preordinato all’esproprio e che essa, già decaduta e reiterata, doveva considerarsi definitivamente inefficace per inutile decorso del quinquennio previsto dalla legge 19 novembre 1968 n. 1167, con atto notificato il 12 luglio 2001 diffidavano l’amministrazione comunale di Conselve ad adottare gli atti deliberativi necessari per assegnare all’area di loro proprietà la destinazione urbanistica più confacente.
Deducevano, infatti, che l’area in questione aveva una naturale vocazione edificatoria e che la mancata attuazione della previsione urbanistica dimostrava l’inesistenza di un interesse pubblico al mantenimento del vincolo; inoltre un’eventuale reiterazione, oltre che illegittima, avrebbe imposto la liquidazione dell’indennizzo, come statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999.
Aggiungevano poi che era rimasta senza seguito la nota della stessa amministrazione comunale n. 6129 del 30 marzo 2000 che, riscontrando una loro precedente diffida, aveva assicurato la propria intenzione di tenere in considerazione la richiesta.
Anche la diffida del 12 luglio 2001 rimaneva senza riscontro, atteso che con nota n. 19270/2001 dell’8 ottobre 2001 si limitava a confermare la propria intenzione di procedere alla revisione del piano regolatore, nell’ambito del quale sarebbe stata valutata la richiesta delle proprietarie.
Con ricorso notificato il 13 novembre 2001 le predette signore Martissa Maria Grazia, vedova Bertoli, Bertoli Maria Luisa, Bertoli Maria Elena chiedevano al Tribunale amministrativo regionale del Veneto, ai sensi dell’articolo 21 bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, la declaratoria dell’illegittimità del silenzio rifiuto formatosi sull’atto di diffida notificato il 12 luglio 2001 con conseguente obbligo del Comune di Conselve di determinarsi sulla richiesta di attribuire una nuova confacente destinazione urbanistica all’area di loro proprietà, disponendo per il caso di persistente inerzia la nomina del commissario ad acta.
Nella resistenza dell’intimata amministrazione, l’adito Tribunale, con la sentenza n. 4410  del 24 dicembre 2001, accoglieva il ricorso, ritenendo meramente soprassessoria la nota n. 19270/2001 dell’8 ottobre 2001, dichiarava l’illegittimità del silenzio – rifiuto formatosi e ordinava, per l’effetto, al Comune di Conselve di adottare entro il termine di novanta giorni (dalla comunicazione o notificazione della sentenza) con apposita deliberazione le determinazioni sulla richiesta di variante al piano regolatore vigente circa la destinazione dell’area di proprietà delle ricorrenti, riservandosi di nominare un commissario ad acta per il caso di persistente inerzia.
Avverso tale statuizione ha proposto appello il Comune di Conselve rilevandone l’erroneità in quanto, così come precisato nella decisione n. 1 del 9 gennaio 2002 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, il giudice amministrativo avrebbe potuto solo dichiarare l’illegittimità del silenzio rifiuto serbato dall’Amministrazione, senza sostituirsi ad essa e alle sue scelte, come avevano fatto i primi giudici ordinando all’amministrazione comunale l’adozione di una variante al piano regolatore generale.
In ogni caso, ad avviso dell’appellante, il vincolo gravante sulla proprietà delle ricorrenti  non aveva natura espropriativa, consistendo in un mero azzonamento, così che non esso non era scaduto, ciò senza contare che, trattandosi di “c.d. zona bianca” sussisteva comunque la possibilità di edificare; inoltre era errata ed esagerata anche il capo della sentenza relativa alla condanna al pagamento delle spese di giudizio.
Le appellate si sono costituite in giudizio deducendo l’assoluta infondatezza dell’avverso gravame, spiegando a sua volta appello incidentale per la omessa immediata nomina del commissario ad acta e chiedendo la correzione della sentenza nella parte del dispositivo in cui disponeva la compensazione delle spese di giudizio, essendo già stata dichiarata la condanna al pagamento delle stesse a carico dell’amministrazione comunale.
D I R I T T O
 I. L’appello principale proposto dal Comune di Conselve è infondato.
 I.1. Come emerge dal certificato rilasciato in data 29 settembre 1999 dal responsabile dell’area tecnica del Comune di Conselve (prot. 19620) l’area di proprietà delle signore Martissa Maria Grazia, vedova Bertoli, Bertoli Maria Luisa, Bertoli Maria Elena ricadeva, in virtù delle previsioni urbanistiche contenute nel piano regolatore generale approvato con delibera della giunta regionale del Veneto n. 1525 del 20 marzo 1991, in zona F ed era destinata ad aree a parco per il gioco e lo sport: le costruzioni ivi consentite riguardavano esclusivamente attrezzature e impianti per il gioco e tempo libero.
 Non vi è dubbio - ad avviso della Sezione – che il vincolo così incidente sull’area in esame comportava inedificabilità, trattandosi di un vincolo specifico (non assimilabile ad un vincolo conformativo di semplice zonizzazione, non suscettibile di indennizzo), direttamente incidente sul diritto di proprietà limitandone grandemente il godimento e l’utilizzazione.
Tale vincolo rientrava perfettamente nelle previsioni di cui all’articolo 2 della legge 19 novembre 1968 n. 1167 e quindi era soggetto alla decadenza quinquennale ivi prevista.
Di tanto era ben consapevole la stessa amministrazione appellante che, sia nella nota prot. 6129 del 30 marzo 2000 che nella successiva nota prot. 19270 dell’8 ottobre 2001, non ha mai contestato l’effettiva scadenza del quinquennio di efficacia del vincolo sopra ricordato.
