Giurisprudenza - Pubblico impiego

Corte Costituzionale, ordinanza 30 gennaio 2002, n. 11, sulla privatizzazione del rapporto d'impiego dei dirigenti
 

                               O R D I N A N Z A

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 4,
lettera a), secondo periodo, della legge
15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni
e compiti alle regioni ed enti
locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa ) e degli
artt. 15, comma 1, 19, 21, 23 e 24, comma 2, del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29
(Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e
revisione della disciplina in
materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre
1992, n. 421) e successive
modificazioni, promosso con ordinanza emessa il 21 giugno 2000 dal
Tribunale amministrativo
regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Antonello Colosimo
ed altri contro la Presidenza del
Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n. 676 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale,
dell'anno 2000.

Visti l'atto di costituzione di Aldo Mancurti ed altri nonché l'atto
d'intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 dicembre 2001 il Giudice relatore
Franco Bile;

uditi l'avv. Mario Sanino per Aldo Mancurti ed altri e l'avvocato dello
Stato Giorgio D'Amato per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che con ordinanza emessa il 21 giugno 2000 nei giudizi riuniti
promossi con i ricorsi proposti
da alcuni dirigenti generali di diversi Ministeri nei confronti della
Presidenza del Consiglio dei ministri
- aventi ad oggetto l'impugnativa del d.P.R. 26 febbraio 1999, n. 150
(Regolamento recante la
disciplina della costituzione e della tenuta del ruolo unico della
dirigenza delle amministrazioni
statali), della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 1°
luglio 1999 (Linee guida per la
definizione dei contratti individuali della dirigenza), della circolare
del 17 gennaio 2000 e della nuova
direttiva del 21 gennaio 2000, anch'esse in materia di contratti
individuali dei dirigenti - il Tribunale
amministrativo regionale del Lazio ha ritenuto rilevanti e non
manifestamente infondate, in
riferimento agli artt. 97, 98 e 3 della Costituzione, le questioni di
legittimità costituzionale dell'art.
11, comma 4, lettera a), secondo periodo, della legge 15 marzo 1997, n.
59 (Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la
riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa ), e degli artt.
15, comma 1, 19, 21, 23 e
24, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29
(Razionalizzazione dell'organizzazione
delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia
di pubblico impiego, a norma
dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 ), nel testo risultante
dalle modificazioni apportate con i
decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia
di organizzazione e di rapporti
di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle
controversie di lavoro e di
giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'art. 11, comma
4, della legge 15 marzo
1997, n. 59 ), e 29 ottobre 1998, n. 387 (Ulteriori disposizioni
integrative e correttive del d.lgs. 3
febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni, e del d.lgs. 31 marzo
1998, n.80 );

che l'art. 11, comma 4, lettera a), secondo periodo, della legge n. 59
del 1997, è censurato nella parte
in cui - apportando modifiche ed integrazioni alla precedente legge di
delegazione 22 ottobre 1992, n.
421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle
discipline in materia di sanità, di
pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) - estende il
regime di diritto privato del
rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali, e rende così applicabili
a questi ultimi i principi e
criteri direttivi dettati originariamente dall'art. 2 della citata legge
n. 421 solo per i dirigenti non
generali;

che gli artt. 15, comma 1, 19, 21, 23 e 24, comma 2, del d.lgs. n. 29
del 1993, nel testo risultante
dalle modificazioni apportate con i decreti legislativi nn. 80 e 387 del
1998, sono invece censurati
nella parte in cui, disciplinando l’istituzione del ruolo unico dei
dirigenti, il conferimento di incarichi
di funzioni dirigenziali, la responsabilità dirigenziale ed il
trattamento economico, pone il nuovo
regime dei funzionari già inquadrati nella qualifica di dirigente
generale;

che, secondo il Tribunale amministrativo regionale, la posizione dei
dirigenti generali è
necessariamente differenziata rispetto a quella dei dirigenti di prima
fascia, onde per le sue
caratteristiche dovrebbe essere conservata nell'ambito dei residuali
rapporti di pubblico impiego e
comunque non potrebbe confluire nel ruolo unico dei dirigenti;

