Giurisprudenza - Servizi pubblici

TAR Lombardia – sez. staccata di Brescia,  sent. 14 gennaio 2000 n. 8, sulla scadenza della concessione del servizio di distribuzione del gas nel Comune, il risarcimento dei danni ed i limiti di operatività delle società per azioni a prevalente capitale pubblico locale

                                    FATTO 
La ricorrente R… S.r.l. ha gestito per conto del Comune di ……il servizio di distribuzione
del gas sul territorio comunale, in virtù di una convenzione stipulata in data 23.12.1968 e per un periodo
pattuito di "…29 anni a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo all'inizio della prima erogazione del
gas", con facoltà di riscatto anticipato da parte del Comune ai sensi dell'art. 24 del T.U. 25.10.1925
n.2578. 
La convenzione veniva, quindi, integrata in data 6.5.1983, a seguito di ulteriori interventi di
miglioramento degli impianti realizzati dalla società, con la previsione del diritto della ricorrente alla
ritenzione dell'intero impianto di distribuzione in caso di riscatto anticipato, subordinando la restituzione
al preventivo pagamento delle somme spettanti alla R….. per l'attività di gestione dell'impianto e del
servizio di distribuzione del gas. 
Nell'approssimarsi della scadenza della concessione, fissata come sopra detto al 31.12.1998, tra il
Comune e la ricorrente intervenivano contatti per la definizione degli accordi per un eventuale rinnovo. 
Tuttavia, il Sindaco di …….., con nota del 12.5.1997, manifestava la volontà dell'Amministrazione
di dare corso alla scadenza naturale del rapporto, prevista per la data del 31.12.98. 
A conferma dell'intento così espresso, il Comune assumeva in data 27.4.1998 la deliberazione n. 33, con
la quale il Consiglio Comunale dichiarava "... di prendere atto che al 31.12.98 scade improrogabilmente il
contratto di gestione del gas attualmente in corso con la ditta R……", riservandosi di determinare la
futura forma di gestione a seguito di opportune valutazioni. 
Contro la deliberazione così assunta la R……. proponeva il primo dei ricorsi indicati in epigrafe,
chiedendone l'annullamento, nonché l'accertamento del proprio diritto a proseguire nella gestione del
servizio di distribuzione del gas sul territorio di S…..fino a tutto il 31.12.2003. 
I motivi addotti a sostegno della richiesta di annullamento della deliberazione impugnata sono stati i
seguenti: 
- Violazione di legge, con particolare riferimento all'art. 24 del R.D. 2578/1925 e dell'art. 9 del D.P.R.
902/1986. 
- Violazione dell'art. 3 della L. 241/90, nonché dei principi generali in materia di efficienza dell'azione
amministrativa. 
La società ricorrente ritiene di aver acquisito il diritto di proseguire nella gestione del servizio di
distribuzione del gas sul territorio comunale di ……..per l'ulteriore quinquennio, dal 1.1.1999 al
31.12.2003, atteso che l'Amministrazione comunale non avrebbe rispettato le disposizioni disciplinanti
l'esercizio della facoltà di riscatto del servizio affidato in concessione ad una ditta privata. 
Pertanto, in palese violazione della normativa invocata, l'Amministrazione avrebbe illegittimamente
esercitato la facoltà di riscatto, e, di conseguenza, la concessione in atto avrebbe dovuto intendersi
automaticamente prorogata per un ulteriore quinquennio, nella fattispecie sino alla data del 31.12. 2003.
In ogni caso, anche laddove non si dovesse ritenere rinnovata la concessione per il quinquennio indicato,
l’Amministrazione avrebbe omesso di motivare adeguatamente la propria decisione di non proseguire il
rapporto con la ricorrente, nonostante le proposte da questa formulate in occasione dei contatti
intercorsi. 
Il Comune di ………..si costituiva in giudizio, rilevando l'infondatezza dei motivi di ricorso, in
particolare evidenziando come, nel caso di specie, l'Amministrazione, legittimamente, non avesse inteso
esercitare la facoltà di riscatto anticipato, bensì dar corso alla estinzione del rapporto concessorio per
naturale scadenza del termine di durata. 
In data 24.12.1998, l'Amministrazione comunale rendeva edotta la società ricorrente che, con
deliberazione n. 55 del 30.11.1998, il Consiglio Comunale aveva ritenuto di affidare il servizio di
distribuzione del gas metano alla ……..S.p,A, per un periodo di 20 anni, con decorrenza dal
1.1.99. 
Detto affidamento risultava disposto ai sensi dell'art. 22 lett. e) della L. 142/90, in virtù del quale
veniva, altresì, approvata la convenzione che avrebbe regolato i rapporti tra il Comune e la ……. sino al 2019. 
Contro la deliberazione C.C. n.55/98 la ………..proponeva il secondo ricorso indicato in epigrafe, n.
15/99, chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato, previa sospensione della sua esecuzione,
per i motivi appresso indicati. 
- Violazione di legge, con particolare riferimento all'art.22 della L. 142/90, all'art. 267 del R.D.
1175/1931, nonché ai principi in materia di libera concorrenza tra le imprese. 