I.2. Ciò posto, non vi è dubbio che l’Amministrazione comunale di Conselve aveva l’obbligo di provvedere sulla diffida delle proprietarie e che, pertanto, come correttamente ritenuto dai primi giudici, si è formato sulla stessa il silenzio – rifiuto.
Infatti, per costante giurisprudenza la decadenza dei vincoli urbanistici che comportano l’inedificabilità assoluta ovvero che privano il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico, determinata dall’inutile decorso del termine quinquennale di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 19 novembre 1968 n. 1167 decorrente dall’approvazione del piano regolatore generale, obbliga il Comune a procedere alla nuova pianificazione dell’area rimasta priva di disciplina urbanistica (C.d.S., A.P. 2 aprile 1984 n. 7; sez. V, 21 maggio 1999 n. 593; 2 dicembre 1998 n. 1721; sez. IV, 27 dicembre 2001 n. 6415; 5 maggio 1997 n. 479).  
Tale obbligo può essere assolto sia attraverso una variante specifica sia attraverso una variante generale, che sono gli unici strumenti che consentono all’amministrazione comunale di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni già impresse ad aree situate nelle aree più diverse del territorio comunale rispetto ai principi informatori della vigente disciplina di piano regolatore e alle nuove esigenze di pubblico interesse (C.d.S., sez. IV, 12 giugno 1995  n. 439).
Deve aggiungersi, inoltre, che la disciplina dettata dall’articolo 4, ultimo comma, lett. a) e b) della legge 28 gennaio 1977 n. 10 ha natura provvisoria, non può sostituirsi alla disciplina che la legge affida alle responsabili valutazioni del Comune (Cass., sez. I, 6 novembre 1998 n. 1158; C.d.S., sez. IV, 6 giugno 1997 n. 621 e sez. V, 14 novembre 1996 n. 1638) e non esime il Comune dal delineato obbligo di provvedere.    
I.3. Sotto tale profilo, pertanto, i primi giudici non hanno travalicato i limiti della potestas iudicandi circa il silenzio rifiuto, come chiariti dall’Adunanza Plenaria nella decisione n. 1 del 9 gennaio 2002: infatti l’ordine impartito all’ente locale di provvedere sulla richiesta delle ricorrenti circa la destinazione urbanistica delle loro proprietà con apposita variante riguarda lo strumento operativo per l’adempimento dell’obbligo, senza tuttavia sostituirsi all’amministrazione in ordine al contenuto delle scelte urbanistiche.
L’appello principale deve essere respinto.
II. Passando all’esame dell’appello incidentale, la Sezione rileva che con esso le appellate hanno lamentato l’erroneità della decisione impugnata nella parte in cui, pur dichiarando illegittimo il silenzio rifiuto, con conseguenziale obbligo del Comune di Conselve di provvedere, ha rinviato la nomina del commissario ad acta all’eventuale persistente inerzia dell’amministrazione comunale, così frustando il principio di effettività della tutela giurisdizionale perseguita proprio attraverso la tutela offerta nei confronti del silenzio – rifiuto.
L’assunto non è meritevole di accoglimento.
Invero il comma 2 dell’articolo 21 bis della legge 6 dicembre 1071 n. 1034, introdotto con l’articolo 2 della legge 21 luglio 2000 n. 205, stabilisce che solo ove l’amministrazione resti inadempiente all’ordine del giudice di provvedere (“di norma entro un termine non superiore a trenta giorni) il giudice, su richiesta della parte interessata, nomina un commissario che provvede in luogo della stessa.
Correttamente, quindi, i primi giudici si sono riservati la nomina del commissario ad acta solo in caso di ulteriore persistente inerzia per l’inutile decorso del termine di novanta giorni assegnato al Comune di Conselve per provvedere, rispettando proprio la ratio della norma (autorevolmente interpretata nella già ricordata decisione n. 1 del 9 gennaio 2002 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato) che tende ad evitare, per quanto possibile, la sostituzione del giudice all’amministrazione nell’esercizio della funzione di amministrazione attiva.
 III. Sussiste invece l’errore materiale denunciato dalle appellate per essere contenuta nel dispositivo della sentenza impugnata, oltre alla condanna dell’amministrazione comunale al pagamento delle spese di giudizio, così come previsto nelle motivazioni, anche la dichiarazione di integrale compensazione delle spese.
Tale ultima dichiarazione, infatti, deve ritenersi un mero lapsus calami, non essendo dubitabile che, come risulta dalle motivazioni della sentenza, i giudici di primo grado avevano ritenuto di dover condannare l’amministrazione resistente.
Pertanto il dispositivo della sentenza impugnata deve essere corretto, dovendosi ritenere per non scritto il capo relativo alla integrale compensazione delle spese di giudizio.
 IV. In conclusione vanno respinti tanto l’appello principale, quanto quello incidentale; deve essere invece accolta la richiesta di correzione dell’errore materiale, nei sensi di cui in motivazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
 P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV) respinge l’appello principale proposto dal Comune di Conselve e quello incidentale proposto dalle signore Matissa Maria Grazia vedova Bertoli, Bertoli Maria Luisa e Bertoli Maria Elena; accoglie la richiesta di correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Conselve al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore delle appellate che si liquidano in euro 3.000 (tremila).
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 aprile 2002, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
TROTTA GAETANO    - Presidente 
SALVATORE COSTANTINO   - Consigliere
POLI  VITO       - Consigliere
MOLLICA BRUNO    -  Consigliere
SALTELLI CARLO     - Consigliere est.
 L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE
 
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