Giurisprudenza - Enti locali

T. A. R. Marche, sentenza n.  983 del 2 settembre 2002, sulle funzioni dei consorzi di bonifica e delle Province in materia di realizzazione e la gestione delle opere idrauliche in materia di progettazione, realizzazione e gestione di opere idrauliche 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLE MARCHE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n.173 del 2002, proposto dal CONSORZIO di BONIFICA della VALLE  del TENNA, con sede in Fermo (AP), in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Domenella, elettivamente domiciliato in Ancona, al Corso Mazzini n. 156, presso l’avv. Francesco Tardella;
contro
la REGIONE MARCHE, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, rappresentato e difeso dall’avv. Gabriella de Berardinis del Servizio legale, presso il cui ufficio è domiciliato in Ancona, alla Via Giannelli n.36;
e nei confronti
- della PROVINCIA di ASCOLI PICENO, in persona del suo Presidente pro-tempore, non costituito in giudizio;
- di LIBERINI Maria Giuditta, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
- della deliberazione della Giunta regionale delle Marche n.2994 del-l’11.12.2001, relativa alla presa d’atto dell’intervenuto trasferimento alle Province, con legge regionale 25 maggio 1999, n.13, delle funzioni amministrative inerenti la progettazione, la realizzazione e la gestione delle opere idrauliche di competenza regionale e delle opere e degli impianti e dei beni interessanti la difesa del suolo, con la conseguente impossibilità per i Consorzi di Bonifica operanti nel territorio regionale di esigere il ruolo di bonifica per la manutenzione e l’eserci-zio delle opere suddette;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi il documento istruttorio redatto dal Gruppo di lavoro interservizi posto a fondamento del suddetto atto deliberativo della Giunta regionale, nonché i pareri espressi dai Dirigenti dei Servizi Rapporti con gli Enti Locali degli Enti dipendenti dalla Regione, nonché dal Dirigente del Servizio Valorizzazione Terreni Agricoli e Forestali e dal Segretario dell’Autorità di Bacino Regionale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 5 giugno 2002, il Consigliere Galileo Omero Manzi;
Udito l’avv. G.Domenella per la parte ricorrente e l’avv. G. de Berardinis per la Regione Marche;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
 Con atto notificato l’8.2.2002, depositato il 26.2.2002, il Consorzio di Bonifica della Valle del Tenna con sede in Fermo (AP) ha impugnato l’epigrafata delibera della Giunta regionale delle Marche relativa alla presa d’atto dell’intervenuto conferimento alle Province di una serie di funzioni amministrative in materia di progettazione, realizzazione e gestione di opere idrauliche di competenza regionale ed alla gestione e manutenzione di opere e di impianti interessanti la difesa del suolo, il cui disimpegno faceva carico in precedenza anche ai Consorzi di Bonifica.
 In relazione a tale accennato avvenuto mutamento del quadro delle competenze amministrative ed alla constatata impossibilità per i Consorzi di Bonifica di continuare ad esigere contributi dai proprietari dei beni immobili ricompresi nel rispettivo territorio di riferimento per far fronte alle spese manutentive e d’esercizio delle suddette opere idrauliche e di difesa del suolo non più affidate alla loro cura, la Giunta regionale delle Marche, con l’atto deliberativo oggetto di gravame, ha ritenuto di avviare un apposito procedimento finalizzato alla ridefinizione degli ambiti di competenza dei Consorzi di Bonifica, nonchè al-l’individuazione delle spese da ricomprendere nel ruolo di bonifica per la copertura degli oneri facenti ancora carico a tali Enti Consortili.
 Con il suddetto atto deliberativo la Giunta regionale ha inteso coinvolgere gli stessi Consorzi nell’attività di ridefinizione dei loro ambiti di competenza e di individuazione delle spese dai medesimi sopportate da assoggettare a contributi degli utenti e di quelle da escludere dall’imposizione, in quanto afferenti ad incombenze non facenti più carico ai Consorzi.
 Avverso la delibera regionale suddetta è insorto il Consorzio di Bonifica ricorrente con la presente iniziativa giudiziaria, a fondamento della quale sono state dedotte le seguenti censure d’illegittimità:
1)- violazione degli artt.7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.241; eccesso di potere per manifesta irrazionalità e violazione dei principi di efficienza e buon andamento.
 Lamenta la parte ricorrente il suo mancato preventivo coinvolgimento nell’adozione del provvedimento oggetto d’impugnativa il quale si rivela particolarmente pregiudizievole per i suoi interessi finanziari, dal momento che l’iniziativa regionale è preordinata a ridurre le entrate derivanti al Consorzio dai ruoli di bonifica.
 Da ciò l’interesse degli organismi consortili di interloquire in ordine alla pretesa regionale  finalizzata a ridurre le loro funzioni ed i contributi loro spettanti che di fatto è stato vanificato per effetto del procedimento conclusosi con l’adozione della delibera impugnata, senza la preventiva acquisizione del parere dei Consorzi di bonifica al riguardo.
