Giurisprudenza - Varia

T.A.R. per l’Emila – Romagna, Sede di Bologna, sez. II, ordinanaza n. 1 del 4 gennaio 2005, solleva la questione di legittimità costituzionale della mera attribuzione di un voto alle prove scritte dell’esame di Avvocato

 

RE P U B B L I C A    I T A L I A N A

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L'EMILIA-ROMAGNA

SEZIONE SECONDA

composto dai Signori:

Dott. Luigi Papiano                                      Presidente    

Dott. Bruno Lelli                                          Consigliere

Dott. Ugo Di Benedetto                              Consigliere Rel.Est.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso N. 1065/2004 proposto da .......................................rappresentata e difesa dagli Avv. ti Fabio Alberto Roversi Monaco e Antonino Morello domiciliato presso il loro studio , in Bologna, via Saragozza n. 28;

e contro

il Ministero di Grazia e Giustizia e la Commissione Esami di Avvocato per la sessione 2003, istituita presso la Corte d’Appello di Bologna, costituiti in giudizio, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura dello Stato e domiciliata presso i suoi uffici in Bologna, via Guido Reni n. 4;

per l’annullamento

- del verbale redatto nella seduta del 18 maggio 2004 dalla Commissione Esami di Avvocato per la sessione 2003 istituita presso la Corte d’Appello di Bologna nella parte riguardante la busta n. 1451 relativa la candidata .................................con cui è stata decisa, per insufficienza nella valutazione della prova scritta con riferimento all’atto giudiziario in materia di diritto privato, la non l’ammissione alla prova orale;

- per quanto occorrere possa, del verbale redatto nella seduta del 21 gennaio 2004 dalla Commissione Esami di Avvocato per la sessione 2003 istituita presso la Corte d’Appello di Bologna, conosciuto dalla ricorrente a seguito di accesso di dati in data 7 luglio 2004, nella parte in cui specifica che “la Commissione a maggioranza decide di non apporre alcun segno di correzione e di non evidenziare in alcun modo eventuali errori”;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi all’udienza del 9/12/2004 gli Avv. ti presenti come risulta dal verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente ha partecipato all’esame di abilitazione per esercizio della professione legale nella sessione 2003 presso la Corte d’Appello di Bologna.

In data 16, 17 e 18 dicembre 2003 ha sostenuto le prove scritte.

Le votazioni attribuite alla ricorrente sono state le seguenti: 30 con riferimento al parere in materia civile; 30 con riferimento al parere in materia penale; 25 con riferimento all’atto giudiziario in materia civile.

Non avendo raggiunto il punteggio complessivo di 90 non è stata ammessa alla prova orale.

Ha, quindi, presentato ricorso al Tar, impugnando gli atti in epigrafe indicati deducendone l’illegittimità.

In particolare ha contestato la mancanza di motivazione del voto insufficiente attribuito dalla commissione all’atto giudiziario redatto in materia civile ritenendo che ciò ha reso impossibile percepire l’iter logico seguito dalla commissione nell’attribuzione del punteggio negativo di 25.

Ha, altresì, rilevato che, stante la genericità dei criteri di valutazione predeterminati dalla Commissione, la mera attribuzione di un voto non renderebbe possibile risalire al modo in cui detti criteri siano stati applicati nel caso concreto.

In effetti, nella specie dal verbale della commissione giudicatrice, risulta che “La Commissione a maggioranza, decide di non apporre sugli elaborati alcun segno di correzione e di non evidenziare in alcun modo eventuali errori.

Per quanto concerne il giudizio sulle prove, la Commissione concorda altresì nel ritenere che lo stesso sia espresso compiutamente attraverso l’attribuzione di un punteggio numerico e la graduazione di questo tra il minimo ed il massimo previsto..”.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha concluso per il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. 985 del 30 luglio 2004 e all’udienza del 25/11/2004 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. La normativa di riferimento, per quanto concerne la valutazione delle prove dell’esame di abilitazione alla professione di Avvocato, consente alla commissione giudicatrice di attribuire un mero punteggio per ciascuna prova scritta.

Infatti, l’articolo 23, quinto comma, del R. D. 22 gennaio 1934, n. 37, come novellato dal D. L. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, dispone che “la commissione assegna il punteggio a ciascuno dei tre lavori raggruppati ai sensi dell’articolo 22, comma 4, dopo la lettura di tutti e tre, secondo le norme stabilite dall’articolo 17 bis”.