- Eccesso di potere per travisamento dei fatti; 
- Violazione di legge con riferimento agli artt. 1 e 3 della L. 241/90; Eccesso di potere per difetto di
istruttoria e di motivazione; Violazione del principio di economicità dell'azione amministrativa;
Violazione dell'art.97 Cost., nonché dei principi di correttezza, buon andamento ed imparzialità: 
- Illegittimità derivata (con riferimento al mancato automatico rinnovo quinquennale della concessione in
atto, di cui al ricorso n.819/98). 
La ricorrente contesta la legittimità dell'affidamento del servizio alla società ……., ai sensi
della lett. e) del terzo comma dell’art. 22 della L. 142/90, in quanto, in violazione della norma
richiamata, il Comune di ………non avrebbe appositamente dato luogo alla costituzione della
società…………., cui affidare direttamente il servizio di distribuzione del gas sul territorio
comunale. 
Osserva la ricorrente che la ………S.p.A. è una società ad esclusiva partecipazione pubblica,
essendo il suo capitale posseduto esclusivamente da un gruppo di Amministrazioni comunali (fra cui S……) e dalla Provincia di C……., che, in base al proprio statuto, si occupa anche della gestione di
impianti a rete. 
Orbene, la difesa istante non ritiene che la decisione di affidare il servizio di distribuzione del gas
direttamente alla………., escludendo così il ricorso al sistema della concessione a terzi - di cui
alla lettera b dell'art.22, comma 3, implicante, in quanto tale, un procedimento preliminare di
valutazione e di confronto fra più aspiranti -, preferendo, invece, il sistema dell'affidamento diretto e
privilegiato ad una società appositamente costituita, sia conforme al modello normativo di cui al più
volte richiamato art.22, 3° comma lett.e) L. 142/90. 
La società affidataria, infatti, non è, così come prescrive la norma citata, una società appositamente
costituita per la gestione del servizio della distribuzione del gas sul territorio comunale. 
In realtà, si è determinato l'affidamento del servizio ad un società, operante nel settore, al pari di altre
società congeneri, realizzando in tal modo un'ipotesi di concessione del servizio a terzi, secondo il
modello previsto dalla lettera b) del citato art.22. 
L’affidamento così realizzato, tuttavia, non è stato preceduto dal confronto con altre imprese del
settore, potenzialmente interessate alla gestione del servizio, così come prescritto dalla normativa
richiamata nonché dall’art. 267 del R.D. 1175/1931, in palese violazione dei principi generali in materia
di scelta del contraente. 
Inoltre, la società affidataria, essendo ad esclusiva partecipazione pubblica, risulta ancora una volta in
contrasto con il modello introdotto dalla norma richiamata, laddove prescrive che le società di cui alla
lett.e), siano società "miste", cioè costituite con l'apporto congiunto di capitali pubblici e di capitali
privati. 
L'Amministrazione comunale, costituitasi anche in questo secondo giudizio, rilevava l'infondatezza delle
censure sollevate avverso il provvedimento impugnato, concludendo per la reiezione del ricorso nel
merito e della richiesta di tutela cautelare. 
Non si costituiva in giudizio la controinteressata ………..S.p.a., cui il ricorso risulta notificato
regolarmente. 
Con ordinanza n. 27 del 15.1.1999 il Tribunale accoglieva l'istanza di sospensione del provvedimento
impugnato, avendo rilevato apprezzabili profili di fumus boni iuris , nonché la sussistenza di un danno
grave ed irreparabile derivante dall'esecuzione della deliberazione impugnata. 
La Giunta Municipale, tuttavia, in data 16.1.1999, adottava una deliberazione, la n.1/99, con la quale, al
fine di garantire il servizio nelle more della decisione sul ricorso in appello presentato avverso l'ordinanza
del Tribunale, assumeva in via provvisoria la gestione diretta del servizio di distribuzione del gas,
avvalendosi, tuttavia, della stessa ……..per il supporto tecnico amministrativo. 
Inoltre, l'Amministrazione comunale, dopo aver intimato (9.1.1999) alla ricorrente di provvedere alla
immediata riconsegna degli impianti, attesa l'inottemperanza della R……, in data 22.1.99 prendeva
possesso coattivamente dell'impianto. 
Avverso tali provvedimenti, deliberazione G.M. n.1 del 16.1.1999, intimazione al rilascio degli impianti e
apprensione coattiva degli stessi, veniva proposto il terzo ricorso indicato in epigrafe, svolgendo avverso
gli atti così impugnati. le seguenti doglianze: 
  Sviamento di potere; 
  Violazione di legge; Incompetenza; Violazione di legge con riferimento agli artt. 2 e 3 del D.P.R.
902/86; 
  Illegittimità derivata. 
L'assunzione diretta del servizio da parte del Comune, nelle more della decisione dell'appello presentato
avverso l'ordinanza cautelare concessa dal T.A.R., utilizzando, tuttavia, il supporto tecnico
amministrativo fornito dalla stessa società (………….), cui originariamente era stato
illegittimamente affidato il servizio, appalesa, ad avviso della difesa istante, una chiara ipotesi di
sviamento di potere, costituendo un evidente comodo escamotage, utilizzato per aggirare il divieto
imposto, in via cautelare, dal Tribunale. 