2)- Violazione degli artt.1, 2 e seguenti del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215 e della legge regionale Marche 17 aprile 1985, n.13, nonchè di tutta la legislazione statale in materia di bonifica e di Consorzi di Bonifica.
 L’intervenuto trasferimento alla Province di una serie di competenze in materia di opere idrauliche e di difesa del suolo operato con la legge regionale n.13 del 25 maggio 1999, art.16, non comporta, secondo la difesa di parte ricorrente, il venir meno delle attribuzioni dei Consorzi di Bonifica, poiché, secondo le previsioni degli artt.1 e 2 del R.D. n.215 del 1993, la cui vigenza è stata riconfermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.326 del 1998, sono da qualificare come opere di bonifica tutte le opere idrauliche e di difesa del suolo, qualunque sia la natura, purché ricadenti nei comprensori di bonifica.
 Ciò comporta che anche le opere idrauliche attribuite alla diretta competenza delle Province possono essere ricomprese nel novero degli interventi di bonifica e come tali possono essere affidati in concessione ai Consorzi secondo quanto previsto dall’art.4 della legge regionale Marche n.13 del 1985, che conserva piena operatività dopo la declaratoria d’incostituzionalità della legge regionale n.30 del 1997, con cui era stata disposta la soppressione dei Consorzi di Bonifica.
 Da ciò la denunciata illegittimità dell’impugnata delibera regionale che, con la prevista ridefinizione degli ambiti di competenza dei Consorzi e rideterminazione dei ruoli di contribuenza degli stessi, ha di fatto disapplicato le norme richiamate che riconoscono la possibilità dei citati Enti consortili di continuare a svolgere le loro funzioni anche in materia di progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche quali concessionari delle rispettive Province di riferimento territoriale.
3)- Violazione dell’art.117 della Costituzione, del R.D. n.215 del 1933, dell’art.12 del T.U.25 luglio 1904, n.523, della legge n.183 del 18 maggio 1999, della legge n.59 del 16 marzo 1997, del D.Lgs. n.112 del 31 marzo 1998 e delle leggi regionali Marche n.13 del 1999 e n.21 del 2000.
 Secondo la parte ricorrente, con l’atto impugnato la Giunta regionale delle Marche, in palese violazione dell’art.117 della Costituzione e del vigente quadro normativo, intende di fatto mettere in discussione la stessa esistenza dei Consorzi di Bonifica il cui ruolo concorrente con lo Stato e gli Enti locali nella difesa del suolo e nel razionale sfruttamento ed utilizzo delle acque per uso agricolo, risulta riconosciuto in sede normativa, con la conseguente necessità di ottenere le indispensabili risorse finanziarie per il perseguimento dei propri fini istituzionali, che invece con il provvedimento deliberativo impugnato la Regione intende vanificare.
4)- Violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili per avere la Regione esonerato dal pagamento del contributo di bonifica i proprietari che di fatto traggono beneficio dalle opere realizzate in passato dai Consorzi, i quali in tal modo si vedono privati delle risorse preordinate a reintegrare spese sostenute.
 Tale accennato esito cui darebbe luogo l’iniziativa dell’Autorità regionale oggetto di sindacato giurisdizionale evidenzia un ulteriore vizio di sviamento di potere nell’operato dell’organo regionale che, dietro l’apparente intenzione di ridefinire gli ambiti di competenza dei Consorzi, si propone in realtà di creare le condizioni per una indiretta soppressione di tale tali Enti, portando a compimento quel disegno attuato in precedenza con la legge regionale 9 maggio 1997, n.30 dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.326 del 24 luglio 1998.
5)- Violazione della sentenza della Corte Costituzionale n.326 del 1998 e dei principi in tema d’efficacia delle sentenze della Corte, in quanto nel dichiarato intento di ridefinire le attribuzioni delle funzioni amministrative in materia di difesa del suolo, in conformità al potere riconosciuto dallo stesso Giudice delle leggi nella sentenza richiamata, la Giunta regionale ha di fatto vanificato il ruolo dei Consorzi di Bonifica conclamato dalla stessa Corte che, sul presupposto della loro natura di enti pubblici economici istituiti e disciplinati dalla legge statale, le cui competenze sono intangibili ed immodificabili, aveva auspicato una loro valorizzazione nel contesto del riassetto di funzioni avviato dall’Autorità regionale che con l’atto impugnato ha invece radicalmente ridimensionato il ruolo di tali Enti consortili, privandoli delle risorse finanziarie necessarie per la loro esistenza.
6)- In via subordinata il difensore dell’Ente ricorrente ha anche ecce-pito l’incostituzionalità delle leggi regionali delle Marche nn.10 e 13 del 1999, le cui norme, se interpretate nel senso di essere preordinate ad escludere in assoluto i Consorzi di Bonifica dallo svolgimento di funzioni in materia di difesa del suolo attribuite dalla legge o in regime di concessione dagli Enti pubblici e con la privazione delle relative risorse finanziarie necessarie per l’assolvimento dei propri compiti istituzionali, si pongono in contrasto con gli artt.41, 42, 44, 97 e 117 della Costituzione, in quanto in tal modo si darebbe indirettamente luogo alla loro estinzione, incompatibile con i richiamati principi enunciati dalla Carta costituzionale come interpretati dal Giudice delle leggi con la citata sentenza n.326 del 1998.