L’articolo 24, primo comma, del R. D. 22 gennaio 1934, n. 37, come novellato dal D. L. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, dispone che “il voto deliberato deve essere annotato immediatamente dal segretario, in tutte lettere, in calce al lavoro. L’annotazione è sottoscritta dal presidente dal segretario”.

L’articolo 17-bis, secondo comma, del R. D. 22 gennaio 1934, n. 37, come novellato dal D. L. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione dispone che “……alla prova orale sono ammessi candidati che abbiano conseguito, nelle tre prove scritte, un punteggio complessivo di almeno 90 punti e con un punteggio non inferiore a 30 punti per almeno due prove”.

3. Non vi è dubbio che il quadro normativo di riferimento non consente altra interpretazione se non quella che la commissione giudicatrice deve esprimere un semplice voto nel giudicare le prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione avvocato. Tale è la consolidata prassi amministrativa espressa dalle relative circolari 10 luglio 2000, prot. n. 7/29013002/2678/Ue e n. 7/1947/V del 12/7/2001 (quest’ultima richiamata nei verbali della commissione giudicatrice) della direzione generale degli affari civili e delle libere professioni, indirizzata alle commissioni esaminatrici. La stessa interpretazione è consolidata nella giurisprudenza del Consiglio di Stato la quale addirittura decide questa tipologia di controversie attraverso la sentenza succintamente motivata, emanata ai sensi dell’articolo 9 della legge 205 del 2000, ritenendo, pertanto, manifestamente infondata, in applicazione della speciale normativa sopra richiamata, ogni censura diretta a contestare la mancata motivazione della commissione esaminatrice nell’attribuzione di un punteggio (tra le tante Cons. Stato, sez. IV,  n. 6155 del 17 settembre 2004).

4. Il Collegio, ritiene di dover rilevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale della normativa sopraindicata essendo la stessa rilevante ai fini della definizione della specifica controversia sottoposta al suo esame in cui è stata sollevata proprio la censura di illegittimità delle valutazioni della commissione giudicatrice espressa attraverso un mero punteggio di 25 nella prova d’esame consistente nella redazione di un atto giudiziario in materia civile.

5. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale va osservato che, per quanto concerne l’espletamento dell’esame di abilitazione la professione di Avvocato, la recente normativa, ha profondamente innovato proprio per quanto concerne la valutazione delle prove stesse, pur lasciando immutata la disciplina per quanto concerne l’attribuzione di un mero punteggio nella valutazione delle prove. Infatti, il legislatore con la novella introdotta dal D. L. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, si è mostrato particolarmente sensibile alle esigenze di imparzialità e di trasparenza dell’operato delle commissioni giudicatrici. Infatti, un’apposita commissione, istituita presso il Ministero della Giustizia, deve definire criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali dandone comunicazione alle sottocommissioni, ai sensi dell’articolo 22 del R. D. 22 gennaio 1934, n. 37, come novellato dal D. L. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Qualora il numero dei candidati che hanno presentato la domanda di ammissione sia superiore a 300 unità presso ciascuna Corte d’Appello sono nominati ulteriori sottocommissioni. “A ciascuna sottocommissione non può essere assegnato un numero di candidati superiori a 300” (art. 22, coma ottavo) e ciascuna sottocommissione ha, di regola, sei mesi di tempo per la conclusione della procedura, prorogabili per motivi eccezionali e debitamente accertati. La correzione degli elaborati non avviene da parte della commissione istituita presso la Corte d’Appello dove sono svolte le prove scritte ma gli elaborati redatti dai candidati vanno trasmessi a quelle individuate ai sensi dell’articolo 15, comma quarto e quinto, presso la quale dovrà essere effettuata la correzione.

6. In definitiva, il nuovo sistema introdotto è diretto a garantire trasparenza, imparzialità, uniformità di giudizi e particolare accuratezza nella correzione degli elaborati scritti attribuendo un numero “contenuto” di candidati, non superiore a 300, per ciascuna sottocommissione ed un tempo adeguato per le correzioni degli elaborati.

