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T. A. R..Toscana, sez. III, 11 luglio 2001, n. 1198, sulla vendita di prodotti nelle farmacie REPUBBLICA ITALIANA
c o n t r o COMUNE DI PISTOIA, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Vito Papa, ed elettivamente domiciliato presso lo studio Lessona, in Firenze, via de' Rondinelli n. 2; e nei confronti di FARMACIE COMUNALI s.p.a. (FAR.COM) di Pistoia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio; ASSOCIAZIONE SINDACALE TITOLARI DI FARMACIA della Provincia di Pistoia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Baldassarri ed elettivamente domiciliato nel suo studio in Firenze, via del Poggio Imperiale n. 46; per l’annullamento del provvedimento dirigenziale del Comune di Pistoia del 20 settembre 2000 n. 57566, di diniego dell'autorizzazione comunale di cui alla domanda ex art. 5 D.Lgs. n. 116/98, formalizzata dalla Farmacia Nannucci il 31 luglio 2000; Visto il ricorso e la relativa documentazione; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pistoia e dell'Associazione sindacale titolari di farmacia della Provincia di Pistoia; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore, alla pubblica udienza del 19 aprile 2001, il Consigliere dott. Saverio Romano; Udito, altresì, per le parti gli avv.ti M.Lai, V.Papa e M.Baldassarri; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: Sulla relativa domanda, il Comune di Pistoia si é espresso con il provvedimento dirigenziale, sopra indicato, con il quale, respingendola, ha affermato che ai titolari di farmacia é riservato il commercio dei soli prodotti di cui alla tabella speciale e che il commercio di ogni altro prodotto dell'area "alimentare e non alimentare" sarebbe loro consentito solo in locali diversi dalla farmacia e nell'esercizio di una nuova azienda. Ritenendo il provvedimento illegittimo e gravemente lesivo dei propri interessi, il titolare della farmacia Nannucci lo ha impugnato, deducendo, come unico motivo, violazione dell'art. 5 del D. Lgs. n. 114/98 e per erronea applicazione dell'art. 26 L. n. 426/71 in relazione all'art. 54, comma 9, ed allegato 9 del D.M. n. 375/88 operante a norma dell'art. 26, comma 6, D. Lgs n. 114/98 ed eccesso di potere per motivazione apodittica e contraddittoria. In particolare, secondo il ricorrente, la lettera e lo spirito dell'art. 5, citato, non escludono la possibilità, per titolari di farmacia, di commerciare anche altri prodotti (complementari) del settore merceologico "alimentare e non alimentare", ma solo ne condizionano l'esercizio all'autorizzazione (implicita od esplicita) rilasciata dal Comune nell'esercizio di una discrezionalità tecnica analoga a quella già esercitata nel concedere alla medesima ricorrente l'autorizzazione alla vendita dei prodotti della tabella merceologica XIV^, in aggiunta a quella dei prodotti della tabella speciale per i titolari di farmacia. Inoltre, il provvedimento ha negato tale facoltà con riferimento ai locali della farmacia ed all'azienda e non già al diritto del titolare di farmacia di esserne destinatario. Infine, il provvedimento impugnato sarebbe apodittico e contraddittorio, ponendosi in contrasto con il provvedimento già rilasciato al ricorrente dallo stesso Comune il 12 ottobre 1994. Costituito in giudizio, il Comune intimato ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del gravame per carenza di interesse; nel merito, ha sostenuto la legittimità dell’atto impugnato ed ha domandato la reiezione del ricorso siccome infondato. E' intervenuta ad opponendum, ex art. 22 L. n. 1034/1071, l'Associazione sindacale titolari di farmacia della provincia di Pistoia, che ha sostenuto la legittimità dell'atto impugnato, chiedendo la reiezione del ricorso. Con distinte memorie, le parti hanno ribadito le tesi sostenute ed insistito nelle rispettive conclusioni; in particolare, il ricorrente ha eccepito l'inammissibilità, per carenza di legittimazione, dell'atto di intervento dell'Associazione titolari di farmacia.. Non si é costituita in giudizio la