Giurisprudenza - Servizi pubblici

Consiglio di Stato, sez. V, 11 luglio 2001, n. 3847, deferita alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione del regime giuridico del servizio gestione calore

  REPUBBLICA ITALIANA   
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    
Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione           
ha pronunciato la seguente             
SENTENZA

sui ricorsi in appello
- n. 4292 del 2001 proposto dal Comune di Udine, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giangiacomo Martinuzzi e dall'avv. Nicolò Paoletti, con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via B. Tortolini n. 34,
contro
la Diddi Dino Figli s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e la A.G.E.S.I. - Associazione Nazionale Imprese Gestione servizi tecnici integrati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dal prof. avv. Giorgio Recchia, con domicilio eletto in Roma, corso Trieste n. 88,
e nei confronti
della AMGA - Azienda Multiservizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
- n. 4713 del 2001 proposto dalla AMGA - Azienda Multiservizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Giuseppe Caia, Andrea Musenga e Gianni Zgagliardich, con domicilio eletto in Roma, viale America n. 11, presso lo studio del secondo,
contro
la Diddi Dino Figli s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e la A.G.E.S.I. - Associazione Nazionale Imprese Gestione servizi tecnici integrati, in persona del legale rappresentante pro tempore, come sopra rappresentate, difese e domiciliate,
e nei confronti
del Comune di Udine, in persona del Sindaco pro tempore, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
per l'annullamento
della sentenza n. 171 del Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata in dispositivo il 30 marzo 2001 e pubblicata in data 23 aprile 2001;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio degli appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 29 maggio 2001 gli avv.ti Martinuzzi, Paoletti, Caia, Musenga e Recchia.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Udine, con deliberazione n. 171 del 12 novembre 1999 di Consiglio comunale, disponeva di revocare ai sensi degli artt. 82 e seguenti del D.P.R. 1986 n. 902 l’assunzione diretta dei pubblici servizi affidati all’azienda municipalizzata AMGA - Gas, Acqua, Elettricità e di costituire, ai sensi dell'art. 22, comma 3, lett. e), della L. 8 giugno 1990 n. 142, una società per azioni denominata AMGA - Azienda Multiservizi s.p.a..
Con altra deliberazione consiliare n. 56 del 14 aprile 2000 si prevedeva, tra l’altro, di affidare all’AMGA il servizio relativo alla gestione calore. Seguiva la determinazione dirigenziale n. 2000/40D/353 d'ord. n. cron. 3727 esecutiva il 29/9/2000, con la quale il Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune provvedeva ad approvare la convenzione regolante i rapporti tra il Comune e l'AMGA s.p.a. per la gestione del servizio in argomento.
Per l’annullamento di questi ultimi due provvedimenti e di tutti gli atti presupposti, conseguenti e connessi, proponevano ricorso avanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia la società Diddi Dino Figli s.r.l. e l'A.G.E.S.I. (Associazione Nazionale Imprese gestione servizi tecnici integrati) deducendo:
1) violazione del D.Lgs. n. 358/92, violazione dei principi di evidenza pubblica, eccesso di potere per difetto di presupposti e sviamento, avendo l’Amministrazione proceduto all’affidamento diretto, senza gara, ai sensi dell’art. 22 e seguenti della L. 8 giugno 1990 n. 142, del cosiddetto servizio gestione calore, sebbene il contratto stipulato tra il Comune e la Società debba qualificarsi, piuttosto, quale contratto per la fornitura di energia termica e la prestazione di una serie di attività relative al funzionamento degli impianti termici presso gli edifici comunali;
2) violazione dell’art. 5 comma 2 lettera g) del D.Lgs. n. 17 marzo 1995 n. 157 e dell’art. 22 della L. n. 142/90, violazione dei principi di evidenza pubblica, eccesso di potere per difetto di presupposti e sviamento, perché, anche se il contratto in oggetto fosse qualificabile come contratto di servizio, nel caso di specie, non può invocarsi il diritto di esclusiva, di cui al comma 2 lettera g) dell’art. 5 del D.Lgs. n. 157/95, per le aziende speciali di cui all’art. 22 L. n. 142/90, nella loro qualità di organismi di diritto pubblico - amministrazioni aggiudicatrici, di cui all’allegato 7 dell’art. 2 dello stesso D.Lgs., non ricorrendo l’ipotesi di servizio pubblico locale;
3) violazione dell’art. 1 lettera b), dell’art. 6 della Direttiva n. 92/50/CEE e dell’art. 2 lettera b) D.Lgs. 157/95, violazione dei principi di evidenza pubblica, eccesso di potere per sviamento, in quanto la AMGA s.p.a. è una società per azioni a carattere commerciale, con evidenti scopi di lucro e, pertanto, non possiede i requisiti di cui all’art. 6 ed 1 lettera b) della Direttiva 92/50, recepiti nell’art. 2 lettera b) del D.Lgs. n. 157/95;
4) violazione dell’art. 3 della L. n. 241/90, eccesso di potere per difetto di motivazione, perché l’Amministrazione non ha motivato in alcun modo circa le ragioni di convenienza a favore della gestione da parte dell’Azienda suddetta.