 La soppressione dei suddetti Enti consortili che si viene a realizzare per effetto della sottrazione di funzioni amministrative in capo agli stessi attuata con le suddette leggi regionali nn.10 e 13 del 1999, si pone in contrasto con le prerogative che la Carta costituzionale riconosce ai proprietari dei fondi ricompresi nel territorio di riferimento dei singoli Consorzi di Bonifica, di associarsi per la realizzazione e la gestione di opere destinate ad apportare vantaggi alle rispettive proprietà fondiarie.
 In ogni caso, risultando la materia della bonifica fondiaria ricompresa tra quelle riservate alla disciplina legislativa concorrente delle Regioni ai sensi dell’art.117 della Costituzione, la prevista indiretta soppressione dei Consorzi di Bonifica attraverso il ridimensionamento del loro ruolo con la sottrazione di funzioni, operato con le accennate leggi regionali nn.10 e 13 del 1999, si pone in contrasto con i principi fondamentali della normativa statale sopraordinata che invece assegna un ruolo istituzionale ai Consorzi di Bonifica.
 Un ulteriore rilievo d’incostituzionalità delle norme regionali suddette viene fatto dipendere dall’asserita violazione dell’art.119 della Costituzione in relazione a quanto previsto dalla legge n.281 del 16 maggio 1970, in riferimento alla natura tributaria dei contributi di bonifica riscossi dai Consorzi la cui soppressione non può essere disposta dall’Autorità regionale, come ha invece inteso stabilire la Regione Marche con le leggi nn.10 e 13 del 1999.
 Lesiva dei principi di uguaglianza e di buon andamento affermati dagli artt.3 e 97 della Costituzione viene ritenuta anche la disposta attribuzione alle Province delle competenze in materia di difesa del suolo, con la conseguente negazione della possibilità per queste ultime di affidare tali incombenze in concessione ai Consorzi, resa possibile in precedenza, in quanto in tal modo è stato ingiustificatamente trascurato di prevedere il futuro destino di Enti pubblici, quali sono i Consorzi di Bonifica, che traevano le loro risorse finanziarie principalmente dallo svolgimento di tali funzioni ora attribuite alle Province, con la conseguenza di aver determinato una situazione di grave pregiudizio per gli stessi Enti, in violazione del principio di buon andamento del-l’attività delle Pubbliche Amministrazioni.
 La Regione Marche si è costituita in giudizio in data 4.3.2002 ed ha sostenuto l’infondatezza dei rilievi invalidatori prospettati con il ricorso, in quanto la natura meramente programmatoria della delibera regionale oggetto d’impugnativa esonerava dall’obbligo di rendere partecipe il Consorzio di Bonifica ricorrente della sua prossima adozione.
 Da parte della difesa della Regione vengono confutati anche gli ulteriori dedotti rilievi di violazione di legge e di eccesso di potere, poiché, con l’atto deliberativo oggetto di gravame, la Giunta regionale si è limitata a prendere atto delle modifiche del quadro delle competenze amministrative in materia di difesa del suolo apportate in sede di legislazione nazionale con il D.Lgs. n.112 del 1998 ed attuate con le leggi regionali nn.10 e 13 del 1999 che hanno comportato l’attribu-zione alle Province ed ai Comuni di compiti in precedenza affidati ai Consorzi di Bonifica in materia di progettazione, realizzazione e gestione di opere idrauliche e di esecuzione di lavori di piccola manutenzione e di pulizia degli alvei dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua.
 Pertanto, a fronte di tale riferita sottrazione di competenze consortili operata in sede legislativa, con la contestata iniziativa oggetto di sindacato la Giunta regionale ha inteso richiamare l’attenzione dei Consorzi di Bonifica sulla necessità di escludere dai ruoli contributivi di bonifica le spese in precedenza sopportate per far fronte a compiti amministrativi non più riferibili a tali Enti, ma facenti carico agli Enti locali territoriali che vi faranno fronte con proprie risorse finanziarie, senza l’apporto contributivo dei proprietari di beni che indirettamente vengono ad avvantaggiarsi degli interventi a difesa del suolo e delle opere idrauliche.
 L’Amministrazione resistente contesta l’assunto di parte ricorrente preordinato a denunciare l’avvenuto scioglimento dei Consorzi di Bonifica ad opera della delibera impugnata, poiché la sottrazione delle competenze amministrative cui si è fatto cenno non esclude la possibilità per gli Enti consortili di continuare a disimpegnare i propri compiti istituzionali nell’interesse dei proprietari consorziati.
 Nell’imminenza dell’udienza di pubblica discussione della causa la parte ricorrente ha depositato in data 24.5.2002 apposita memoria conclusionale, con la quale ha diffusamente ribadito le proprie tesi difensive.