FAR.COM. s.p.a. di Pistoia, alla quale il ricorso risulta notificato. All’udienza suindicata, la causa è passata in decisione. Con la prima eccezione, l'amministrazione contesta l'interesse del ricorrente all'accoglimento dell'impugnativa proposta, rilevando l'esiguità della superficie di vendita (pari a mq. 53) per la quale é stata rilasciata l'autorizzazione al commercio, che non consentirebbe all'interessata di svolgere, nei medesimi locali, l'ulteriore attività commerciale estesa ai settori alimentare e non alimentare. Assume, inoltre, l'amministrazione che l'autorizzazione sanitaria rilasciata dalla Giunta regionale vieta lo svolgimento, nei locali della farmacia, di qualsiasi attività diversa dalla professione farmaceutica; pertanto, mancherebbe l'interesse a conseguire l'ampliamento dell'autorizzazione commerciale posseduta. L'eccezione é infondata, sotto entrambi i profili dedotti. Il ricorrente, nell'istanza presentata al Comune, assume di avere la disponibilità dei locali, in cui viene esercitata la farmacia, per quanto riguarda sia l'area terapeutica che l'area sanitaria/salutare, pari 300 mq. (di cui 150 destinati alle vendite), producendo la relativa documentazione. La circostanza non risulta documentalmente contraddetta né in sede amministrativa né in sede giurisdizionale; in ogni caso, essa non appare richiamata, nel provvedimento impugnato, come eventuale ragione ostativa all'accoglimento dell'istanza amministrativa, né risulta infine provato che nello spazio pur limitato indicato dall'amministrazione non possa essere materialmente svolta l'attività commerciale che il ricorrente intende esercitare. Sotto il secondo profilo dedotto, l'autorizzazione sanitaria rilasciata dalla Regione non costituisce, di per sé, ostacolo all'ampliamento commerciale preteso dal ricorrente, fondato (secondo la tesi sostenuta nel ricorso) su un diverso titolo di legittimazione che discenderebbe dalla nuova disciplina del settore commerciale introdotta dalla recente legge di riforma. 2 - Con il provvedimento impugnato, il Comune ha denegato l'autorizzazione, richiesta dal ricorrente in qualità di titolare di farmacia, a commercializzare, nei locali in cui esercita l'attività di farmacista, prodotti "alimentari e non alimentari" ai sensi dell'art. 5 del D. Lgs. n. 114/98. In particolare, premesso che l'attività di farmacia continua a riferirsi, oltre che alla vendita di prodotti farmaceutici, a quella dei prodotti indicati nella tabella speciale contenuta nell'allegato 9 al D.M. n. 375/88, nel provvedimento si afferma che, in applicazione del citato decreto legislativo, anche il titolare di farmacia può iniziare un'attività commerciale ove ricorrano le condizioni indicate dalla legge e sia in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi; si precisa infine che i locali eventualmente destinati alla nuova attività commerciale devono essere distinti da quelli della farmacia, pur potendo comunicare internamente con essa attraverso un accesso non utilizzabile al pubblico e che analoga separazione deve riguardare la parte finanziaria dei due esercizi. Nella sua istanza, il ricorrente, nella sua qualità di titolare di farmacia, premesso di essere titolare sia di autorizzazione commerciale per la vendita di prodotti di cui alla tabella merceologica XIV, ex L. n. 426/71, sia di apposita autorizzazione (rilasciata dal Sindaco il 12 ottobre 1994) per la vendita di prodotti di cui alla tabella merceologica speciale per i titolari di farmacia (Allegato 9 al decreto Min. Industria n. 375/88), ha chiesto di essere autorizzato a svolgere, nei medesimi locali, "attività commerciale anche nei settori merceologici alimentari e non alimentare, previsti dall'art. 5 del D. Lgs. n. 114/98", al fine di commercializzare anche "prodotti compatibili (nell'ambito di una necessaria autoregolamentazione) con l'esercizio della farmacia". A sostegno della richiesta avanzata, il ricorrente, sia nella domanda amministrativa sia nel ricorso in esame (nell'ambito dell'unico articolato motivo dedotto), ha