Attesa, infatti, la natura dei compiti affidati a titolo di "supporto tecnico amministrativo" alla Padania
Acque, la soluzione adottata dal Comune, nelle more della decisione dell'appello contro l'ordinanza del
T.A.R., appare concretizzare il sostanziale affidamento del servizio alla società controinteressata. 
Inoltre, il provvedimento risulta assunto dalla Giunta e non dal Consiglio Comunale, in violazione delle
norme sulla competenza di cui all'art.32 L. 142/90. 
Il Comune, costituitosi in giudizio, ribadita la legittimità del provvedimento impugnato, concludeva le
proprie difese chiedendo la reiezione del ricorso. 
Anche in questo terzo ricorso non si costituiva in giudizio la controinteressata…………. 
Nelle more del giudizio, peraltro, il Comune assumeva l'ulteriore deliberazione n. 16 del 15.3.1999, con la
quale il Consiglio Comunale, confermando quanto già deliberato dalla Giunta in data 16.1.1999 (D.G.M.
n.1/99), ribadiva la determinazione circa l'assunzione diretta del servizio da parte del Comune, con
l'apporto tecnico amministrativo della…….., sempre a titolo provvisorio, nelle more della
definizione del contenzioso instaurato avverso la decisione originaria di affidamento diretto del servizio
alla predetta società, ai sensi della lett. e) dell'art.22 L. 142/90. 
Contro tale ulteriore determinazione la società istante proponeva, nell'ambito del giudizio instaurato
avverso la deliberazione C.C. n. 55 del 30.11.1998 (n. 15/99), incidente di esecuzione, con riferimento
alla mancata osservanza dell'ordine impartito dal Tribunale con l'ordinanza cautelare n.27/99, chiedendo
l'adozione di idonei provvedimenti, affinchè, nelle more della definizione del giudizio instaurato avverso
il provvedimento di affidamento diretto del servizio alla…………, non venissero eluse le garanzie
di tutela assicurate con il provvedimento cautelare concesso dal Tribunale. 
Con ordinanza n. 453 del 25.6.1999, la Sezione, in accoglimento del ricorso per l'esecuzione dell'ordinanza
cautelare n. 27/99 (peraltro, confermata in sede di appello con ordinanza del C.d.S. n.477 del 2.3.1999),
avendo ritenuto la deliberazione del C.C. n.16/99 elusiva del provvedimento cautelare concesso,
disponeva, oltre alla sospensione cautelare della deliberazione assunta dal Consiglio Comunale, la
concessione all'Amministrazione di un termine di 120 giorni al fine di rideterminarsi onde provvedere al
servizio di distribuzione del gas secondo una delle modalità previste dall'art.22 della L. 142/90,
stabilendo, altresì, che in caso di inadempienza si sarebbe provveduto, ad opera del Prefetto di
C……., alla nomina di un Commissario ad acta , che curasse l'esatto adempimento dell'ordine
impartito. 
All'udienza del 26 novembre 1999, uditi i procuratori delle parti costituite, i ricorsi venivano trattenuti
per la decisione. 
                                    DIRITTO 
Preliminarmente, si dispone la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, essendo la trattazione congiunta
giustificata dall'evidente connessione soggettiva ed oggettiva. 
Come ampiamente descritto nell'esposizione in fatto, l'odierna ricorrente, società……., ha gestito
per un trentennio il servizio di distribuzione del gas metano sul territorio del Comune di S……., in
forza della concessione rilasciatale dall'Amministrazione comunale, con annessa convenzione, integrata
quest'ultima, in occasione dell'ampliamento degli impianti eseguito dalla stessa società, nell’anno 1983. 
In base alla convenzione, art.2, la concessione avrebbe avuto la durata di anni 29, a partire dal primo
gennaio dell'anno successivo all'inizio della prima erogazione di gas. 
Alla data di scadenza, il Comune sarebbe divenuto proprietario degli impianti " ... senza corresponsione
alcuna a titolo di indennizzo o di riscatto". Unica eccezione riguardava le costruzioni a rete realizzate
nell'arco dell'ultimo decennio, le quali avrebbero dovuto essere pagate dal Comune "..seguendo le norme
per il riscatto". 
In ogni caso, indipendentemente dalla scadenza naturale della concessione, all'Amministrazione veniva
conservata la facoltà di riscatto anticipato, ai sensi dell'art.24 del T.U. 25.10.1925 n.2578 (art.17 della
convenzione) 
A tale specifico riguardo, con la richiamata integrazione del 6.5.1983, veniva introdotto l'art. 5-bis, in
base al quale, sempre con riferimento all'ipotesi di riscatto anticipato dell'impianto, alla società sarebbe
spettato un indennizzo, nella misura e secondo le modalità ivi precisate, con diritto alla ritenzione
dell’intero impianto di distribuzione sino al totale pagamento di quanto dovuto. 
La concessione, di cui la………, è divenuta titolare nel 1968, avrebbe dovuto, pertanto, avere
termine alla data del 31.12.1998. 
A tale data, che rappresenta il termine finale, convenzionalmente stabilito, del rapporto concessorio
instaurato con il Comune, si sarebbe conclusa la gestione del servizio di distribuzione del gas da parte
della………. 