7. Ciò premesso il collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per i profili di seguito evidenziati.

8. Violazione degli articoli 3, 97 e 98 della Costituzione per irrazionalità ed illogicità della suddetta normativa.

La disciplina speciale dell’esame di abilitazione alla professione legale, nel testo risultante dalla recente riforma di cui al D. L. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, sopra richiamata, prevede, all’articolo 22, che la commissione appositamente istituita presso il Ministero della Giustizia definisca i criteri per la valutazione degli elaborati scritti specificando quelli già puntualmente indicati, quali principi generali, direttamente dal comma nono. Quest’ultima normativa prevede che la valutazione tenga conto dei seguenti aspetti: a) chiarezza, logicità e rigore metodologico nell’esposizione; b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici; c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici ed istituti giuridici trattati; d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà; e) relativamente all’atto giudiziario, dimostrazione della padronanza delle tecniche di persuasione. L’importanza, a giudizio del legislatore, della predeterminazione di criteri di valutazione puntuali è accentuata non solo dalla loro previsione normativa ma anche dall’obbligo, da parte dell’apposita commissione istituita presso il Ministero, di definire criteri più specifici. Nonostante tale cura nella predeterminazione dei criteri di valutazione rimane vigente la normativa che inderogabilmente prevede l’attribuzione di un semplice punteggio.

Appare, invece, illogico ed irrazionale e, quindi, in violazione dei principi di cui articoli 3 e 97 della Costituzione, che la commissione giudicatrice non debba giustificare la concreta applicazione dei criteri predeterminati nella valutazione del singolo elaborato e ciò attraverso una motivazione o quanto meno l’indicazione di quali parametri abbia tenuto in particolare conto nella concreta attribuzione del punteggio nelle singole prove, al fine di rendere trasparente l’iter logico seguito nella valutazione effettuata.

9. Violazione dell’articolo 3 della Costituzione per disparità di trattamento rispetto a procedure valutative identiche nei pubblici concorsi. L’articolo 9 del D. P. R. 9 maggio 1994, n. 487, che contiene la disciplina generale di ogni pubblico concorso, prevede che l’assegnazione dei punteggi nelle singole prove sia preceduta dalla predeterminazione di una modalità di valutazione, che va esternata in un’apposita motivazione. Ancora più dettagliatamente, per esempio, l’articolo 9, terzo comma,  del D. P. R. 27 marzo 2001, n. 220, dispone che: “la commissione, alla prima riunione, stabilisce i criteri e le modalità di valutazione, da formulare nei verbali, delle prove concorsuali ai fini della motivazione dei punteggi attribuiti alle singole prove”. Quindi, sussiste un principio generale in materia concorsuale per cui l’attribuzione dei punteggi o la qualificazione in termini di mera “insufficienza” della prova costituisce un “giudizio inidoneo a rendere percepibile l’iter logico seguito dalla Commissione con conseguente violazione del principio di trasparenza cui l’intera attività ammnistrativa deve conformarsi, nonché di quello, pure presidiato sul piano costituzionale, che vuole sempre garantita la possibilità di un sindacato della ragionevolezza, della corenza e della logicità delle stesse valutazioni selettive”(sul punto la giurisprudenza del Consiglio di Stato, per quanto concerne i concorsi pubblici è consolidata, cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, n. 2331 del 30 aprile 2003; Cons. Stato, sez. VI, n. 4409 del 2004; Cons. Stato, sez. VI, n. 558 del 2004).

Nel caso degli esami di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato, invece, la speciale normativa sopra richiamata, esclude la possibilità per la commissione giudicatrice di motivare le proprie scelte richiedendosi esclusivamente l’attribuzione di un punteggio. Vi è, pertanto, disparità di trattamento rispetto alla suddetta normativa concorsuale pur essendo le situazioni del tutto omogenee.. Infatti, sia le commissioni giudicatrici dei pubblici concorsi sia la commissione giudicatrice per l’esame di abilitazione alla professione di Avvocato debbono valutare prove scritte di contenuto sostanzialmente identico. Entrambe le procedure sono fondamentali per il cittadino per consentirgli di accedere al mondo del lavoro, essendo indifferente che ciò avvenga per svolgere un’attività nell’ambito del pubblico impiego od un’attività libero professionale.

Inoltre, sotto questo profilo, va osservato come il rispetto dell’articolo 97 della Costituzione, il quale richiede che la Commissione giudicatrice renda trasparente l’iter logico seguito nella valutazione effettuata, è fondamentale non solo per gli esaminandi ma anche per i cittadini e per l’Ordinamento. Vi è, infatti, un evidente interesse pubblico che siano ammessi all’esercizio della professione soltanto i capaci ed i meritevoli, selezionati attraverso una procedura trasparente, tenuto conto degli importanti compiti che dovranno svolgere non solo in qualità di libero – professionisti ma quali incaricati di un pubblico servizio fondamentale per la collettività ed indispensabile, stante l’obbligatorietà dell’assistenza legale nel processo, per garantire l’effettività della tutela giurisdizionale ai cittadini.

10. Violazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione che assicurano la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi.

La giurisprudenza amministrativa, al fine di assicurare una tutela giurisdizionale in conformità ai canoni costituzionali, si è da tempo consolidata nel senso di ammettere, in sede giudiziaria, un sindacato sulla discrezionalità tecnica esercitata dalla pubblica amministrazione. Va, infatti, distinta la pura discrezionalità amministrativa, che rientra nel merito amministrativo ed è riservata all’amministrazione e, quindi, non sindacabile in sede giurisdizionale, dalla discrezionalità tecnica che rientra nella legittimità dell’azione amministrativa.

La valutazione della discrezionalità tecnica è, pertanto, doverosa per il giudice amministrativo ancorché limitato ad un sindacato di tipo “debole”, che, cioè, non consenta alcun potere sostitutivo del giudice tale da sovrapporre la propria valutazione tecnico opinabile o il proprio modello logico all’operato dell’amministrazione. Nei confronti delle valutazioni, espressione di discrezionalità tecnica, come nel caso di quelle operate dalle commissioni esaminatrici per l’abilitazione all’esame di Avvocato, il giudice deve poter controllare la ragionevolezza, logicità e coerenza dei giudizi espressi (Cons. Stato, sez. VI, n. 2199 dl 2002). Tale sindacato, limitato agli aspetti estrinseci, formali e logici delle valutazioni delle commissioni esaminatrici, può essere effettuato soltanto nel caso in cui la commissione motivi le proprie scelte o renda conoscibile l’iter logico seguito nelle proprie valutazioni dando conto, nel caso concreto della valutazione del singolo elaborato, di quali criteri predeterminati ha dato effettiva applicazione. Ciò appare coerente con i principi dell’ordinamento comunitario, espressi dalla Corte di Giustizia C. E., la quale rileva che le valutazioni tecniche espresse dalle commissioni possono essere sindacate sia al fine di verificare l’osservanza delle norme di procedura, sia per quanto concerne la motivazione delle scelte effettuate (sentenza 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia; 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds; 28 maggio 1998, causa 7/1995, John Deere).

Anche sotto questo profilo la normativa sopra richiamata che obbliga le commissioni giudicatrici ad attribuire un mero punteggio agli elaborati corretti appare incostituzionale.

Infatti, in presenza di un mero voto il giudice amministrativo può soltanto o ritenerlo insindacabile, in violazione dei principi di cui agli articoli 24 e 113 della Costituzione, o sostituire un proprio punteggio a quello attribuito dalla commissione ma anche questa soluzione viola i principi costituzionali di “riserva” dell’Amministrazione.

11. Violazione degli articoli 97 e 98 della Costituzione, i quali richiedono, per esigenze di imparzialità e di trasparenza dell’azione amministrativa, che ogni determinazione dell’Amministrazione sia motivata, come recepito dall’articolo 3 della legge 241 del 1990 per ogni procedimento amministrativo, o quantomeno che sia reso percepibile l’iter logico seguito dalla Commissione e ciò nel rispetto del principio di trasparenza cui l’intera attività ammnistrativa deve conformarsi, nonché di quello, pure presidiato sul piano costituzionale, che vuole sempre garantita la possibilità di un sindacato della ragionevolezza, della corenza e della logicità delle stesse valutazioni selettive. Ciò appare tanto più necessario nella particolare procedura concernente l’esame di abilitazione alla professione di Avvocato tenuto conto che tutta la recente normativa, sopra richiamata, adotta idonee misure organizzative per consentire alle commissioni giudicatrici di operare con serenità e nei termini adeguati, prevedendo che ciascuna sottocommissione non possa vedersi attribuito il compito di valutare un numero superiore a 300 candidati concludendo le proprie operazioni nel semestre.

12. Per quanto sopra considerato vanno rimessi gli atti alla Corte Costituzionale attesa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione Seconda;

Visti gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;

Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 23, quinto comma, 24, primo comma, e17-bis, secondo comma, del  R. D. 22 gennaio 1934, n. 37, come novellato dal D. L. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, per violazione degli articoli 3,24, 97, 98 e113 della Costituzione.

SOSPENDE IL GIUDIZIO;

Ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, disponendo la notifica della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e alle parti in causa e la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;

Manda alla Cancelleria per l’esecuzione.

Così deciso in Bologna, il giorno 25/11/2004.

                                                              Presidente  

                                                              Consigliere Rel.Est.

Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186.

Bologna, li


 

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