affermato: che, a seguito dell'evoluzione del concetto di "salute", l'attività di "farmacia" si svolge sia in ambito strettamente terapeutico (vendita di medicinali), come servizio pubblico in regime concessorio, sia in ambito sanitario e salutare (vendita di prodotti non terapeutici), in regime autorizzatorio. Pertanto, l'esercizio di farmacia si svolgerebbe in base a concessione sanitaria, ex art. 1 L. n. 5475/68 già in relazione all'art. 45, n. 2, L. n. 426/71 ora in relazione all'art. 4, comma 2, lett. a D.Lgs. n. 114/98, nonché in base ad autorizzazione commerciale per la vendita di prodotti connaturati all'esercizio della farmacia, cioè quelli del settore merceologico ad essa riservato (art. 24 L. n. 426/71 in relazione all'art. 56, comma 9 ed allegato 9 al D.M. n. 375/88, operanti a norma dell'art. 25, comma 1 e 26, comma 6, D. Lgs n. 114/98), e di prodotti compatibili con l'esercizio di farmacia, nell'ambito di una necessaria autoregolamentazione, ex art. 5 D. Lgs n. 114/98. Il motivo é infondato. Com'è noto, il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114, recante riforma della disciplina relativa al settore del commercio, ha stabilito i principi e le norme generali sull'esercizio dell'attività commerciale (art. 1, comma 1) affermando di perseguire, tra le altre, finalità di trasparenza del mercato, concorrenza, libertà di impresa, libera circolazione delle merci, tutela del consumatore, modernizzazione e sviluppo della rete distributiva (art. 1, comma 3). Ai sensi dell'art. 4, comma 2, il decreto non si applica ai farmacisti e ai direttori di farmacie, delle quali i comuni assumono l'impianto e l'esercizio ai sensi della legge 2 aprile 1968 n. 475, e successive modificazioni, e della legge 8 novembre 1991 n. 362, e successive modificazioni, qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici. Da tale ultima condizione, in assenza della quale (secondo l'interpretazione a contrario della norma) deve desumersi l'applicabilità del decreto anche ai farmacisti, il ricorrente fa discendere il diritto, in quanto esercente l'attività di farmacia, di esercitare l'attività commerciale prevista (in generale, sotto il profilo dei requisiti di accesso) dall'art. 5 del decreto con riferimento ai settori alimentare e non alimentare, con la conseguenza che al farmacista, in possesso dei requisiti soggettivi prescritti dalla legge, non potrebbe essere inibita la facoltà di commerciare qualsiasi altro prodotto, diverso da quelli terapeutici e da quelli propri dell'ambito sanitario e salutare (previsti dalla tabella speciale per i farmacisti). Rileva il Collegio che la tesi prospettata osta, in primo luogo, quanto previsto dallo stesso decreto legislativo agli artt. 25, comma 1, e 26, comma 6. Nel dettare la disciplina transitoria, il decreto prevede: "I soggetti titolari di autorizzazione per l'esercizio dell'attività di vendita dei prodotti appartenenti alle tabelle merceologiche di cui all'allegato 5 al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, e all'articolo 2 del decreto ministeriale 17 settembre 1996, n. 561, hanno titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico corrispondente, fatto salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari, e ad ottenere che l'autorizzazione sia modificata d'ufficio con l'indicazione del settore medesimo a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto, ad eccezione dei soggetti in possesso delle tabelle speciali riservate ai titolari di farmacie di cui all'allegato 9 del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, nonché quella riservata ai soggetti titolari di rivendite di generi di monopolio di cui all'articolo 1 del D.M. 17 settembre 1996, n. 561 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato" (art. 25, comma 1, così modificato dall'art. 2 bis del D.L. 383/99). Sembra evidente che, ove fosse fondata la tesi del ricorrente, l'eccezione prevista dalla disposizione testé citata non avrebbe significato giuridico, posto che (in base alla prospettata interpretazione del