L'Amministrazione comunale, nonostante i tentativi della ricorrente di addivenire ad un nuovo accordo
che consentisse il proseguimento della gestione del servizio, non ha inteso dare luogo ad un
prolungamento del rapporto di concessione, comunicando alla società l'esaurimento di quello in corso alla
scadenza naturale prevista per il 31.12.1998. 
Con il primo dei ricorsi proposti la ………impugna la deliberazione del C.C. n.33/98, con la quale
l'Amministrazione comunale, confermando quanto già espresso in via informale, ha preso atto della
scadenza al 31.12.98 del contratto di gestione del gas, attualmente in corso con la società, riservandosi
di determinare nel prosieguo la nuova forma di gestione del servizio. 
La difesa istante sostiene l'illegittimità della deliberazione comunale, in quanto assunta in violazione
della normativa vigente in materia di servizi pubblici locali, R.D. 2578/1925 e reg. di esecuzione D.P.R.
902/86. 
Laddove, infatti, l'Amministrazione avesse inteso esercitare, come nel caso in esame, la facoltà di
riscatto, ciò sarebbe dovuto avvenire nel rispetto delle disposizioni di cui alle norme sopra richiamate. 
In particolare, il riscatto avrebbe dovuto essere preceduto dal preavviso di un anno, mentre la volontà
dell'Amministrazione di non proseguire il rapporto in corso avrebbe dovuto essere manifestata attraverso
una deliberazione del Consiglio Comunale, da notificare al concessionario entro il termine di trenta
giorni. 
L'inosservanza delle prescritte formalità avrebbe, pertanto, dovuto dare luogo all'automatica
prosecuzione del rapporto di concessione del servizio con l'attuale gestore per un altro quinquennio, nella
fattispecie sino al 2003. 
L’assunto della difesa ricorrente non può essere condiviso. 
In realtà, come è dato rilevare dalla documentazione agli atti, l'Amministrazione comunale di San
Bassano non ha inteso esercitare la facoltà di riscatto anticipato prevista dall'art.24 del R.D. 2578/1925,
bensì porre fine, alla scadenza del termine fissato convenzionalmente, al contratto di gestione, annesso
alla concessione di durata trentennale del servizio di distribuzione del gas, concluso con la………. 
Trattandosi di scadenza naturale del contratto, essendo trascorso il previsto periodo di durata
trentennale dello stesso - così come stabilito dall'art. 2 della convenzione - e non, come ritenuto dalla
ricorrente, di riscatto anticipato, non possono trovare applicazione le norme invocate, implicanti
l'osservanza della procedura prescritta. 
Conferma del fatto che non si è trattato di un riscatto anticipato, sono le stesse comunicazioni del
Comune che, in tempi non sospetti, aveva già manifestato la propria intenzione di disdire la concessione
alla sua scadenza naturale, prevista per il 31.12.1998 (cfr. doc. n.7 ricorrente nota del Sindaco
12.5.1997). 
Così come stabilito nella convenzione, alla scadenza naturale l'Amministrazione sarebbe divenuta
proprietaria degli impianti, salvo il pagamento di una somma per le opere realizzate dalla concessionaria
nell'ultimo decennio, somma calcolata secondo le modalità del riscatto. 
Ciò, tuttavia, non si ricollega all'esercizio della facoltà di riscatto anticipato degli impianti, trattandosi,
in realtà, della previsione di una forma di tutela degli interessi dell'impresa concessionaria a fronte delle
spese sostenute per il miglioramento degli impianti durante l’ultimo periodo di gestione, strutture che,
come si è detto, al termine della concessione dovranno entrare nella disponibilità del Comune, affinchè
quest'ultimo possa provvedere alla gestione diretta del servizio ovvero all'affidamento dello stesso
secondo uno dei modelli previsti dalla legge. 
La somma da corrispondere, benchè calcolata secondo le modalità del riscatto, non costituisce l'indennità
per il riscatto anticipato, essendo diversa la ragione della cessazione del rapporto concessorio. 
Conferma di quanto sin qui rilevato è la determinazione della somma da corrispondere alla R……. da
parte del Comune, ai sensi del più volte richiamato art. 2 della convenzione, calcolata sulla base della
stima predisposta dalla Padania Acque (cfr. doc. n.16 ricorrente nel ricorso n.216/99). 
A tale riguardo, la valutazione dell'indennità risulta limitata ai soli impianti costruiti dalla R……. dopo
la data del 1.5.1983 e fino alla data di cessazione della convenzione (31.12.1998), calcolata utilizzando il
sistema di computo previsto dall'art. 24 R.D.2578/25 e dall'art.13 del D.P.R. 902/86. 
Così operando, sono stati valutati: il valore industriale dell'impianto (lett. a, 4° comma art.24 R.D.), con
riguardo agli impianti costruiti dopo il 1.5.1983, oltre alle anticipazioni ed ai sussidi (contributi) dati dal
Comune (lett. b, 4° comma art.24 R.D.). 