 Anche il difensore della Regione ha depositato in data 24.5.2002 una memoria per confermare gli argomenti in precedenza addotti a confutazione degli assunti invalidatori di parte ricorrente, formulando altresì apposita eccezione di difetto di giurisdizione, in quanto, essendo preordinata la controversia che occupa al sindacato di un atto amministrativo che dispone in materia di costruzione e manutenzione di opere idrauliche, la sua cognizione è riservata al Tribunale delle acque pubbliche.
DIRITTO
1.- Prima di affrontare le questioni poste dal gravame, occorre puntualizzare il contenuto dispositivo dell’atto impugnato, allo scopo d’in-quadrare esattamente il thema decidendum.
 Dalla ricognizione del documento istruttorio allegato alla delibera regionale oggetto di sindacato giurisdizionale e dalla lettura della sua parte dispositiva, il Collegio ha potuto constatare che la stessa si presenta come un atto prodromico di un procedimento destinato a concludersi con l’emanazione di apposite direttive da parte della Giunta regionale delle Marche destinate alle Province ed ai Consorzi di Bonifica operanti nel territorio regionale, per dare concreta attuazione alla ridefinizione degli ambiti di competenza degli stessi Enti consortili operata con le leggi regionali n.10 del 17 maggio 1999 e n.13 del 25 maggio 1999.
 Secondo l’organo amministrativo regionale, per effetto di tali disposizioni legislative, le Province sono state direttamente investite di una serie di funzioni amministrative in materia di opere idrauliche e di difesa del suolo di competenza pubblica, in precedenza espletate dai Consorzi di Bonifica i quali, sempre secondo la Giunta regionale, per il loro svolgimento percepivano dei contributi da parte dei proprietari dei beni immobili che traevano vantaggi dagli interventi suddetti.
 Nella considerazione che tali funzioni saranno disimpegnate in futuro dalle Amministrazioni provinciali con proprie risorse finanziarie senza la compartecipazione dei proprietari privati, la Giunta regionale con l’atto impugnato ha inteso precisare l’impossibilità per i Consorzi di Bonifica di continuare a riscuotere contributi per la copertura di spese correlate al disimpegno di funzioni amministrative loro sottratte, facendosi nel contempo carico di coinvolgere gli stessi Enti consortili nell’approfondimento delle relative problematiche per quanto concerne l’individuazione delle spese imputabili a vario titolo nei rispettivi bilanci alle cessate competenze in materia di gestione di opere idrauliche e di opere per la difesa del suolo.
2.- Ricostruita nei termini suddetti la portata dispositiva dell’atto impugnato, va in primo luogo disattesa la preliminare eccezione di difetto di giurisdizione opposta dalla difesa regionale, in quanto la cognizione dei Tribunali delle Acque Pubbliche è centrata alle controversie che coinvolgono provvedimenti definitivi delle Amministrazioni Pubbliche che riguardano la demanialità delle acque, ossia l’esistenza o meno di un diritto di proprietà pubblica sulle acque che incide in varia misura sul regime delle stesse o che fanno riferimento ad un’opera per la loro realizzazione (fra le tante, Cass., SS.UU., 15 luglio 1999, n. 403).
 Pertanto, se è unanimemente riconosciuto che rientrano nella giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo le controversie relative agli atti del procedimento formativo della volontà dell’Ente pubblico per la scelta dei soggetti esecutori di lavori per la realizzazione di opere concernenti le acque (Cass., SS.UU., 3 novembre 1993, n.10826; TAR Abruzzo, PE, 25 agosto 1995, n.375) ritiene il Collegio parimenti ricompresi nella stessa giurisdizione il sindacato di quei provvedimenti, come quello all’esame, preordinati all’indivi-duazione degli organismi pubblici legittimati a sovrintendere al disimpegno di funzioni amministrative implicanti l’esecuzione di opere di regimazione e di manutenzione dei corpi idrici, in considerazione del fatto che in tali ipotesi i provvedimenti non incidono, se non in via indiretta, sul regime delle acque pubbliche.
3.- Passando quindi all’esame del merito, priva di fondamento va valutata la prima censura di violazione dell’art.7 della legge n.241 del 1990, poiché la rilevata natura prodromica della delibera impugnata rispetto alle successive determinazioni che l’Autorità regionale si propone di assumere in materia di definitiva individuazione delle residue funzioni facenti carico ai Consorzi di Bonifica in materia di opere idrauliche e difesa del suolo, induce il Collegio a ritenere inutile il preventivo preavviso degli Enti consortili, dal momento che, come si è avuto modo di evidenziare, l’atto deliberativo oggetto di gravame costituisce il primo atto di un procedimento complesso destinato ad approfondire le problematiche relative alla ridefinizione degli ambiti di competenza degli stessi Consorzi anche con il loro contributo propositivo.
