Giurisprudenza - Servizi pubblici

Consiglio di Stato, sez. V, 18 ottobre 2001, n. 5515, sull’attività extraterritoriale delle aziende speciali

  REPUBBLICA ITALIANA   
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    
Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione        
ha pronunciato la seguente         
DECISIONE

sui ricorsi in appello riuniti nn.: 
- (9359/00) proposto dalla Azienda Speciale Servizi Pubblici di Cesano Maderno, in persona del  legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Musenga, e presso lo studio dello stesso  elettivamente domiciliata in Roma, v.le America  n.11,
contro
la   Acqua potabile Bovisio  s.r.l.,  in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Spadea e Manfredi Bettoni, ed elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, v. Barberini n.29, 
e nei confronti
del  Comune di Bovisio Masciago, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ercole Romano e Ugo Ferrari, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, v. P.A. Micheli n.78,
e del Comune di Cesano Maderno, in persona del Sindaco p.t., non costituito in questo giudizio;
*   *   *
- ( ric. n. 10529/00)  proposto dal Comune di Bovisio Masciago, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ercole Romano e Ugo Ferrari, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, v. P.A. Micheli n.78,
contro
la   Acqua potabile Bovisio  s.r.l.,  in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Spadea e Manfredi Bettoni, ed elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, v. Barberini n.29, 
e nei confronti di: 
Comune di Cesano Maderno, in persona del Sindaco p.t., non costituito in questo giudizio;
Azienda Speciale Servizi Pubblici di Cesano Maderno, in persona del  legale rappresentante p.t., non costituita in questo giudizio;
*   *   *
- (ric. n. 10755/00) Comune di Cesano Maderno, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ercole Romano e Ugo Ferrari, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, v. P.A. Micheli n.78,
contro
la   Acqua potabile Bovisio  s.r.l.,  in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in questo giudizio,
l’Azienda Speciale Servizi Pubblici di Cesano Maderno, in persona del  legale rappresentante p.t., non costituita in questo giudizio,
il Comune di Bovisio Masciago, in persona del Sindaco p.t., non costituito in questo giudizio,
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. III,  10 agosto 2000, n. 5229, resa inter partes, con la quale è stato accolto, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso proposto dalla Acqua Potabile Bovisio, relativamente all’affidamento, a seguito di convenzione,  del servizio idrico alla A.S.S.P. di Cesano Maderno.
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società appellata, che ha contestualmente proposto anche appello incidentale avverso la sentenza appellata;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bovisio Masciago nell’appello n. 9359/2000.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Viste le ordinanze nn. 6553, 6554 e 6566, in data 19 dicembre 2000, con cui è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecuzione  della sentenza di primo grado;
Relatore alla pubblica udienza del 26 giugno 2001 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti Clarizia, per delega di Musenga, Spadea, Ferrari.
Visto il dispositivo della presente decisione  n. 383, pubblicato il 5 luglio 2001;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO 
1. La Società Acqua Potabile Bovisio s.r.l. ha gestito per molti anni, in qualità di concessionario, il servizio di distribuzione acqua nel Comune di Bovisio Masciago.
Essendo insorte controversie con l’Amministrazione, è stato infine sottoscritto tra questa e la predetta società un atto di transazione in data 3 giugno 1999, prevedendo, tra l’altro, l’avvio di una procedura di arbitrato volta a verificare la titolarità degli impianti e a stabilirne il valore, nonché la facoltà del Comune di decidere, nei 120 giorni successivi alla formale comunicazione dell’esito dell’arbitrato, se riscattare gli impianti stessi o rinnovare la concessione in favore della società Acqua Potabile Bovisio.
Il Comune ha definitivamente esercitato la facoltà di risolvere il rapporto e di riscattare gli impianti.
2. Con deliberazione n.70, in data 27 dicembre 1999, il Consiglio comunale di Bovisio Masciago ha deciso di stipulare una convenzione con il Comune di Cesano Maderno per affidare all’Azienda Speciale Servizi Pubblici “A.S.S.P.” di quest’ultimo la gestione dei servizi di pubblicità e pubbliche affissioni, cimitero comunale e acqua potabile.