Espressamente non si è, invece, tenuto conto del "..profitto che la concessionario è venuto a mancare a
causa del riscatto, in quanto non si tratta di un riscatto anticipato di impianto, per il quale si debbono
indennizzare gli anni di mancato profitto sino alla fine della concessione, bensì di un riscatto di impianti
arrivati alla fine della concessione” (lett. c, 4° comma art. 24 R.D.). 
Appare evidente, pertanto, che, nonostante sia stato preso a riferimento il sistema di calcolo
dell'indennità per il caso di riscatto anticipato, in concreto non si è trattato della determinazione
dell'indennità così intesa, bensi del pagamento dell'indennità prevista dall'art. 2 della convenzione per
l'ipotesi di cessazione naturale della stessa, in presenza di impianti realizzati dopo il 1.5.1983. 
Per le stesse ragioni, appare priva di fondamento la pretesa applicazione della disposizione contenuta
nell'art. 5-bis dell'integrazione della convenzione, la quale, trattando ancora una volta della diversa
ipotesi del riscatto anticipato, impone il previo pagamento dell'indennità, con diritto alla ritenzione degli
impianti da parte della concessionaria sino al versamento delle somme dovute. 
In conclusione, attesa l’infondatezza dei motivi di censura proposti, deve essere respinto il primo dei
ricorsi indicati in epigrafe (n. 819/98), avendo il Comune legittimamente preso atto dell'intervenuta
scadenza naturale del contratto di gestione del servizio di distribuzione del gas, senza alcun diritto da
parte della ………a ritenere automaticamente prorogata la concessione sino alla data del 31.12.2003.
Chiarito, quindi, che non deve essere corrisposta nel caso in esame l'indennità per riscatto anticipato,
bensì la diversa indennità prevista dalla convenzione all'art.2, si osserva come non sussista alcun diritto
da parte della società istante a trattenere gli impianti. 
Come sopra precisato, infatti, allo scadere naturale della convenzione gli impianti debbono passare in
proprietà del Comune, “...senza corresponsione alcuna a titolo di indennizzo o di riscatto..", fatta
eccezione per "...le costruzioni in rete od attrezzature eseguite nell'ultimo decennio", in questo caso
dopo il 1.5.1983, al solo fine di reintegrare il concessionario delle maggiori somme impegnate negli
ultimi anni di gestione. 
Considerata, peraltro, la natura di beni indisponibili degli impianti, aventi destinazione obbligata, i
quali, in base alla convenzione, debbono essere acquisiti dal Comune alla scadenza della stessa, appaiono
prive di fondamento le doglianze formulate con il terzo ricorso (n.216/99), avverso i provvedimenti
assunti dal Comune, nei confronti della ricorrente (note del 9.1.99 e 22.1.99), per il recupero coattivo
degli stessi. 
Non trovando applicazione le norme relative al riscatto anticipato della concessione, allo stesso modo non
possono trovare applicazione le disposizioni che prevedono, sempre con riferimento specifico all'ipotesi
di riscatto anticipato, il diritto della concessionaria di trattenere l'intero impianto sino al totale
pagamento dell'indennità relativa. 
Pertanto, sotto quest'ultimo profilo, il terzo dei ricorsi indicati in epigrafe deve essere respinto. 
Lo stesso gravame deve essere dichiarato, altresì, improcedibile con riguardo alla richiesta di
annullamento della deliberazione assunta dalla Giunta Municipale in data 16.1.1999, n.1/99, atteso che la
suddetta delibera è stata, di fatto, superata, nelle more del giudizio, dalla successiva deliberazione
assunta dal Consiglio comunale in data 15.3.1999, n.16/99, avente identico contenuto. 
Con tale ultima deliberazione, infatti, il Consiglio Comunale, confermando quanto originariamente deciso
dalla Giunta con D.G.M. n.1/99, ha ritenuto di provvedere all'assunzione diretta del servizio da parte del
Comune, con l'apporto tecnico amministrativo della………, nelle more della definizione del
giudizio instaurato dalla ………..avverso la deliberazione n.55/98, che, come già anticipato, affidava
alla società controinteressata, ai sensi della lett. e) dell'art.22 L.142/90, il servizio di distribuzione del
gas metano. 
Passando, quindi, all'esame del ricorso proposto dalla ………(n.15/99), avverso la deliberazione di
affidamento del servizio alla ……….S.p.A., D.C.C. n.55/98, il Collegio, conformemente
all'orientamento già espresso in materia (cfr. sent. n. 746/98) lo ritiene fondato e meritevole di
accoglimento. 
Come anticipato nell'esposizione in fatto, l'odierna ricorrente chiede l'annullamento della deliberazione
con la quale il Comune di …….ha ritenuto di affidare il servizio di distribuzione del gas metano,
in precedenza gestito dalla……, alla ………S.p.A., società a prevalente capitale pubblico,
costituita, come si ricava dalla delibera consiliare, ai sensi dell'art. 22, 3° comma lett.e) della L. 142/90.
La …….S.p.A. (che ha come soci, oltre al Comune di………., altri Comuni della Provincia
di C……, nonché la Provincia stessa) avendo, in forza del proprio statuto, come scopo lo studio, la
progettazione, la costruzione e la gestione di servizi a rete, avrebbe potuto provvedere anche alla
progettazione ed alla gestione della distribuzione del gas nei Comuni aderenti: in tal modo, sarebbe stato
possibile gestire la distribuzione del gas senza addivenire alla concessione del servizio, comportando il
modello societario de quo l'affidamento diretto e privilegiato dello stesso ad una S.p.A appositamente
costituita. 