che la privatizzazione del rapporto di impiego avrebbe comportato,
secondo il Tribunale
amministrativo regionale, per i dirigenti generali uno status di
debolezza e precarietà che da una
parte non consente loro di operare secondo i canoni di imparzialità e
buon andamento della pubblica
amministrazione (artt. 97 e 98 Cost.), e dall'altra si pone in
contraddizione (con conseguente
intrinseca irragionevolezza) con il principio di separazione tra
funzione governativa di indirizzo e
controllo e funzione dirigenziale di attuazione e gestione (art. 3
Cost.);

che si sono costituiti in giudizio i dirigenti generali, ricorrenti nei
giudizi a quibus , aderendo alle
prospettazioni dell'ordinanza di rimessione;

che è intervenuto il Presidente del consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o comunque per
l'infondatezza del ricorso.

Considerato che le norme censurate dal Tribunale amministrativo
regionale rimettente sono state
trasfuse nelle corrispondenti disposizioni del testo unico di cui al
d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), onde - come già
ritenuto da questa Corte (a partire dalla sentenza n. 84 del 1996 e,
successivamente, dalle sentenze
n. 454 del 1998 e n. 376 del 2000) - la questione di legittimità
costituzionale deve intendersi
trasferita su tali disposizioni del testo unico e segnatamente sugli
artt. 15, comma 1, 19, 21, 22, 23
e 24, comma 2;

che la questione concernente il ruolo unico della dirigenza pubblica
(artt. 15, comma 1, e 23 del d.lgs.
n.29 del 1993, trasfusi nei corrispondenti artt. 15, comma 1, e 23 del
d.lgs. n.165 del 2001) è
inammissibile perché il Tribunale amministrativo regionale non ha
censurato anche lo specifico
criterio di delega posto dalla lettera b) del quarto comma dell'art. 11
della legge n.59 del 1997, che
prevede l'istituzione di tale ruolo unico: la questione proposta -
concernendo non già il modo in cui il
legislatore delegato ha dato attuazione alla delega, bensì la previsione
stessa del ruolo unico dei
dirigenti - avrebbe dovuto infatti coinvolgere anche il criterio di
delega concernente l’istituzione di
tale ruolo unico;

che, nel merito delle censure delle altre disposizioni impugnate,
riferibili invece al diverso e più
generale criterio di delega posto nel secondo periodo della lettera a)
del quarto comma del citato art.
11 della legge n. 59 del 1997, deve ribadirsi - come questa Corte ha già
affermato (sentenza n. 313
del 1996) - che la privatizzazione del rapporto di impiego pubblico
(intesa quale applicazione della
disciplina giuslavoristica di diritto privato) <<non rappresenta di per
sé un pregiudizio per
l'imparzialità del dipendente pubblico, posto che per questi (dirigente
o no) non vi è - come accade
per i magistrati - una garanzia costituzionale di autonomia da attuarsi
necessariamente con legge
attraverso uno stato giuridico particolare che assicuri, ad es.,
stabilità ed inamovibilità>>, per cui
rientra nella discrezionalità del legislatore disegnare l'ambito di
estensione di tale privatizzazione,
con il limite del rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento
della pubblica amministrazione
e della non irragionevolezza della disciplina differenziata;

che pertanto l’estensione della privatizzazione anche ai dirigenti
generali rientra nella rilevata
discrezionalità del legislatore in materia, il cui ambito consente di
escludere che dalla non
irragionevolezza di una disciplina originariamente differenziata
automaticamente discenda
l'ingiustificatezza dell'eventuale successiva assimilazione;

che, pur nel contesto della generalizzata privatizzazione del rapporto
di impiego dei dirigenti, la
posizione del dirigente generale rimane in ogni caso differenziata anche
all'interno del ruolo unico,
considerando che esso contempla comunque due distinte <<fasce>> (art. 23
del d.lgs. n. 29 del 1993,
ed ora art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001), e che la disciplina di
significativi momenti del rapporto
(come il conferimento degli incarichi: art. 19 d.lgs. n. 29 del 1993, ed
ora l’art. 19 d.lgs. n. 165 del
2001) riserva ai dirigenti di prima fascia uno speciale e più favorevole
trattamento;

