Giurisprudenza - Varia

Consiglio di Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3825, sull’accesso agli atti del procedimento tributario

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E

Sul ricorso N.R.G. 11379/2001 proposto da Carisma s.p.a., in persona del proprio Presidente del consiglio di Amministrazione Rodolfo Marusi Guareschi, rappresentata  e difesa dall’avv. Stefano Salimbene ed elettivamente domiciliata presso li studio dell’avv.Aniello Schettino, in Parma, borgo G. Tommasini n.20;
CONTRO
 Ministero delle Finanze, non costituitosi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia e Romagna- Sezione di Parma- n.896 del 25 ottobre 2001 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita alla pubblica udienza del 5 febbraio 2002 la relazione del consigliere Raffaele Maria De Lipsis; udito, altresì,  l'avvocato Mario Sanino per delega dell'avvocato Schettino Aniello, per l'appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: dell’Agenzia delle Entrate di Reggio Emilia n.16678 del 13 marzo 2001,
F A T T O
Con sentenza n.896 del 25 ottobre 2001, il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia e Romagna- Sezione di Parma- ha respinto il ricorso proposto dalla società Carisma s.p.a., capogruppo operativa di altre società di capitali, avverso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate di Reggio Emilia di diniego di accesso al documento amministrativo costituito dalla lettera inviata in data 22 marzo 2000 dalla Direzione Regionale delle Entrate per l’Emilia Romagna al predetto Ufficio.  
La reiezione era motivata sul rilievo che l’atto impugnato andava qualificato come atto interno ed atto preparatorio di un procedimento di accertamento tributario non concluso e, quindi, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il documento non era ostensibile.
Appellava la citata sentenza la soccombente società, deducendo- con un unico articolato motivo di gravame- la “Violazione e falsa applicazione della legge 241 del 1990: artt. 13,22,24; Illogicità ed erroneità della sentenza n.896/01”. 
In sostanza, l’appellante sosteneva che:
a) anche gli atti interni e c.d. strumentali possono essere oggetto di accesso;
b) nell’ambito del D.M. 29 ottobre 1996, n.603, che regolamenta le categorie di documenti sottratte al diritto di accesso, non si rinviene una disposizione che avrebbe potuto legittimare il rifiuto dell’Amministrazione;
c) l’esclusione dell’accesso, nella fattispecie, non avrebbe ragione di esistere, atteso che il relativo procedimento tributario si era concluso con l’adozione dell’atto impositivo (avviso di accertamento per l’anno di imposta 1995).
DIRITTO
1) L’appello è fondato e va accolto.
Come evidenziato in narrativa, la capogruppo operativa di altre società di capitali, all’esito di una verifica fiscale generale su tutte le società del gruppo, che si assume conclusa con la notifica dei processi verbali di constatazione e conseguenti avvisi di accertamento e rettifica, ha richiesto- al fine di potere esercitare appieno il diritto di difesa “ i documenti amministrativi che hanno portato alle conclusioni esposte nei processi verbali di constatazione e nei conseguenti avvisi di accertamento e rettifica”, ed in particolare, la lettera 16421 del 22/3/2000, inviata dalla Direzione Regionale delle Entrate all’Ufficio finanziario di Reggio Emilia. 
L’Amministrazione ha negato l’accesso, in considerazione del fatto che il documento richiesto non poteva essere messo a disposizione dell’istante, in quanto  “trattasi di atto esclusivamente interno ………, indirizzato all’Ufficio e non ai verificatori, non incidente in alcun modo sulle operazioni di verifica allora in corso, né sulle relative conclusioni; non incidente, infine, sugli accertamenti successivamente notificati”.
Tale complessiva impostazione ad excludendum della visione del documento richiesto è  stata condivisa dai primi giudici, non per la natura di “atto interno”, attribuita dall’Amministrazione al documento de quo (anzi, è stato ribadito che tale categoria di atti, in via ordinaria, non può essere sottratta all’accesso a mente dell’art. 22, 2° comma della l.7 agosto 1990, n.241), quanto per l’assorbente considerazione che, nella specie, l’accesso non poteva essere consentito, trattandosi di atto preparatorio e comunque connesso con un procedimento tributario non ancora conclusosi, e dovendosi ancora notificare a numerose società del gruppo gli avvisi di accertamento in rettifica successivi al 1995 per l’I.V.A. 
Contesta tali conclusioni l’appellante società, sostenendo, invece, che  il procedimento tributario si sarebbe concluso, “come dimostrato dall’avvenuta notifica degli avvisi di accertamento per l’anno di imposta 1995” , avverso i quali, peraltro, le società destinatarie hanno proposto ricorso innanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali e che, quindi, almeno con riferimento al predetto anno , il procedimento amministrativo deve ritenersi esaurito.
Tale tesi merita di essere condivisa.