Con sentenza n. 171, il cui dispositivo è stato pubblicato il 30 marzo 2001 e depositata il successivo 23 aprile 2001, il Tribunale adito ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla A.G.E.S.I., mentre ha accolto quello proposto dalla Diddi Dino Figli s.r.l..
Contro detta sentenza hanno avanzato appello sia il Comune di Udine che l’AMGA - Azienda Multiservizi s.p.a., i quali, in rito, hanno riproposto le eccezioni d’inammissibilità del ricorso sollevate in primo grado e, nel merito, hanno censurato come errato il disconoscimento, da parte del Giudice di prima istanza, della natura di servizio pubblico che, invece, sarebbe propria dell’attività affidata.
La Società, inoltre, ha lamentato l’omesso esame delle argomentazioni da essa svolte in primo grado circa la qualificazione del suo rapporto con il Comune in termini di delegazione interorganica.
Entrambi gli appellanti hanno concluso chiedendo che, in riforma della sentenza appellata l’originario ricorso sia respinto, con ogni conseguenza anche in ordine alle spese di giudizio.
Le cause sono state trattenute in decisione, a norma dell’art. 26, comma quarto, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come modificato dall’art. 9 L. 21 luglio 2000 n. 205, nella camera di consiglio del 29 maggio 2001.
DIRITTO
1. Gli appelli sono rivolti contro la stessa sentenza e, pertanto, se ne dispone la riunione a norma dell'art. 335 cod. proc. civ.
2. Forma oggetto del giudizio la decisione del Comune di Udine di affidare la gestione del servizio calore all’AMGA - Azienda Multiservizi s.p.a., costituita, ai sensi dell'art. 22, comma 3, lett. e), della L. 8 giugno 1990 n. 142, in luogo della preesistente azienda municipalizzata AMGA - Gas, Acqua, Elettricità.
Per contestare la legittimità di questa decisione le originarie ricorrenti hanno impugnato la deliberazione n. 56 del 14 aprile 2000 del Consiglio comunale di Udine, nella quale, tra l’altro, il menzionato affidamento è previsto, e la determinazione dirigenziale n. 2000/40D/353 d'ord. n. cron. 3727 esecutiva il 29/9/2000, con la quale il Settore Lavori Pubblici del Comune provvede ad approvare la convenzione regolante i rapporti con l'AMGA s.p.a. per la gestione del servizio in questione.
3. Entrambi gli appellanti ripropongono, come motivo di gravame, le eccezioni d’inammissibilità del ricorso di primo grado, respinte dal T.A.R., che, pertanto, occorre esaminare in via preliminare.
Un primo profilo d’inammissibilità si risolve nell’individuazione dell’atto al quale far risalire l’effetto lesivo ed al quale collegare l’onere della tempestiva impugnazione.
Si sostiene, in breve, che nei termini di legge è stata impugnata soltanto la determinazione del dirigente del servizio lavori pubblici del Comune di Udine n. 2000/40/D/353 d'ord. del 29 settembre 2000, la quale è meramente attuativa di scelte già assunte dal Comune con atti precedenti o mai impugnati, come la deliberazione del Consiglio comunale n. 171 del 12 novembre 2000 recante costituzione dell’AMGA s.p.a. ed approvazione del relativo statuto; oppure impugnati tardivamente, come la deliberazione consiliare n. 56 del 14 aprile 2000.