Contro tale determinazione, limitatamente però all’affidamento del servizio idrico, Acqua Potabile Bovisio s.r.l. ha proposto ricorso dinanzi al TAR Lombardia, deducendo vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.
Il Tribunale di prima istanza, ritenendo la scelta contestata illegittima per carenza dei necessari presupposti, in quanto la gestione del servizio idrico in Bovisio Masciago andava affidata secondo un modello organizzativo diverso da quello ex art. 24 legge n.142/90 e art.5 DPR 902/86, ha conseguentemente annullato le deliberazioni relative all’approvazione della convenzione per l’affidamento ad A.S.S.P. della gestione del servizio idrico per conto del Comune di Bovisio Masciago. Ha invece respinto il gravame nella parte relativa all’impugnazione delle deliberazioni di riscatto degli impianti della rete idrica, non incidendo direttamente tali atti sull’affidamento suindicato.
3.  Avverso la pronunzia di primo grado hanno interposto appello sia l’Azienda Speciale Servizi Pubblici di Cesano Maderno, che i Comuni di Bovisio Masciago e di Cesano Maderno, i quali tutti si sono soffermati sull’elemento della contiguità territoriale dei due Comuni interessati, che già da sola realizzerebbe la richiesta integrazione funzionale delle attività svolte sui territori di pertinenza.
4. L’appellata società Acqua Potabile si è costituita in giudizio per resistere agli appelli ed ha anche proposto, con riferimento agli appelli esperiti dai Comuni, appello incidentale avverso la sentenza appellata, in merito all’aspetto pregiudiziale della permanente vigenza dell’art.5 del DPR 902/86, non mancando altresì di riproporre alcune censure dedotte in primo grado e non esaminate dal TAR o dal medesimo disattese.
Si è costituito in giudizio, relativamente all’appello proposto dall’Azienda speciale A.S.S.P. di Cesano Maderno, anche il Comune di Bovisio Masciago, che però, in quanto cointeressato ad ottenere la riforma della pronunzia di prime cure, nel sostenere l’appello dell’Azienda si è limitato a fare richiamo al proprio autonomo  ricorso.
Con ordinanze della Sezione nn. 6553, 6554 e 6566, in data 19 dicembre 2000, è stata sospesa l’efficacia della sentenza di primo grado.
Alla pubblica udienza del 26 giugno 2001  i ricorsi in appello sono stati introitati per la decisione.
DIRITTO
1. Gli appelli principali, che debbono essere riuniti in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza, meritano accoglimento. 
Il TAR Lombardia, nell’accogliere in parte il gravame della società Acqua Potabile Bovisio, che per molti anni ha gestito - in qualità di concessionaria - il servizio di distribuzione acqua nel Comune di Bovisio Masciago, proposto avverso, in parte qua, l’atto deliberativo del predetto Comune circa la stipula di una convenzione con il finitimo Comune di Cesano Maderno, volta all’affidamento, tra l’altro, del servizio idrico all’Azienda speciale A.S.S.P. di quest’ultimo Comune, ha seguito il seguente percorso argomentativo.
Respinte alcune secondarie censure, i primi Giudici hanno espresso avviso concorde sulle recriminazioni della ricorrente originaria, attuale appellata, circa l’insussistenza dei presupposti sostanziali indispensabili, secondo quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di questo Consiglio, per legittimare la scelta del modulo convenzionale, a norma dell’art.24 della l.142/90, ai fini dell’organizzazione e della gestione del servizio in argomento.
Scendendo nel dettaglio, il Tribunale, pur condividendo quanto argomentato dai Comuni e dall’A.S.S.P. circa la possibilità di scegliere, in alternativa all’affidamento della gestione di pubblici servizi attraverso una procedura concorrenziale, il modulo gestionale del coordinamento tra enti locali da attuarsi mediante l’estensione dell’attività di un’azienda speciale al di fuori del territorio di riferimento, ha ritenuto irrimediabilmente confliggente con la regola dell’evidenza pubblica, e quindi censurabile dinanzi al giudice amministrativo, l’utilizzazione del modulo convenzionale, di cui agli artt.24 della  l.142/90 e  5 del DPR 902/86, senza che ne ricorrano i presupposti sostanziali.