 Non a caso, dopo aver preso atto della sopravvenuta attribuzione ad opera del Legislatore regionale alle Province di funzioni amministrative in precedenza disimpegnate dai Consorzi, per quanto concerne più in particolare la ridefinizione dei criteri per la predisposizione dei ruoli di bonifica in rapporto al ridimensionamento dei compiti dei Consorzi remunerati con l’apporto dei contributi finanziari obbligatori dei privati proprietari, la Giunta regionale si è astenuta dall’assumere decisioni definitive in proposito, ravvisando opportuno rendere partecipi dell’iniziativa proprio gli Enti consortili, nella puntuale osservanza dei doveri notiziali imposti dall’art.7 della L. n.241 del 1990.
 Per cui, secondo il Collegio, attesa la natura soprassessoria del-l’atto impugnato che, a ben vedere, costituisce il vero atto iniziale del procedimento destinato a concludersi con l’adozione di direttive da parte della Giunta regionale per l’adeguamento del piano di riparto delle spese consortili, si ritiene che della sua possibile adozione non dovesse darsi preventivo avviso ai Consorzi di Bonifica operanti nel territorio regionale, poiché il loro coinvolgimento nelle scelte del-l’Amministrazione risulta adeguatamente garantito dalla successiva prevista comunicazione della delibera impugnata, a cui peraltro, per espressa ammissione della stessa parte ricorrente, l’Autorità regionale ha puntualmente adempiuto, tanto è vero che la sua conoscenza ha determinato la presente iniziativa giudiziaria.
 Donde, al contrario di quanto sostenuto dalla parte attrice, nel caso che occupa non vi è stata alcuna violazione dei doveri notiziali imposti dalla legge a carico del Responsabile del procedimento, in quanto, come si è visto, il Consorzio ricorrente è stato comunque reso partecipe dell’iniziativa avviata dall’Amministrazione regionale per ridefinire i criteri per la futura imposizione di contributi obbligatori di bonifica a fronte dell’accennato ridimensionamento del quadro delle competenze funzionali dei Consorzi i quali si sono visti comunque in tal modo riconosciuta la possibilità di interloquire nelle future definitive scelte dell’Autorità regionale.
4.- Destituiti di fondamento si presentano anche il complesso di rilievi invalidatori dedotti con il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di censura preordinati a denunciare nell’operato della Giunta regionale delle Marche una violazione del quadro normativo di riferimento, poiché con la prevista esclusiva attribuzione alle Province delle competenze in materia di opere idrauliche e di difesa del suolo,secondo la parte attrice, si sono di fatto vanificate le prerogative di operare dei Consorzi di Bonifica i quali, in tal modo, si sono visti ingiustificatamente privati della possibilità di realizzare le opere che in vario modo incidono sulla difesa del suolo e sul razionale sfruttamento delle acque per uso agricolo e che, in quanto ricompresi nel novero degli interventi di bonifica integrale, attengono ai compiti istituzionali degli stessi Consorzi che, per effetto della delibera impugnata, vedono pregiudicata la loro sfera di attività e la loro stessa esistenza, dal momento che vengono privati delle necessarie risorse finanziarie per poter far fronte alle rispettive spese di funzionamento.
 Per dimostrare l’infondatezza di tali assunti invalidatori bisogna tener presente la natura dei Consorzi di Bonifica e le loro competenze nel contesto del vigente quadro normativo, alla luce della ricostruzione dell’evoluzione delle loro funzioni compiuta dalla Corte Costituzione con la sentenza n.326 del 24 luglio 1998, richiamata anche dalla parte ricorrente.
 Secondo quanto previsto dal R.D. 13 febbraio 1933, n.215, tuttora recante la disciplina organica vigente in tema di bonifica e dall’art.5 della legge regionale Marche n.13 del 17 aprile 1985, da ritenere ancora vigente a seguito dell’intervenuta dichiarazione di incostituzionalità dell’art.14 della legge regionale n.30 del 9 maggio 1997, i Consorzi di Bonifica operanti nella Regione Marche sono da qualificare come Enti pubblici, senza scopo di lucro a servizio dei consorziati per la valorizzazione economica e sociale del territorio, in un rapporto di collaborazione operativa con gli Enti locali del relativo territorio, costituiti fra i proprietari degli immobili rientranti nei singoli comprensori di bonifica individuati con legge o con atto amministrativo.
 Nell’ambito dei comprensori di bonifica il Legislatore (art.2 R.D. n.215 del 1933), ha previsto che alcune opere necessarie ai fini gene-rali della bonifica sono a carico totale o parziale dello Stato, oggi delle Regioni, con il concorso obbligatorio dei proprietari nel caso di parziale coinvolgimento di tali Enti pubblici; mentre sono di competenza dei proprietari ed obbligatorie per essi tutte le altre opere diverse da quelle affidate all’Autorità pubblica e giudicate necessarie dagli organismi consortili, ai fini della bonifica.
 Per quanto riguarda l’esecuzione delle opere di competenza pubblica, l’art.13 del R.D. n.215 del 1933 aveva previsto la possibilità del loro affidamento in concessione ai Consorzi di proprietari dei terreni da bonificare, stabilendo nel contempo (art.17) che la loro manutenzione e gestione dovessero far carico ai proprietari i quali erano tenuti a costituire appositi consorzi (art.54) per far fronte a tali incombenze ,con la conseguente potestà di provvedere al riparto ed alla riscossione della quota di spese a carico dei singoli proprietari mediante l’impo-sizione di contributi aventi natura di oneri reali.