che, più in generale, la disciplina del rapporto di lavoro dirigenziale
nei suoi aspetti qualificanti - in
particolare il conferimento degli incarichi dirigenziali (assegnati
tenendo conto, tra l’altro, delle
attitudini e delle capacità professionali del dirigente) e la loro
eventuale revoca (per responsabilità
dirigenziale), nonché la procedimentalizzazione dell’accertamento di
tale responsabilità (artt. 19 e 21
del d.lgs. n. 29 del 1993, ed ora artt. 19, 21 e 22 del d.lgs. n. 165
del 2001) - è connotata da
specifiche garanzie, mirate a presidiare il rapporto di impiego dei
dirigenti generali, la cui stabilità
non implica necessariamente anche stabilità dell'incarico, che, proprio
al fine di assicurare il buon
andamento e l'efficienza dell'amministrazione pubblica, può essere
soggetto alla verifica dell'azione
svolta e dei risultati perseguiti;

che i dirigenti generali sono quindi posti in condizione di svolgere le
loro funzioni nel rispetto del
principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica
amministrazione, tanto più che il
legislatore delegato - nel riformulare gli artt. 3 e 14 del d.lgs. n. 29
del 1993, con gli artt. 3 e 9 del
d.lgs. n. 80 del 1998, trasfusi ora negli artt. 4 e 14 del d.lgs. n. 165
del 2001 - ha accentuato il
principio della distinzione tra funzione di indirizzo
politico-amministrativo degli organi di governo e
funzione di gestione e attuazione amministrativa dei dirigenti,
escludendo, tra l’altro, che il Ministro
possa revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti
adottare provvedimenti o atti di
competenza dei dirigenti;

che peraltro questa Corte (sentenza n. 275 del 2001) ha anche ritenuto
la legittimità, in materia,
della giurisdizione del giudice ordinario proprio con riferimento ai
dirigenti generali sul presupposto
dell'intervenuta privatizzazione del loro rapporto di impiego.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e
9, secondo comma, delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

                               PER QUESTI MOTIVI

                            LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

1) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale degli artt. 15, comma 1, e
23 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione
dell'organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di
pubblico impiego, a norma
dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 ), nel testo risultante
dalle modificazioni apportate con i
decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia
di organizzazione e di rapporti
di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle
controversie di lavoro e di
giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'art. 11, comma
4, della legge 15 marzo
1997, n. 59 ), e 29 ottobre 1998, n. 387 (Ulteriori disposizioni
integrative e correttive del d.lgs. 3
febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni, e del d.lgs. 31 marzo
1998, n.80 ), ora sostituiti
dagli artt. 15, comma 1, e 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n.165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), sollevata, in riferimento
agli artt. 97, 98 e 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale del Lazio con
l'ordinanza indicata in epigrafe;

2) la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell'art. 11, comma 4,
lettera a), secondo periodo, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al
Governo per il conferimento
di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa) e degli artt. 19, 21 e 24, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni
pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel
testo risultante dalle modificazioni apportate con i decreti legislativi
31 marzo 1998, n. 80 (Nuove
disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle
amministrazioni pubbliche, di
giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione
amministrativa, emanate in attuazione
dell'art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), e 29 ottobre
1998, n. 387 (Ulteriori
disposizioni integrative e correttive del d.lgs. 3 febbraio 1993, n.29,
e successive modificazioni, e
del d.lgs. 31 marzo 1998, n.80), ora sostituiti dagli artt. 19, 21, 22,
e 24, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n.165 (Norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), sollevata, in riferimento agli artt. 97, 98
e 3 della Costituzione, dal
Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza indicata in
epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 16 gennaio 2002.

F.to:

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 

 

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