secondo comma dell'art. 4) ai farmacisti che non vendano esclusivamente i prodotti ivi indicati il decreto si applicherebbe senza limitazione alcuna. La rilevanza della deroga prevista dalla disciplina transitoria trova, invece, conferma nella disposizione finale secondo cui ai fini della commercializzazione restano salve le disposizioni concernenti la vendita di determinati prodotti previste da leggi speciali (art. 26, comma 3). Infine, la disposizione che elenca le norme abrogate dal decreto, cita il D.M. 4 agosto 1988 n. 375, escludendo espressamente il comma 9 dell'art. 56 e l'allegato 9. L'art. 56, che prevede norme di carattere generale sulle tabelle merceologiche, stabilisce che per i titolari di farmacie é istituita apposita tabella, tenuto conto della natura dell'esercizio, degli usi e delle esigenze del pubblico. L'allegato 9 al D.M., recante tabella per titolari di farmacie, elenca tutta una serie di prodotti, di natura non terapeutica, ma genericamente sanitaria, la cui commercializzazione é riservata ai farmacisti. Sembra intuitivo, anche sotto il profilo in esame, che la disposizione che esclude dall'abrogazione del D.M. n. 375/88 le norme citate - che stabiliscono una tabella speciale per i farmacisti - non avrebbe significato qualora, in base alla prospettata interpretazione del secondo comma dell'art. 4, ai farmacisti (che non vendano esclusivamente i prodotti ivi indicati) fosse consentito di commercializzare qualsiasi altro prodotto alimentare e non alimentare, secondo il principio di liberalizzazione affermato dal D.Lgs n. 114/98. Né si comprenderebbe la ratio della rilevante limitazione che, nella prospettazione in esame, riguarderebbe solo i farmacisti che vendono esclusivamente prodotti terapeutici, per i quali soltanto non opererebbe la liberalizzazione merceologica recata dalla legge di riforma. Sotto il profilo dell'interpretazione sistematica, si rileva altresì che il D. Lgs. n. 114/98 esclude dalla sua applicabilità, oltre ai farmacisti, i titolari di generi di monopolio, qualora vendano esclusivamente generi di monopolio, le associazioni dei produttori ortofrutticoli, le vendite di carburanti, ed altre categorie elencate al comma 2 dell'art. 4, attesa la particolare natura delle merci o delle attività considerate. La norma, in particolare, per l'aspetto che rileva nella presente controversia, non esclude l'applicazione dei principi recati dalla riforma per quanto riguarda la vendita di prodotti diversi da quelli che costituiscono i connotati essenziali di talune attività (come quella farmaceutica o quella di rivendita di generi di monopolio), il cui esercizio, per tale parte, é liberalizzato, al pari delle altre attività commerciali per le quali tali limitazioni non sussistono. Pertanto, dal combinato disposto dell'art. 4, comma 2, dell'art. 25, comma 1, e dell'art. 26, comma 6, del D. Lgs. n. 114/98, si desume che solo la vendita esclusiva di prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici, da parte dei farmacisti e dei direttori di farmacie delle quali i comuni assumono l'impianto e l'esercizio, é sottratta all'applicazione della disciplina di cui al citato decreto legislativo; la vendita di prodotti diversi, che per i farmacisti sono quelli risultanti dalla tabella speciale di cui all'allegato 9 al D.M. 4.8.1988 n. 375 (per tale parte non abrogato dal D. Lgs. n. 114/98), é invece soggetta alla suddetta disciplina. Tale distinzione, del resto, non é stata introdotta per la prima volta dalla normativa di riforma, invocata dal ricorrente, essendo stata affermata già dalla legge 11 giugno 1971 n. 426, sul commercio a posto fisso, le cui disposizioni non si applicavano ai medesimi soggetti "quando vendano esclusivamente prodotti farmaceutici o specialità medicinali" (art. 45, n. 2). Invero, la ratio dell'inapplicabilità della disciplina commerciale, prima fissata dalla legge n. 426/71, ora dettata dal D. Lgs. n. 114/98, risiede nella specialità dell'esercizio della farmacia (al pari di altri esercizi, come quello di rivendita di generi