L’assunto non è condivisibile.
E’ ben vero che l’oggetto sociale (cfr. art. 4, lett. d), f), i) dello statuto) della neocostituita Società comprende anche “la produzione e la distribuzione del calore”, “la costruzione e la gestione …. di impianti tecnici relativi ad edifici pubblici e privati”. Questo, però, sta soltanto ad indicare in via astratta l’ambito delle attività per lo svolgimento delle quali la Società è costituita e, dunque, le sue potenzialità, da realizzare con le modalità di volta in volta stabilite secondo la normativa vigente, ma non rappresenta ancora l’espressione della concreta volontà di attribuire lo specifico servizio, del cui affidamento, anzi, nello stesso provvedimento l’Amministrazione si riserva di valutare in futuro la possibilità.
Analoghe considerazioni valgono per la deliberazione C.C. n. 56 del 14 aprile 2000.
Come già si evince dal suo oggetto (“Consolidamento dell’assetto societario AMGA - Azienda Multiservizi s.p.a. - Approvazione del Memorandum d’intesa di data 29.03.200, aumento di capitale sociale e approvazione delle linee strategiche di indirizzo”), essa costituisce un atto d’indirizzo, nel quale il Consiglio, tra le operazioni da attuare per il consolidamento economico della costituita Società di servizi “nella prospettiva di un suo ingresso in borsa” ed alle quali ritiene di prestare anticipatamente il suo consenso (“di avallare, in particolare, sin d’ora”), indica anche “l’affidamento ad AMGA - Azienda Multiservizi s.p.a. del servizio relativo alla gestione del calore”.
La genericità dei termini con i quali il servizio è indicato (“servizio relativo alla gestione del calore”), inoltre, come ha correttamente rilevato il Giudice di prime cure, ha fatto sì che solo dagli atti successivi e, segnatamente, dalla determinazione dirigenziale del 29 settembre 2000, la quale stabilisce con esattezza i termini dell’affidamento, è stato possibile alle ricorrenti di verificarne la lesività in relazione alla propria attività, onde può affermarsi che solo rispetto a questo provvedimento é maturato in capo a loro l’interesse attuale all’impugnazione.
Perde, in conseguenza, ogni rilievo anche la circostanza, segnalata dagli appellanti, che il ricorso sia stato notificato quando ormai, rispetto alla data di pubblicazione della delibera C.C. n. 56 del 14 aprile 2000, il termine di legge era spirato.
Sotto altro profilo, rappresentato dal Comune appellante, l’originario ricorso sarebbe inammissibile per l’assoluta carenza di un interesse legittimo qualificato in capo alla Società ricorrente rispetto all’affidamento in questione.
In proposito, poiché di questa non è contestata la qualità di operatore economico del settore, se ne deve riconoscere, con la giurisprudenza in materia (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 475 del 23 aprile 1998; Sez. V n. 1810 del 15.11.99), sia la legittimazione ad impugnare la scelta di una modalità di affidamento del servizio di cui si tratta, la quale, di per sé, esclude che esso possa essere affidato ad un privato; sia l’interesse strumentale alla possibile scelta, da parte dell’Ente locale, di altro modulo organizzativo, in conseguenza dell’annullamento giurisdizionale.
Conclusivamente, i motivi d’appello esaminati sono da ritenersi infondati e vanno respinti.
4. Nel merito, si controverte della legittimità degli atti impugnati sotto il profilo della necessità di apposita procedura ad evidenza pubblica per la scelta del soggetto al quale affidare l’espletamento dell’attività indicata negli stessi atti come servizio relativo alla gestione calore.
Il Tribunale ha risolto la questione negando all’attività contestata la natura di servizio pubblico locale e gli appelli s’incentrano nella confutazione di questo assunto, oltre che nell’evidenziare la qualificazione del rapporto tra il Comune e la Società in termini di delegazione interorganica.
In realtà la materia del contendere è ben più articolata.