Sulla base di tale considerazione, il Comune resistente ha ritenuto non operante, nel caso, il modello di
cui alla lett. b) del 3° comma del citato art.22 L. 142/90, bensì quello della successiva lett. e) dello
stesso articolo, dando così luogo all'affidamento diretto del servizio gas alla società………,
senza necessità di ricorrere a provvedimenti concessori. 
La difesa istante ritiene che tale decisione sia illegittima, in quanto, il Comune, affidando il servizio gas
Alla…….., società cui ha deciso di aderire, avrebbe, in realtà dato vita ad una vera e propria
concessione, secondo il modello dell'art.22, 3° comma lett. b), senza, tuttavia, seguire la procedura
prevista per tale ipotesi, che impone la gara pubblica fra più aspiranti per addivenire alla scelta del
concessionario. 
La fattispecie di cui alla lett. e) dell'art.22, infatti, presuppone la costituzione di una società allo scopo
della gestione del servizio, cui affidarlo direttamente, senza concordare alcunchè, risultando
l'affidamento la conseguenza naturale della costituzione della società. 
Essendo la………., in realtà, un libero soggetto economico, operante sul mercato al pari di altri
operatori del settore, diversamente, avrebbe dovuto confrontarsi con le altre imprese per acquisire la
gestione del servizio, in applicazione della previsione di cui all'art. 267 del R.D. 1175/1931, che impone
la gara pubblica per la scelta del concessionario. 
Inoltre, la configurazione societaria della…………, i cui associati sono esclusivamente soggetti
pubblici, sarebbe in ulteriore contrasto con la norma di legge richiamata, per la quale la società cd.
"mista" deve essere partecipata da soggetti pubblici e privati. 
In tal modo, la società consente, attraverso lo strumento della partecipazione societaria, l'esercizio da
parte di soggetti pubblici di attività di diritto privato. 
Come anticipato poc'anzi le doglianze espresse in ordine alla violazione delle norme richiamate appaiono
fondate. 
Come è noto, il legislatore del 1990 ha posto una più organica e completa disciplina (art. 22 L. 8.6.1990
n.142, come modificato, ora, con l'art.17, comma 58 della L. 15.5.1997 n.127) della gestione dei pubblici
servizi da parte degli Enti locali, indicando modelli alternativi, tra cui, al terzo comma, lett. e) dello
stesso articolo, la società per azioni o a responsabilità limitata, a prevalente capitale pubblico, qualora
sia opportuno, in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio, la partecipazione di più
soggetti pubblici o privati. 
In questo modo, nell'ambito della progressiva privatizzazione dei servizi pubblici, si è cercato di
apprestare anche per gli Enti locali i mezzi giuridici più idonei per addivenire, attraverso strumenti
gestionali più agili, a risultati ottimali nello svolgimento dei servizi pubblici. 
Tuttavia, i modelli sopraindicati non possono essere assimilati alle società di diritto privato, con la
possibilità di comportarsi liberamente come soggetti privati, senza vincoli. 
In realtà il legislatore, pur consentendo la scelta di modelli gestionali privatistici, quali sono la società
per azioni ed - ora - anche la società a responsabilità limitata, non ha introdotto una completa
assimilazione della società mista, prevista e regolata dall'art. 22, 3° comma, lett. e) della L.142/90, così
come modificata dalla L. 127/97, costituita o partecipata da Enti locali, a quella di tipo privatistico,
secondo il modello prescelto. 
Infatti, la disposizione richiamata àncora la cd. società mista alla necessaria partecipazione, oltre che
dell'Ente titolare del pubblico servizio da espletare, di altri soggetti pubblici o privati. 
Tutto questo non comporta, per quanto qui interessa, che la società mista possa liberamente agire in
ogni dove, come un libero soggetto economico, restando, al contrario, vincolata al territorio degli Enti
che la compongono, oltre che ai fini per i quali è sorta, e potrà valicare il territorio di competenza, solo
se serve agli interessi degli Enti che vi partecipano (C.d.S, V, 243, 10.3.1997). 
La società mista non potrà svincolarsi da tali presupposti costitutivi, senza per ciò stesso divenire altra
cosa, certamente non rientrante nel modello indicato dal legislatore. 
Orbene, la…………, costituita come società mista tra Comuni della Provincia di C……… con la
partecipazione della stessa Provincia, non rientra nel modello individuato dal legislatore. 
La tipologia dei servizi che, in base al proprio statuto, la società può gestire, la rendono assimilabile ad
un qualsiasi soggetto economico privato, che liberamente ed in regime di concorrenzialità può
confrontarsi con altre imprese del settore. 
La possibilità di operare non solo nell'ambito territoriale dei singoli Comuni partecipanti, ma anche
nell’ambito della Provincia di C…………., può comportare che la società si trovi ad operare al di fuori dei
propri ambiti territoriali, alla stregua di un comune operatore economico. 