I menzionati presupposti andrebbero individuati nel concreto vantaggio che da tale scelta devono ricavare le collettività comunali dell’Ente istitutore e dell’Ente nel cui territorio deve esplicarsi l’attività, nonché nell’effettivo coordinamento tra i servizi degli enti locali interessati.
Il primo presupposto sarebbe correlato alla natura dell’azienda speciale, quale “ente strumentale dell’ente locale”, secondo la definizione fornita dall’art. 23 della l.142/90. Tale natura imporrebbe che l’attività extra moenia dell’azienda speciale arrechi un beneficio concreto alle esigenze della collettività locale per cui è sorta, rispettando dunque quello stretto collegamento funzionale  - enucleato dalla giurisprudenza - tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività di riferimento, che non può ridursi ad un ampliamento del volume di affari e ad un incremento delle entrate. Non diversamente, anche l’ente locale interessato dall’estendersi dell’attività dell’azienda speciale “altrui” dovrebbe poterne ritrarre un beneficio “funzionale”, incidente cioè sul servizio pubblico interessato e frutto di una gestione coordinata, i cui positivi effetti, anche in questo caso, dovrebbero esulare dai meri ritorni di carattere economico.
Orbene, ad avviso del Tribunale di prima istanza i menzionati presupposti mancherebbero nel caso di specie, o quanto meno non emergerebbero dagli atti acquisiti in causa.
2. Risponde a logica prendere le mosse dall’appello incidentale proposto dall’appellata società Acqua Potabile Bovisio, anche se la disamina dovrà necessariamente, e senza soluzione di continuità, estendersi all’esame del merito degli appelli principali.
Quest’ultima società non si è limitata a ribadire le proprie considerazioni circa l’illegittimità, per carenza di “integrazione funzionale” e di congrue motivazioni, delle deliberazioni, con le quali i due Comuni interessati, in virtù dell’art. 5 del DPR 902/86, hanno proceduto ad un convenzionamento volto a consentire all’azienda speciale del Comune di Cesano Maderno di gestire, tra gli altri, anche il servizio idrico  del Comune di Bovisio, ma ha anche impugnato la citata pronunzia del Tribunale lombardo nella parte in cui ha ritenuto tuttora vigente il predetto art.5 del DPR 902/86.
Quest’ultimo aspetto merita esame prioritario, viste le possibili implicazioni sull’impalcatura logica degli appelli e della stessa pronunzia appellata.
Tanto premesso, va subito chiarito che l’art.5 del DPR 902/86, il quale stabilisce la possibilità di estendere, previa intesa, l’attività delle aziende di servizi al territorio di altri enti locali, sulla base di preventivi di impianto e di esercizio formulati dall’azienda stessa, non è stato fatto oggetto di esplicita abrogazione antecedentemente ai fatti di cui in causa. Non a caso tale disposizione non fa parte dell’elenco degli atti normativi espressamente abrogati ai sensi dell’art.64 della l.142/90. Né comunque può incidere sulle convenzioni in essere il sopravvenuto Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al d.lg. 18 agosto 2000, n. 267.
Alla luce della consacrazione del modulo convenzionale avutasi grazie all’art.24 della l.142/90, è dunque ragionevole affermare  che la fattispecie di cui al citato art. 5 poteva costituire una delle possibili modalità attuative dello stesso modello convenzionale.
A tal ultimo proposito il Collegio non ravvisa gli estremi per discostarsi dall’orientamento seguito dalla Sezione, secondo cui il Comune può legittimamente avvalersi dell’azienda speciale di altro Comune per la gestione di un  proprio servizio, a seguito di convenzione stipulata nel contesto della citata normativa, giungendosi ad affermare che, sulla base del combinato disposto dell’art.5 DPR 902/86 e dell’art.24 l.142/90,  può delinearsi un modello procedimentale tipizzato (conclusione di un’intesa disciplinante aspetti predeterminati, deliberazione con maggioranza qualificata dell’estensione dell’attività dell’azienda speciale al territorio dell’altro ente locale) per l’adozione di una formula organizzatoria alternativa alla conclusione di contratti con imprese in concorrenza tra loro; un modello rispetto al quale l’applicazione della disciplina comunitaria in tema di procedure di appalto, posta a tutela del mercato e della concorrenza, può rimanere interdetta (Cons. Stato, V, 23 aprile 1998, nn. 475 e 477).