Con censura non esaminata in prima istanza e qui riproposta, sostengono, invero, le ricorrenti originarie che, in realtà, costituendo la fornitura del combustibile la componente economicamente prevalente del contratto stipulato tra il Comune e la Società affidataria, questo, secondo il criterio quantitativo enunciato nell’art. 2 della Direttiva 92/50/CEE, deve qualificarsi, piuttosto, quale contratto di fornitura, regolato dal D.Lgs. n. 358 del 24 luglio 1992 così come modificato dal Dlgs. 20 ottobre 1998 n. 402, con i quali si è data attuazione alle Direttive comunitarie 77/62/CEE, 80/767/CEE, 88/295/CEE , 93/36/CEE e 97/52/CE.
Normativa, questa, secondo la quale le Amministrazioni non godono di alcun privilegio o privativa o diritto esclusivo analoghi a quello loro riservato dall’art. 6 della Direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi, recepita nel D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157, per cui, qualora ritengano di doversi approvvigionare, per i loro bisogni, di beni ovvero di fornire beni ad altri Enti devono, in linea di massima, concorrere sul mercato al pari degli altri soggetti o riservare parità di trattamento ai diversi soggetti legittimati a partecipare alle gare pubbliche, applicando al riguardo, le norme interne sul procedimento di formazione del contratto ad evidenza pubblica ovvero, se ne ricorrano gli estremi, quelli della disciplina comunitaria.
Sul rilievo, inoltre, che si tratta di servizi di cui si giova l’Amministrazione Comunale come soggetto giuridico e non la collettività di riferimento, le ricorrenti di primo grado escludono, altresì, che il caso di specie integri gli estremi del servizio pubblico locale.
Tuttavia, quand’anche una tale ipotesi fosse ravvisabile, lamentano la violazione dell’art. 1 lettera b), dell’art. 6 della Direttiva n. 92/50/CEE e dell’art. 2 lettera b) D.Lgs. n. 157 del 1995, la violazione dei principi di evidenza pubblica e l’eccesso di potere per sviamento, in quanto la Società affidataria, pur essendo società per azioni a prevalente capitale pubblico, è organismo a carattere commerciale, con evidenti scopi di lucro e, pertanto, privo di uno dei requisiti in presenza dei quali le citate disposizioni esonerano dall’osservanza delle procedure di evidenza pubblica.
Osserva il Collegio, quanto al primo profilo, che, secondo il capitolato speciale d’appalto che è parte integrante del contratto, questo riguarda la “gestione impianti termici a servizio di edifici comunali, affidamento della fornitura di energia, esercizio, manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria degli impianti termici a servizio degli edifici di pertinenza dell’amministrazione, con adeguamento normativo e riqualificazione tecnologica degli stessi” e, a norma dell’art. 22 dello stesso capitolato, relativo alla valutazione economica del servizio, “Il corrispettivo del contratto é così definito al netto dell’IVA:
- manutenzione straordinaria                    560.000.000 L/anno
- gestione utenze (combustibile)          3.500.000.000 L/anno
- totale                                                 4.060.000.000 L./anno
- oneri relativi alla manutenzione straordinaria (progettazione direzione lavori, sicurezza, appalti etc.) 10% dell’importo del singolo intervento di manutenzione straordinaria inserito nel piano investimenti...”.
Non v’è dubbio, quindi, che la fornitura del combustibile costituisce la componente economicamente più rilevante del contratto.
Ove, peraltro, l’oggetto di questo fosse considerato secondo un criterio qualitativo, attribuendo alla fornitura del combustibile una funzione meramente strumentale, dovrebbe ritenersi corretta la qualificazione del rapporto come attinente alla prestazione di servizi.
Il secondo profilo, in verità, ha trovato recente soluzione nella decisione Cons. Stato, Sez. V, 9 maggio 2001 n. 2605, con la quale si è riconosciuto che “il ‘servizio calore’, allorché è reso per gli edifici scolastici, i musei, gli uffici giudiziari, gli impianti sportivi ed altri, in funzione servente al soddisfacimento di altri fini pubblici inerenti allo sviluppo e alla promozione sociale della comunità, è servizi pubblico. Anche in questo caso, infatti, non verrebbe meno la sua caratteristica di ‘offerta indifferenziata al pubblico’ …, in quanto, seppure in via indiretta e per il tramite del Comune, il servizio è pur sempre reso ‘indistintamente al pubblico’ ”.