di monopolio: cfr. n. 3 dell'art. 45, citato e lett. b, comma 2 dell'art. 4 del citato decreto legislativo), allorquando esso sia limitato alla vendita di prodotti tipici di tale attività, specialità che trova riscontro nella natura giuridica dell'atto che conferisce al farmacista il potere di aprire ed esercitare una farmacia rientrante, per giurisprudenza pacifica, nella categorie delle concessioni amministrative. La vendita di generi annessi alle farmacie, alle rivendite di generi di monopolio e ai distributori di carburante, nel previgente ordinamento amministrativo, erano invece soggette alle autorizzazioni speciali di commercio previste dall'art. 53, comma 7, del D.M. 14 gennaio 1972, rilasciabili agli esercenti di cui all'art. 45, n.ri 2,3 e 7 della legge n. 426/71. L'autorizzazione all'esercizio di una farmacia abilita il titolare alla vendita unicamente dei prodotti oggetto della vendita riservata al farmacista ai sensi dell'art. 122 t.u.l.s.; per la vendita di ogni altro diverso prodotto, la farmacia deve essere considerata come un normale esercizio commerciale, soggetto alla disciplina del commercio per quanto attiene l'autorizzazione amministrativa, e alle particolari discipline previste in relazione alla natura ed alle caratteristiche dei prodotti in vendita (Cass., 14.6.1980). Tali attività sono quelle che la riforma della disciplina del commercio, di cui al D. Lgs. n. 114/98, ha inteso assoggettare, per quanto interessa nella presente controversia, al principio di "liberalizzazione" ed al regime di cui agli artt. 5 e seguenti del decreto. In definitiva, le attività che nel previgente regime amministrativo erano soggette a concessione, per la particolare natura degli interessi pubblici implicati, sono sottratte, nella parte in cui sono dirette alla commercializzazione di prodotti ad esse connaturati, al nuovo regime liberalizzato introdotto dal D. Lgs. n. 114/98; le medesime attività, ove abbiano ad oggetto la vendita di prodotti annessi, già previsti da speciali tabelle (la cui abrogazione é espressamente esclusa dal decreto), sono soggette alla nuova disciplina del settore commerciale, ma ciò non comporta che esse possano avere ad oggetto la vendita di prodotti diversi da quelli elencati nelle apposite tabelle. In altri termini, il legislatore ha voluto, anche per i titolari di particolari attività commerciali, nella parte che concerne la vendita di prodotti diversi da quelli tipici del settore considerato, introdurre principi di concorrenza, libera circolazione delle merci, modernizzazione di sviluppo della rete distributiva e snellimento dei procedimenti amministrativi validi per l'attività commerciale in generale (art. 4, comma 4, lett. c, L. 15 marzo 1997 n. 59), senza per ciò stesso negare la specificità di talune professioni commerciali, nella parte in cui sono connotate da un rilevante interesse pubblico quale quello connesso alla circolazione di prodotti incidenti sulla tutela della salute dei cittadini (art. 32 Cost.), la cui disciplina resta sottratta alla disciplina generale del settore commerciale. La dimostrazione della fondatezza della tesi suesposta sta nell'eccezione stabilita da una recente disposizione modificativa della disciplina transitoria dettata per gli impianti di distribuzione automatica dei carburanti (per i quali valeva la medesima norma prevista per i titolari di farmacie e per i titolari di rivendite di generi di monopolio). I soggetti titolari della licenza di esercizio dell'impianto di distribuzione di carburanti, rilasciata dall'ufficio tecnico di finanza, in possesso della tabella riservata di cui all'articolo 1 del decreto 17 settembre 1996, n. 561, del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato hanno titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico alimentare e non alimentare (art. 2 bis, comma 1, D.L. 29.10.1999 n. 383, convertito con modificazioni dall’art. 1 L. 28 dicembre 1999 n. 496). Tale disposizione conferma, dunque, che gli altri soggetti, esclusi (al pari, in origine, dei titolari di