 Con l’avvento della Repubblica e l’entrata in vigore della Costituzione che ha riconosciuto rilievo costituzionale all’attività di bonifica (art.44), la stessa, in quanto ricompresa nell’ambito dell’agricoltura, è diventata materia di legislazione concorrente delle Regioni (art.117 Cost.) alle quali sono state trasferite anche le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di bonifica integrale (art.1 D.P.R. 15 gennaio 1972, n.11), nonchè quelle concernenti i Consorzi di Bonifica (art.73 del D.P.R. 24 luglio 1977, n.616).
 La Regione Marche, con la legge 17 aprile 1985, n.13, si è fatta carico di regolamentare le attività di bonifica nell’ambito del proprio territorio, nell’esercizio dei poteri normativi ed amministrativi attri-buiti dalla Costituzione e dal Legislatore nazionale, stabilendo di affidare alle Province le competenze in materia di attività di progettazione, esecuzione, esercizio e manutenzione delle opere di bonifica di pertinenza pubblica secondo le previsioni dell’art.2 del R.D. n.215 del 1933, con l’obbligo per gli accennati Enti locali territoriali di affidare tali incombenze in concessione ai Consorzi di Bonifica esistenti nei rispettivi territori e di provvedere direttamente nel caso di opere da eseguire in territori privi di consorzi o non ricompresi nell’ambito di competenza di quelli esistenti.
 Il quadro normativo di riferimento cui si è fatto cenno è stato oggetto di riconsiderazione con la legge regionale n.30 del 1997 che, in sede di nuova disciplina della bonifica, aveva ritenuto di sopprimere i Consorzi di Bonifica presenti sul territorio regionale, con la contestuale riconferma delle relative competenze in capo alle Province le quali erano tenute a provvedere direttamente al complesso di opere di bonifica in precedenza affidate in concessione agli Enti consortili.
 Tale legge è stata, tuttavia, dichiarata incostituzionale con la sentenza n.326 del 24 luglio 1998, in quanto la prevista soppressione dei Consorzi di Bonifica è stata ritenuta elusiva della sfera di autonomia privata di tali Enti consortili di provvedere all’esecuzione e gestione delle opere di bonifica di competenza dei proprietari privati, nonchè alla ripartizione e riscossione dei contributi facenti carico agli stessi.
 In sede di delibazione dei numerosi rilievi di incostituzionalità sollevati avverso la suddetta legge regionale n.30 del 1997, la Corte Costituzionale ha avuto modo invece di affermare incidentalmente la piena compatibilità con i principi generali dell’ordinamento imposti al rispetto del Legislatore regionale ex art.117 della Costituzione, della prevista concentrazione in capo alle Province di tutte le competenze pubbliche in materia di bonifica, anche per quanto concerne l’esecu-zione, la manutenzione e la gestione delle opere di bonifica di maggior rilievo.
 Ciò in quanto, secondo la Corte, nella risalente legislazione organica sui Consorzi di Bonifica di cui al R.D. n.215 del 1933, non costituiscono norme di principio fondamentale della legislazione statale quelle che attribuiscono ai Consorzi la preferenza per la realizzazione delle opere di bonifica di maggior rilievo e che impongono esclusivamente a carico dei singoli proprietari e dei Consorzi la manutenzione e l’esercizio delle stesse, posto che il Legislatore nazionale ha successivamente inserito le attività di bonifica nella più ampia azione pubblica per la difesa del suolo ed il corretto uso delle risorse idriche (cfr. le leggi 18 maggio 1989, n.183 e 5 gennaio 1994, n.36).
 Donde, secondo il Giudice delle leggi, per tali attività di interesse generale e di rilievo pubblicistico non si può ritenere precluso al Legislatore regionale di dare vita ad un nuovo assetto strutturale e di attribuire le funzioni già esercitate dai Consorzi di Bonifica ad altri Enti pubblici, come le Province, a tanto non essendo di ostacolo, secondo la Corte, in ragione della possibilità di misure di coordinamento interprovinciale, l’eventuale non coincidenza fra circoscrizioni provinciali ed ambiti di pianificazione di bonifica.
 Alla stregua di quanto precisato, prive di pregio vanno dunque valutate le censure di parte ricorrente poiché, come si è avuto modo di evidenziare, l’iniziativa regionale formalizzata con la delibera oggetto di impugnativa di ridefinire i criteri per la predisposizione del piano di riparto delle spese dei Consorzi di Bonifica tra i proprietari di immo-bili che beneficiano a vario titolo degli interventi di manutenzione e di gestione di opere idrauliche realizzate nel tempo dagli stessi per conto dello Stato, delle Regioni o delle Province o di altre opere ed impianti interessanti la difesa del suolo, secondo il Collegio, risulta conforme al quadro normativo di riferimento cui si è fatto richiamo, dal momento che tali incombenze manutentive espletate dai Consorzi di Bonifica in regime di concessione ex art.4 della legge regionale n.13 del 1985, con le successive leggi regionali n.10 del 1999 (art.52) e n.13 del 1999 (art.16) sono state direttamente affidate alle Province, in quanto ricomprese nella più vasta azione pubblica per la difesa del suolo ed il corretto uso delle risorse idriche, con l’esclusione della possibilità di avvalersi della collaborazione dei Consorzi di Bonifica come per il passato, in qualità di concessionari.