Se così è, allora, si è ben lontani dallo schema introdotto dal legislatore con l'art. 22 della L. 142/90, e
cioè ben lontani dal modello di società mista che opera nell'interesse e nei confini degli Enti partecipanti,
dove lo strumento societario prescelto conferisce solo maggiore agilità alla società mista, senza finire
per operare alla stregua dei liberi operatori economici, snaturando lo scopo per il quale è sorta (così
T.A.R. Lombardia – Brescia n. 746 del 21.8.1998; nonché n.918 del 20.9.1996; n.962 del 1.10.1996 e n.
269 del 4.3.1997). 
Di conseguenza, stando così la situazione, l'affidamento del servizio non poteva che avvenire mediante lo
strumento della concessione (art. 22, 3° comma lett. b) e nel rispetto dei principi di concorrenza,
conformemente al disposto dell'art. 267 del R.D. n.1175/1931, dei principi del libero mercato e della par
condicio. 
Come già sottolineato dalla Sezione in fattispecie similare (cfr. sent. n.962 del1.10.1996), a nulla rileva
il fatto che il Comune affidante divenga socio della società c.d. mista, atteso che mere partecipazioni
dell'Ente non specificamente finalizzate all'attività della società, si risolvono, in sostanza, in un normale
investimento finanziario. 
Si osserva, altresì, che nella specie il rapporto tra Ente e società non risulta disciplinato dal contratto di
società, cioè da un atto di adesione al contratto societario, ma da una successiva convenzione,
strumento giuridico quest'ultimo ammissibile nei limiti della disciplina dei reciproci rapporti tra società
mista e Comune, ma non oltre. 
Si può, pertanto, concludere osservando come la società controinteressata sia una normale impresa
creata dagli Enti partecipanti in funzione della loro capacità di diritto privato. Ma se così è, non poteva
essere disatteso il ricorso alla procedura concorsuale per l'individuazione del nuovo concessionario del
servizio. 
Pertanto, attese le considerazioni che precedono, assorbite le censure non espressamente esaminate, il
ricorso va accolto, con il conseguente annullamento della deliberazione di affidamento impugnata e degli
atti alla stessa connessi. 
Del pari deve ritenersi annullata anche la deliberazione assunta nelle more del giudizio dal Consiglio
Comunale per la gestione temporanea del servizio, da parte del Comune stesso, in forma diretta, ma con
il supporto tecnico amministrativo della ………….(D.C.C. n. 16/99). 
Ciò in quanto la suddetta deliberazione, già ritenuta elusiva dell'ordinanza cautelare n.27/99 emessa dal
Tribunale, pur essendo stata assunta espressamente a titolo provvisorio nelle more della definizione del
giudizio in corso, appare riproporre, attraverso un comodo escamotage, la deliberazione di affidamento
del servizio alla………….., affidamento che, come si è ampiamente trattato in precedenza, risulta
illegittimo. 
Da ultimo, deve essere valutata la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla società ricorrente, ai
sensi dell'art. 35, 1° comma del D.lgs. 80/1998. 
La norma introdotta dall'art. 35, 1° comma del D.lgs. 80/1998, come noto, ha ampliato la sfera di
applicazione dell'art. 2043 c.c., consentendo la riparazione di danno ingiusto (responsabilità aquiliana)
anche nelle ipotesi in cui si sia verificata la lesione di un interesse legittimo, al pari di quanto già
possibile in presenza di un diritto soggettivo. 
Nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, come nel caso di specie, è
quindi possibile valutare se vi sia stata una compromissione di una posizione giuridica riconducibile alla
figura dell'interesse legittimo, suscettibile, per l'ingiustizia del danno subìto, di essere risarcita. 
Come noto, la materia è stata oggetto di ampi dibattiti in sede giurisdizionale e dottrinale, in ordine ai
quali merita peculiare attenzione la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione civile n.500 del 22
luglio 1999, con la quale la Corte ha avuto modo di puntualizzare i casi in cui il danno ingiusto patito per
la lesione di un interesse legittimo è suscettibile di risarcimento. 
A tale proposito, la Corte ha individuato l'interesse legittimo, così come inteso comunemente, nella
"..posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita oggetto di un
provvedimento amministrativo e consistente nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire
sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell'interesse al bene". 
In tal modo l'interesse legittimo si qualifica nel momento in cui si concretizza l'interesse del privato ad
ottenere o a conservare un bene della vita nel confronto con il potere amministrativo, ".. con il potere
della P.A. di soddisfare tale interesse (con provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dell'istante) o di
sacrificarlo (con provvedimenti ablatori)". 
Si viene, così, a delineare la distinzione tra interessi "oppositivi" ed interessi "pretensivi", secondo che
la protezione sia conferita al fine di evitare un provvedimento sfavorevole ovvero per ottenere un
provvedimento favorevole: “.. i primi soddisfano istanze di conservazione della sfera giuridica personale
e patrimoniale del soggetto; i secondi istanze di sviluppo della sfera giuridica personale e patrimoniale
del soggetto". 
Orbene, proprio sulla base di tale distinzione, si sono chiariti gli esatti termini entro i quali è possibile
risarcire il danno ingiusto derivante dalla lesione di un interesse legittimo. 