impianti di distribuzione automatica dei carburanti) dalla disciplina transitoria di cui all'art. 25, comma 1, del D. Lgs n. 114/98, valgono le limitazioni merceologiche previgenti, contenute nelle suddette tabelle speciali. Ne consegue, per quanto riguarda l'oggetto della fattispecie contenziosa in esame, che l'applicabilità, in parte qua, del nuovo regime amministrativo alle farmacie non comporta, come preteso dal ricorrente, il "diritto" di commercializzare, nel medesimo esercizio farmaceutico, qualunque prodotto dei settori merceologici alimentare e non alimentare, solo subordinato ad una previa valutazione di compatibilità rimessa alla "autoregolamentazione" del singolo esercente. A parte tutte le considerazioni che precedono, nessuna rilevanza può attribuirsi alla autolimitazione predicata dal ricorrente, in assenza di qualsivoglia riconocimento giuridico di un criterio discriminatorio del tipo di quello ipotizzato. 3 - Parimenti infondate sono le altre censure proposte con il ricorso in esame. Non sussiste il preteso vizio di perplessità del provvedimento impugnato. L'astratta possibilità che anche il titolare di un esercizio farmaceutico possa iniziare, come persona fisica, un'attività commerciale, diversa da quella esercitata, in un locale distinto da quello dove si svolge la prima attività, laddove sia in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge, non costituisce un elemento né di illogicità, né di contraddittorietà né di perplessità del provvedimento che la preveda e che, nello stesso tempo, deneghi la domanda volta all'autorizzazione a svolgere la diversa attività (di commercializzare prodotti diversi da quelli connessi e da quelli annessi alla vendita nelle farmacie) nei medesimi locali dell'esercizio farmaceutico. Una volta ammessa la separatezza materiale dei locali in cui essa si svolge e finanziaria, ovvero della contabilità relativa al singolo esercizio, nulla osta alla facoltà dell'esercente la farmacia di svolgere altra attività, come imprenditore commerciale, attraverso la vendita di prodotti, alimentari e non, autoqualificati come "complementari" con l'attività di farmacista. Il provvedimento impugnato, nella parte in cui tale libertà riconosce pur respingendo la domanda avanzata dal ricorrente nella sua qualità di titolare di farmacia, non incorre nei vizi dedotti. 4 - Va, infine, respinta, l'eccezione di inammissibilità dell'intervento ad opponendum spiegato dall'Associazione dei titolari di farmacia della provincia di Pistoia, sollevata dalla ricorrente la quale, premesso di far parte della medesima associazione, deduce che l'interesse da questa azionato non é quello dell'intera categoria ma anzi si pone in contrasto con quello vantato dalla ricorrente. Rileva il Collegio che la ricorrente non ha fornito prova di essere associata alla organizzaizone interveniente. Da parte sua, l'Associazione di cui trattasi svolge funzioni di rappresentanza e di tutela degli interessi dei farmacisti in ambito provinciale e, come tale, é legittimata ad impedire che l'attività professionale, la cui specificità intende tutelare, possa essere confusa od associata ad altre attività commerciali prive di quei connotati pubblicistici che, tradizionalmente, caratterizzano la conduzione di una farmacia. 5 - Conclusivamente, il ricorso va respinto in quanto infondato. Spese ed onorari di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidati, a favore delle parti resistenti, nella misura di cui in dispositivo. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. Così deciso in Firenze, il 19.4.2001, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori: Dott. Eugenio LAZZERI - Presidente Dott. Saverio ROMANO - Consigliere, est. rel. Dott. Andrea MIGLIOZZI - Consigliere F.to Eugenio Lazzeri F.to Saverio Romano F.to Mara Vagnoli - Collaboratore di Cancelleria DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 11 LUGLIO 2001 Firenze, lì 11 LUGLIO 2001 Il Collaboratore di Cancelleria F.to Mara Vagnoli |
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