 Da ciò la necessità avvertita dalla Giunta regionale di evitare per il futuro che i proprietari dei terreni assoggettati a contributo di bonifica per rimborso di spese sopportate dagli Enti consortili per l’esecuzione, manutenzione, conservazione e gestione di opere idrauliche siano ancora tenuti a partecipare a spese non più facenti carico agli Enti consortili e non più assoggettati alla compartecipazione dei privati, dal momento che alle stesse si farà fronte con le sole risorse delle Province investite in via esclusiva dei relativi compiti.
 In tale prospettiva, immune dai vizi denunciati si rivela l’atto deliberativo oggetto d’impugnativa, poiché con esso la Giunta regionale ha inteso avviare un’attività ricognitiva della situazione dei diversi Consorzi, allo scopo di individuare attraverso l’esame degli atti contabili degli stessi, le voci di spesa riferibili a competenze operative ai medesimi non più imputabili e come tali non rimborsabili da parte dei proprietari consorziati.
 Le considerazioni svolte contribuiscono a privare di fondamento anche gli ulteriori rilievi invalidatori prospettati dalla parte ricorrente preordinati a far dipendere dall’atto impugnato una sorta di indiretta soppressione dei Consorzi di Bonifica che, per effetto di esso, si vedono privati delle necessarie risorse finanziarie per il loro funzionamento.
 La sottrazione di competenze in materia di opere idrauliche e di difesa del suolo subita dai Consorzi per effetto dei richiamati interventi legislativi posti in essere dalla Regione Marche, secondo il Collegio, é da ritenere compatibile con il vigente quadro costituzionale proprio alla luce degli approfondimenti interpretativi compiuti dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n.326 del 1998, poiché la perdita di funzioni amministrative, in precedenza affidate in concessione, non ha affatto precluso ai Consorzi la possibilità di continuare a sovrintendere ai propri fini istituzionali e di svolgere quindi tutti i compiti inerenti al miglioramento fondiario ed alla utilizzazione delle acque a fini irrigui con l’avvio delle iniziative che gli organi consortili riterranno opportuno mettere in cantiere con il concorso finanziario dei proprietari consorziati ed eventualmente con il contributo pubblico.
 Il Collegio è ben consapevole al riguardo della possibilità che con l’accennata riduzione delle competenze le gestioni finanziarie dei Consorzi di Bonifica potranno incontrare delle obiettive difficoltà, a causa della inadeguatezza delle risorse economiche derivanti dallo svolgimento dei compiti residui a totale rimborso dei proprietari per far fronte alle spese di funzionamento di apparati organizzativi strutturati sulla base di un diverso quadro di competenze e di afflusso di disponibilità finanziarie.
 Tuttavia, di tali problemi dovrà necessariamente farsi carico la Regione Marche, visto che i Consorzi di Bonifica, secondo quanto previsto dalla legge regionale n.13 del 1985, si qualificano come Enti strumentali o quantomeno dipendenti dalla Regione e sottoposti alla sua vigilanza ai sensi dell’art.25 dello Statuto regionale.
5.- Il complesso delle argomentazioni svolte contribuisce a privare di fondamento anche le eccezioni di incostituzionalità prospettate dalla parte ricorrente nei confronti delle leggi regionali nn.10 e 13 del 1999 le quali, con la prevista ridistribuzione di competenze amministrative in materia di opere idrauliche e di difesa del suolo che ha importato il mancato coinvolgimento dei Consorzi di Bonifica nelle relative attività, avrebbero eluso i principi della legislazione statale in violazione dell’art.117 della Costituzione e contemporaneamente vanificato le prerogative giuridiche degli stessi Enti consortili e le aspettative dei proprietari ai medesimi aderenti di operare per il miglioramento dei fondi agricoli in palese elusione dei principi enunciati negli artt.41, 42, 44 e 97 della Carta Costituzionale.
 Tali assunti non presentano il requisito della non manifesta infon-datezza richiesto dalla legge per la valorizzazione da parte del Giudice di merito delle prospettate eccezioni di incostituzionalità, poiché, sulla base di quanto si è avuto modo di puntualizzare in precedenza, con l’approvazione delle leggi nn.10 e 13 del 1999 il Consiglio regionale delle Marche si è limitato a ridefinire le competenze generali delle Province in materia di progettazione, esecuzione e gestione di opere idrauliche e di opere di consolidamento dei versanti, senza minimamente interferire sulle funzioni statutarie dei Consorzi di bonifica i quali, quindi, non vengono a subire alcuna soppressione per effetto della suddetta ridefinizione di competenze.