Quanto al terzo profilo, si rileva che, giusta l’art. 4 del suo statuto, la Società affidataria comprende nell’oggetto sociale: “a) il servizio di distribuzione del gas e dell’intero ciclo delle risorse energetiche; b) la gestione integrata dell'intero ciclo dell'acqua, dalla captazione e distribuzione dell'acqua potabile, alla raccolta, convogliamento e depurazione delle acque reflue, per usi multipli, ai servizi di fognatura e di depurazione; c) la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica, anche da fonti secondarie e rinnovabili; d) la produzione e la distribuzione di calore; e) i servizi di illuminazione pubblica e la gestione dei semafori”.
L’oggetto sociale, peraltro, si estende anche a: “f) la costruzione e la gestione di reti telematiche e di telecomunicazione, di impianti tecnici relativi ad edifici pubblici e privati, nonché la produzione di beni e di servizi nel settore informatico; g) la manutenzione di spazi ed aree verdi; h) la raccolta anche differenziata, lo stoccaggio, il trattamento, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, speciali, tossico-nocivi; i) lo studio, la progettazione, la costruzione, la gestione, anche separatamente, di tecnologie e impianti nei settori di attività sopra specificate”.
Precisa, inoltre, il secondo comma del citato art. 4 che “La società potrà, inoltre, eseguire ogni altra operazione e servizio, anche di commercializzazione, attinente o connesso alle attività di cui sopra, nessuna esclusa, nonché eseguire la realizzazione di infrastrutture e di altre opere che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e/o regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti. La società potrà realizzare e gestire le attività di cui al presente oggetto sociale direttamente, “per conto”, in concessione, in appalto o in qualsiasi altra forma, anche su richiesta di terzi, siano essi enti pubblici o privati, anche non soci”.
Si tratta di disposizione che, sebbene la Società sia stata costituita ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. e), della L. 8 giugno 1990 n. 142 e, dunque, come società per azioni a prevalente capitale pubblico locale destinata alla gestione di servizi pubblici comunali, integra la previsione dei campi di attività recata dal primo comma e indubbiamente ne allarga l’ambito a prestazioni, estranee ai pubblici servizi, da rendere a “terzi, … privati, anche non soci”, qualificandolo in senso industriale e commerciale.
Di tanto sembra aversi conferma, del resto, nella deliberazione del Consiglio Comunale n. 56 del 14 aprile 2000 ove è dato leggere che “...l’oggetto sociale della Società in parola le consente l’esercizio di molteplici servizi in un ambito territoriale allargato...” e che “...la strategia d’impresa della medesima é orientata a un ulteriore consolidamento economico nella prospettiva di un suo ingresso in borsa, e che in tale logica si rende necessario e opportuno che la medesima coltivi alleanze con strutture, societarie e non, operanti nel settore che agevolino - attraverso una politica comune di interventi e forme congiunte di sperimentazione - una più efficace penetrazione progressiva nel mercato...” (cfr. capi 3 e 4 della motivazione), anche estero attraverso la “partecipazione a gare ed iniziative industriali oltre confine” (cfr. il punto 4 n. 3 del memorandum d’intesa con la omologa Società di servizi di Trieste, approvato con la citata delib. C.C. n. 56 del 2000).
Le considerazioni fin qui svolte pongono, con evidenza, la necessità di una pregiudiziale interpretazione delle disposizioni comunitarie sopra menzionate, in particolare degli artt. 2, 6 e 1, lettera b), della Direttiva n. 92/50/CEE del Consiglio datata 18 giugno 1992, in relazione al generale principio di concorrenza e con riguardo alle peculiarità del caso in esame.
Si ritiene, pertanto, di investirne con separata ordinanza la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 234 del Trattato istitutivo della Comunità europea.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, pronunciando parzialmente sugli appelli in epigrafe, e riservata ogni altra decisione nel merito e sulle spese, previa loro riunione, li respinge quanto ai motivi relativi all’inammissibilità del ricorso di primo grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 29 maggio 2001 con l'intervento dei Signori:
Corrado Allegretta  – Presidente f.f. rel. est.
Paolo Buonvino   - Consigliere
Filoreto D’Agostino  - Consigliere
Claudio Marchitiello  - Consigliere
Marco Lipari   - Consigliere
 
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