Esclusa, infatti, la generale risarcibilità degli interessi legittimi, è stato ritenuto possibile il risarcimento
soltanto nelle ipotesi in cui l'attività illegittima della P.A. "abbia determinato la lesione dell'interesse al
bene della vita al quale l'interesse legittimo.... effettivamente si collega e che risulta meritevole di
protezione alla stregua dell’ordinamento. In altri termini, la lesione dell'interesse legittimo è condizione
necessaria , ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art.2043 c.c., poiché occorre
altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima (e colpevole) della P.A., l'interesse al bene della
vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse sia meritevole di tutela alla luce
dell'ordinamento positivo" (C. Cass. SS.UU. cit.). 
Di conseguenza, nel caso degli interessi oppositivi, il danno ingiusto si ricollegherà alla compromissione
dell'interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio conseguente all'illegittimo
esercizio del potere. 
Nel caso di interessi pretensivi, è necessario valutare preliminarmente la consistenza della protezione
che l'ordinamento riserva alle istanze di ampliamento della sfera giuridica del pretendente. 
Secondo la Corte è necessaria una valutazione che "..implica un giudizio prognostico, da condurre in
riferimento alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno dell'istanza, onde stabilire se il
pretendente fosse titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, bensi di una
situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva, e cioè
una situazione che, secondo la disciplina applicabile, era destinata, secondo un criterio di normalità, ad
un esito favorevole, e risultava quindi giuridicamente protetta". 
Il ragionamento seguito dalla Corte porta a concludere che, ai fini della tutela risarcitoria, non è
sufficiente che la situazione del titolare dell'interesse legittimo si configuri come la perdita di una
chance, intesa come possibilità di conseguire un risultato favorevole, trattandosi di un mero interesse di
fatto, come tale non meritevole di tutela risarcitoria. 
Alla luce dei suesposti principi, la pretesa avanzata dalla società ricorrente non può trovare
accoglimento. 
Ciò in quanto, nella fattispecie, la società……………., cessata la convenzione con il Comune per la
gestione del servizio di distribuzione gas per scadenza naturale, escluso che la suddetta gestione si
dovesse intendere automaticamente prorogata sino al 2003 (si richiamano in proposito le conclusioni
relative al primo dei ricorsi esaminati); a fronte della deliberazione con la quale, illegittimamente,
l'Amministrazione comunale ha affidato il servizio alla…………., ai sensi della lett.e) dell'art.22, 3°
comma L.142/90, anziché ai sensi della lett.b) dello stesso articolo, omettendo l'avvio della procedura
concorsuale per la scelta del nuovo concessionario, risulta titolare di un mero interesse di fatto,
riconducibile alla possibilità, laddove fosse stata tenuta regolarmente la pubblica gara per l'affidamento
del servizio, di partecipare alla stessa ed eventualmente ottenere di nuovo, in caso di vittoria,
l'affidamento del servizio in concessione. 
Escluso, pertanto, che la ricorrente sia titolare di una posizione soggettiva riconducibile alla qualità di
gestore del servizio di distribuzione gas, essendo cessato definitivamente il rapporto pregresso, ed
essendo, in realtà, titolare soltanto di un interesse al regolare avvio di una gara pubblica fra operatori
del settore, che selezioni il nuovo affidatario del servizio, secondo il modello di cui alla lett. b) del 3°
comma dell'art. 22 L. 142/90, non è possibile riconoscere alla……………, con riguardo alla dichiarata
illegittimità della deliberazione impugnata, la tutela risarcitoria invocata. 
In conclusione, riuniti i ricorsi indicati in epigrafe, richiamate le considerazioni sopra esposte, il Collegio
respinge il primo dei ricorsi proposti, n. 819/98, in quanto infondato; in parte respinge ed in parte
dichiara improcedibile il terzo ricorso indicato in epigrafe, n.216/99; accoglie, infine, il ricorso n. 15/99,
disponendo, per l'effetto, l'annullamento degli atti impugnati. 
Quanto alle spese di giudizio, il Collegio ritiene possano essere compensate fra le parti costituite con
riferimento ai ricorsi n. 819/98 e 216/99, mentre, con riferimento al ricorso n. 15/99, dispone che siano
poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata in dispositivo. 
Respinge, infine, la richiesta di risarcimento danni avanzata in occasione del ricorso n. 15/99. 
                                    P.Q.M. 
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - definitivamente
pronunciando, riuniti i ricorsi indicati in epigrafe, respinge il ricorso n. 819/98; in parte respinge ed in
parte dichiara improcedibile il ricorso n. 261,99; accoglie il ricorso n. 15/99 e, per l'effetto, dispone
l'annullamento degli atti impugnati. 
Compensa le spese relativamente ai ricorsi nn. 819/98 e 261/99. 
Condanna, relativamente ai ricorso n. 15/99, il Comune di ………….al pagamento delle spese di
giudizio a favore della ricorrente, liquidandole in complessive £.5.000.000. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. 
Così deciso, in Brescia, il 26 novembre 1999 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in
Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: 
Armando INGRASSIA                                                                              - Presidente 
Renato RiGHI                                                                                       - Consigliere 
Alessandra FARINA                                                                                    - Primo Ref. Rel. est.
 

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