 Infatti, il conseguente ridimensionamento di funzioni amministrative che tali Enti consortili vengono a sopportare a causa della diretta attribuzione alle Province di compiti attinenti alla realizzazione di opere idrauliche e di difesa del suolo, ricomprese in vario modo nella categoria delle opere di bonifica di competenza pubblica, in precedenza affidate in via diretta o in concessione ai suddetti enti consortili, oltre a non determinare affatto la estinzione dei consorzi sotto l’aspetto giuridico formale, non danno neppure luogo alla limitazione dei loro fini statutari i quali, non va dimenticato, sono quelli di garantire, nel-l’interesse dei proprietari dei fondi ubicati nei rispettivi comprensori territoriali di bonifica, la realizzazione di quelle opere di interesse particolare dei fondi di cui all’art.38 del R.D. n.215 del 1933, con il diretto apporto finanziario degli stessi proprietari facenti parte del Consorzio e con l’eventuale sussidio finanziario pubblico statale o regionale a mezzo di contributi a fondo perduto o di concorso nel pagamento degli interessi dei mutui contratti dall’ente consortile.
 Pertanto, una volta chiarito che con gli interventi legislativi suddetti sospettati di incostituzionalità, non si è dato luogo ad alcuna soppressione diretta o indiretta dei Consorzi di bonifica, né tanto meno è stata limitata la loro sfera di operatività statutaria di enti costituiti volontariamente o coattivamente dai proprietari dei fondi rustici per realizzare opere di interesse particolare degli stessi, con il contestuale potere di ripartizione e riscossione coattiva delle relative spese a mezzo imposizione di speciali contributi gravanti quali oneri reali sui fondi, privi di pregio vanno valutati i rilievi di incostituzionalità prospettati dalla parte ricorrente.
 Infatti, è stata proprio la Corte costituzionale nella citata sentenza n.326 del 1998 a precisare che, una volta salvaguardata l’autonomia istituzionale e statutaria dei Consorzi di bonifica per quanto concerne le loro competenze in materia di esecuzione di opere di bonifica di pertinenza privata dei proprietari consorziati e di ripartizione e riscossione coattiva dei relativi contributi facenti carico a questi ultimi, non può essere precluso al Legislatore regionale di dare vita ad un nuovo assetto strutturale in materia di ridefinizione delle competenze pubbliche concernenti gli interventi in passato ricompresi nel novero delle opere di bonifica ed attualmente inseriti dal Legislatore nazionale nella più ampia azione pubblica per la difesa del suolo ed il corretto uso delle risorse idriche.
 Ciò comporta, sempre secondo quanto chiarito dalla Corte Co-stituzionale, la piena compatibilità con il quadro costituzionale e con i principi fondamentali della legislazione statale, della possibilità per il Legislatore regionale di attribuire funzioni pubbliche già esercitate dai Consorzi di bonifica ad altri Enti pubblici ed in modo particolare a quelli territoriali come la Provincia, e ciò in coerenza ed attuazione con i principi dell’ordinamento delle autonomie locali dettati dalla legge n.142 del 1990 ed ora dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267, recante il nuovo Testo unico sull’ordinamento degli Enti locali, il cui art.19, comma I, lett. a) e b) riconosce come di spettanza delle Province le funzioni “che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale”, in particolar modo nei settori della “difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità, della tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche”.
 Privo di pregio va infine valutato anche il residuo rilievo di inco-stituzionalità fatto dipendere dall’asserita soppressione ad opera delle leggi regionali citate dei contributi di bonifica riscossi dai consorzi e che fanno carico ai proprietari aderenti agli stessi in violazione del-l’art.119 della Costituzione, poiché, al contrario di quanto prospettato dalla parte attrice, il Legislatore regionale si è limitato a ridefinire le sole competenze delle Province, con la indiretta loro attribuzione anche di funzioni disimpegnate in precedenza dai suddetti Enti consortili per lo più in regime di concessione, senza tuttavia interferire in alcun modo sul potere di questi ultimi di ripartire tra i proprietari consorziati le spese sopportate per far fronte alle proprie residue competenze istituzionali e statutarie, mediante l’imposizione e la riscossione coattiva dei relativi contributi.
 In conclusione, sulla base di quanto argomentato e per tutte le considerazioni svolte, il ricorso deve esser respinto.
 Sussistono nel contempo giusti motivi, attesa anche la novità delle questioni esaminate, per compensare interamente tra le parti costituite le spese e gli onorari del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche respinge il ricorso in epigrafe indicato.
 Spese compensate.
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità ammini-strativa.
 Così deciso in Ancona, nelle camere di consiglio del 5 giugno 2002 e del 23 luglio 2002, con l’intervento dei Magistrati:
Dott. Bruno Amoroso - Presidente
Dott. Giancarlo Giambartolomei - Consigliere
Dott. Galileo Omero Manzi - Consigliere, est.
 
 
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