2) Preliminarmente, giova ribadire l’ormai costante indirizzo di questo Consiglio di Stato in tema di ammissibilità dell’accesso a documenti rappresentativi di mera attività interna dell’Amministrazione, a prescindere dal fatto che essi siano stati o meno concretamente utilizzati ai fini dell’attività con rilevanza esterna (cfr, per tutte, IV Sez. 4 luglio 1996, n.820 e VI Sez.18 gennaio 1999, n.22).
Pertanto, nella specie, una delle motivazioni addotte dall’Amministrazione a sostegno del diniego impugnato in questa sede (“trattasi di atto esclusivamente interno all’agenzia delle Entrate”) non ha pregio, come correttamente riconosciuto dallo stesso TAR.
3) Neppure può seguirsi l’altro motivo posto a base del rifiuto d’accesso e riconosciuto fondato dai primi giudici, cioè, che l’atto in questione sarebbe collegato ad un procedimento tributario non ancora conclusosi, con riferimento all’accertamento tributario nei confronti sia della società ricorrente che di quelle ad essa collegate all’interno del gruppo, e, pertanto, esso non sarebbe ostensibile ai sensi dell’art. 24, 6° comma, ultima parte, della citata legge 241/90.
Al riguardo, pare chiaro che oggetto della richiamata previsione normativa di esclusione dall’accesso siano gli atti preparatori, nel corso di formazione del provvedimento, prima che lo stesso sia emanato; essa, quindi, opera con riguardo a documenti inerenti l’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione “di atti preparatori nel corso della formazione di provvedimenti di cui all’art 13” (art.24, 6° comma), cioè di atti propedeutici alla emanazione del provvedimento terminale, allorché sia ancora in corso il procedimento; con la conseguenza che non può non riconoscersi il diritto di accesso qualora l’Amministrazione abbia concluso il procedimento, con l’emanazione del provvedimento.
In altri termini, posto che il potere di verifica fiscale è istituzionalmente esercitabile in funzione strumentale all’accertamento tributario, la relativa attività- avendo ontologicamente una funzione preparatoria del futuro provvedimento definitivo- di norma non fa sorgere il diritto di accesso ai documenti in relazione alla chiusura delle operazioni di verifica ai sensi degli artt. 22 e ss. della menzionata legge 241/90, atteso che non c’è stato ancora alcun avviso di accertamento e, cioè, non si è concretato alcun atto di imposizione. Però, nel momento in cui- conclusosi il procedimento- si sia adottato l’atto impositivo, potendo quest’ultimo essere, in astratto, immediatamente lesivo di posizioni giuridiche e, quindi, tutelabile, ancor prima che in sede giudiziaria, mediante l’esercizio del diritto di accesso, deve essere consentita la visione dell’atto all’interessato.
4) Facendo corretta applicazione dei su esposti principi al caso di specie, non può revocarsi in dubbio che- almeno per l’anno di imposta 1995- il rifiuto dell’accesso appare illegittimo. 
Invero, considerando che nella fattispecie sono stati sottoposti a verifica gli anni di imposta dal 1995 al 1999 e che tale attività amministrativa appare sicuramente esaurita per il 1995, in quanto al processo verbale di constatazione ha fatto seguito la notifica del conseguente avviso di rettifica e la proposizione del ricorso da parte delle società interessate, è evidente che   il procedimento tributario, limitatamente al predetto anno, deve ritenersi concluso e, di conseguenza, deve ritenersi illegittimo il diniego d’accesso di cui trattasi, che, tra l’altro, finirebbe per ledere il diritto di difesa del ricorrente innanzi alla competente Commissione tributaria.
Relativamente agli altri anni d’imposta sottoposti a verifica, osserva il Collegio che, laddove- al termine delle operazioni di verifica fiscale- sia stato redatto un verbale di constatazione, cui ha fatto seguito il definitivo accertamento tributario (provvedimento terminale impugnabile del procedimento tributario di cui trattasi) non sussiste più quell’impedimento temporaneo all’accesso per le attività strumentali tributarie che il legislatore ha previsto con l’ultimo comma del richiamato art. 24, l.241/90.
Qualora, invece, il procedimento tributario non si sia ancora concluso con l’atto impositivo dell’accertamento adottato dall’Ufficio finanziario, la limitazione oggettiva all’accesso devesi ritenere ancora in vita.
5) Conclusivamente, l’appello va accolto nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere annullato il diniego d’accesso gravato in prime cure.
 L’intimata Amministrazione è tenuta a consentire alla richiedente di prendere visione del documento richiesto laddove il relativo procedimento tributario è pervenuto a conclusione con la notificazione del relativo avviso di accertamento per gli anni di imposta verificati.
Le spese di lite del doppio grado di giudizio seguono la parziale soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio, che liquida forfettariamente in euro 1500,00 (millecinquecento).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 5 febbraio 2002,  con l’intervento dei signori:
Gaetano Trotta   - Presidente
Domenico La Medica                     -Consigliere
Raffaele Maria De Lipsis                -Consigliere est.
Antonino Anastasi                           -Consigliere
Giuseppe Carinci                             -Consigliere
L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO
 
 

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