E’ parimenti condivisibile la precisazione per cui l’azienda speciale del Comune non può partecipare ad una gara (oppure stipulare un contratto a trattativa privata) per l’affidamento della gestione di un servizio pubblico al di fuori del proprio territorio, salva proprio l’ipotesi di cui all'art. 5 D.P.R. 4 ottobre 1986 n. 902 (e quindi la possibilità di stipulare apposite convenzioni), in quanto essa è configurata come strumento attraverso il quale l'Ente locale svolge sì un’attività (pubblica) di carattere industriale ed economico, ma pur sempre nell’ambito dei fini predeterminati dalla legge (Cons. Stato, V, 20 marzo 2000, n. 1520). 
L'estensione dell’attività delle aziende speciali comunali al di fuori del territorio dell’Ente che le ha costituite, oltre a richiedere il rispetto delle regole procedimentali e dei limiti sostanziali posti da norme positive, presuppone, nondimeno, un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale. 
L’azienda speciale di un Comune può anche estendere il proprio servizio in un altro Comune, ma a patto che ciò realizzi un’integrazione funzionale della propria attività con quella del Comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell'Ente che l’ha costituita. Il Comune, pertanto, non può semplicemente “spogliarsi” di un servizio in favore di un’azienda istituita da un Comune viciniore (cfr. Cons. Stato, VI, 25 settembre 2000, n. 5011). 
3. Orbene, i primi Giudici hanno nella sostanza condiviso le richiamate argomentazioni, circa la legittimità del modulo convenzionale al fine dell’esercizio dell’attività extra moenia da parte delle aziende speciali, ma non hanno ritenuto sussistenti i presupposti sostanziali alla base di tale opzione, pur legittima.   
In particolare non hanno riscontrato, nella fattispecie di cui si discute,  i concreti indici rivelatori di quel collegamento funzionale, da intendersi non come mero beneficio economico, tra il servizio eccedente l’ambito territoriale originario e le necessità delle collettività locali coinvolte.
Questa Sezione si è di recente soffermata circa le peculiarità dell’azienda speciale, come ente avvinto da un forte legame di strumentalità con l’ente locale istitutore, con le relative conseguenze   anche sotto il profilo dell’interpretazione del nesso di funzionalità con la collettività di riferimento. Elementi di peculiarità che costituiscono un decisivo ostacolo al pur tentato processo di assimilazione delle società miste locali alle menzionate aziende speciali, anche ai fini dell’individuazione degli stringenti limiti da imporre all’attività extraterritoriale (cfr. amplius Cons. Stato, V, 3 settembre 2001, n.4586).
I suddetti limiti, nel caso delle aziende speciali, in effetti conseguono all’elemento della strumentalità, e sono le stesse norme, come osservato, ad indicare che il nesso eziologico che necessariamente deve sussistere tra le funzioni che è chiamata ad assolvere l'azienda speciale, quale ente strumentale del Comune che l’ha costituita, e la tutela degli interessi di cui sono portatori i cittadini residenti nel Comune stesso, può essere proteso verso l'esterno della stretta dimensione locale solo nei casi e con le modalità particolari normativamente previste dalle speciali disposizioni in tema di convenzioni (ed eventualmente di consorzi),  ai sensi degli artt. 24 e 25 l.142/90 e del più volte menzionato art.5 del DPR 902/86.
Le aziende speciali, al di fuori degli speciali moduli convenzionali e consorziali tra Enti locali previsti dalle norme di legge e regolamentari, non sono dunque legittimate a partecipare, in concorrenza con altri soggetti privati ed alla stregua di una qualsiasi impresa operante sul mercato, alle gare per l'appalto di pubblici servizi da svolgersi presso altri Enti locali.
4. Ma la sussistenza del pregnante collegamento funzionale necessario per il modulo organizzatorio delle aziende speciali è da ritenersi salvaguardata quando l’ineludibile momento coordinativo tra i servizi degli enti locali interessati può trovare conforto nell’elemento fattuale della contiguità territoriale. E questo anche quando le collettività interessate ancora non possono saggiarne i benefici concreti, purché, come nella specie, sia stato effettivamente avviato l’iter che porterà alla razionalizzazione organizzativa del bacino d’utenza per sfociare poi, in definitiva, nella gestione unitaria, da parte dei Comuni confinanti, del servizio pubblico in questione.
In tal senso le censure dedotte da parte degli appellanti principali meritano adesione.
  Né può dirsi che, nella fattispecie, la sussistenza del nesso funzionale sia smentita, in maniera decisiva, dalla mancata connessione effettiva, al momento, delle reti idriche, dovendosi evidenziare che i passaggi che porteranno, mediante moduli convenzionali, alla gestione unitaria del servizio sono ben già definiti, e quindi l’elemento della contiguità fisico-territoriale (nel caso elemento particolarmente pregnante, atteso che, come attestato da atti deliberativi formali, non solo i Comuni sono confinanti ma il loro abitato è strettamente interconnesso, praticamente senza soluzione di continuità) non rimane un elemento del tutto astratto fine a sé stesso e corroborato unicamente da mere dichiarazioni di intenti.
Del resto non può pretendersi che quello che sarà il risultato concreto dell’operazione, dal punto di vista pratico-fattuale,  ovvero il collegamento effettivo delle reti contermini, già sussista al momento, logicamente preliminare, dell’assunzione delle determinazioni organizzativo-gestionali, per il quale è invece sufficiente l’elemento della fisica contiguità delle reti (in tal senso in qualche modo già “connesse”).
Gli appelli principali meritano, quindi, accoglimento.
5. L’appello incidentale proposto dall’appellata va invece respinto, in primis  per i motivi esposti in inizio della parte motiva circa la perdurante vigenza dell’art.5 del DPR 902/86, di poi anche per le ragioni di seguito riportate, relativamente alle censure di primo grado, di cui al ricorso introduttivo e ai motivi aggiunti, respinte dal Tribunale di prima istanza o dal medesimo non trattate.
6. L’appellata ha innanzitutto riproposto la censura con cui lamentava in primo grado la violazione dell’art. 4, comma 2, della l.142/90, in quanto tutte le deliberazioni impugnate risulterebbero essere state assunte in difetto di idonea previsione dei rispettivi statuti comunali circa la scelta organizzativa  con tali atti operata.
La doglianza è  infondata. Come osservato, infatti, anche dai primi Giudici, le previsioni statutarie, con formule particolarmente flessibili circa le modalità organizzativo-gestionali da scegliersi ai fini della gestione di servizi di rilevanza imprenditoriale, non precludono affatto l’utilizzazione dei moduli convenzionali prescelti nel caso di specie.
7. Quanto invece alla lamentata mancata deliberazione dell’accordo da parte dell’Azienda speciale affidataria, è sufficiente osservare che il quadro normativo allora vigente (in particolare l’art.5  DPR 902/86) imponeva la deliberazione dell’estensione del servizio soltanto da parte delle due Amministrazioni comunali interessate.
8. Anche l’ultima censura mossa dall’appellante incidentale, relativamente alla mancata previsione - nell’ambito dello statuto aziendale - del servizio idrico tra quelli esercitabili e della facoltà di estendere i propri servizi a favore di altri enti locali, in disparte la questione della ammissibilità (attesi i profili sindacati), non merita adesione in punto di fatto, bastando all’uopo la pur generica licenza statutaria di “svolgere i servizi (ovviamente anche quello idrico) ad essa affidati al di fuori del territorio comunale”.
L’appello incidentale, in definitiva, non può essere favorevolmente definito.
9. Le spese di lite, relativamente ad entrambi i gradi giudizio, possono essere compensate tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello in epigrafe, una volta riuniti, li accoglie.
 Respinge l’appello incidentale proposto dalla società appellata.
Compensa le spese di lite relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
 Così deciso in Roma, il 26 giugno 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Pasquale de Lise                             Presidente 
Pier Giorgio Trovato                       Consigliere
Aldo Fera                                       Consigliere 
Filoreto D’Agostino                        Consigliere
Gerardo Mastrandrea                       Consigliere est.
 
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